«Sono una mamma di Plaza de Mayo. Ma ci sono anche le nonne, che cercano i loro nipotini. I militari ne presero 500, ne abbiamo già ritrovati 100. Molti potrebbero essere in Italia. Diffondete questo messaggio». Vera Vigevani Jarach, nipote di un deportato ai campi di sterminio e madre di una desaparecida, parla di speranza alla folla che s'è raccolta al Memoriale della Shoah e si stringe nella terza campata. Quella che racconta le storie di chi non è tornato dai campi di sterminio. E l'incontro organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio che chiude queste giornate della memoria.
Settant'anni fa dal binario 21 partiva il convoglio diretto ad Auschwitz, sul quale si trovava anche Liliana Segre, che è diventata una testimone chiave della tragedia. Nelle campate sotto la Stazione risuonano i canti del coro del liceo Tito Livio. Il rabbino Alfonso Arbib sottolinea come la Shoah sia <d'espressione della mostruosità dell'essere umano. Questo male esiste, è dentro l'uomo» C'è anche il ministro della Cultura, Massimo Bray, che sí commuove, come tanti ieri, e invita a «ricordare tutti i genocidi del `900», rileggendo passi cruciali di Primo Levi.
E' commozione, fino alle lacrime, anche in mattinata, in Conservatorio, dove un altro testimone straordinario, Sami Modiano, ha incontrato 1.500 studenti, per le giornate organizzate dall'Associazione Figli della Shoah. «Conto su di voi, avete un impegno. Sarete voi a fare sì che i vostri figli non vedano ciò che hanno visto i miei occhi di bambino. Vi lascio questa eredità». Lo dice dopo aver raccontato la sua storia di tredicenne, deportato con la famiglia e l'intera comunità ebraica di Rodi (2.000 persone) a Birkenau nel luglio del '44. Testimone di una tragedia devastante, che ha deciso di raccontare solo otto anni fa, quando durante un viaggio insieme a degli studenti a Birkenau li vide con le lacrime agli occhi.«Per anni un quesito m'aveva tormentato,perché io sono sopravvissuto? Lì ho avuto la risposta». Capì ciò che il padre Giacobbe prima di morire gli aveva detto: «Tieni duro Sami, tu ce la devi fare». Per due ore Modiano ha catalizzato l'attenzione di una platea silenziosa, immobile. Che s'è poi alzata in piedi e avrebbe voluto abbracciarlo. E che l'ha seguito quando ha chiesto un minuto di silenzio per «n milioni di morti». Non dovevano esserci testimoni di quell'orrore. «Caddi nella marcia della morte, quando ci trasferivano da Birkenau ad Auschwitz, mentre i russi avanzavano. I compagni mi appoggiarono su un mucchio di cadaveri. Così, svenuto, sfuggii alle guardie che davano il colpo di grazia a chi cadeva».