«Morire di speranza» è il titolo della veglia ecumenica organizzata domani in memoria di quanti hanno perso la vita nei viaggi verso l'Europa. L'appuntamento, due giorni prima della Giornata Mondiale del Rifugiato, è alle 18,30 presso la chiesa di San Bernardino alle Monache (in via Lanzone 13, fermata Sant'Ambrogio, linea 2 dellaMetropolitana). Nel corso della preghiera, presieduta dal vescovo ausiliare, monsignor Paolo Martinelli, saranno letti i nomi e le storie delle vittime dei viaggi della speranza.
Spiega Giorgio Del Zanna della Comunità di Sant'Egidio: «Affidiamo a Dio la loro memoria. Affinché non vada perduta e perché non accada più. Allo stesso tempo non smettiamo di ricordare che le morti in mare sono dovute all'assenza di vie legali per giungere in Europa. Questo è il problema: non ci sono alternative ai trafficanti e ai barconi per chi ha la casa distrutta dalle bombe in Siria, o per chi sogna un futuro migliore lontano dalla povertà dell'Africa e dalla dittatura».
Sono oltre 30 mila i dispersi del Cimitero Mediterraneo negli ultimi quindici anni, 5.022 nel 2016, l'anno in cui finora ci sono stati più morti. Nel 2017, stando a quanto rilevato dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), nel periodo che va dal 1 gennaio al 1 giugno, sono 1.808 quelli accertati. La maggioranza delle vittime annegate non è mai stata recuperata e, anche quando i corpi vengono ritrovati, il 60% rimane sepolto senza un'identità.
La veglia di domenica avrà carattere ecumenico: parteciperanno padre Sainuel Aregaegn dei copri etiopi, la reverenda Vickie Sims degli anglicani, i padri Tovma Kachatryan della Chiesa apostolica armena e Ambrogio Makar degli ortodossi russi.
Per Sant'Egidio occorre commuoversi sulle singole storie: «È la strada per combattere l'assuefazione - continua Del Zanna - di fronte alla tragedia in corso tra le due sponde nel Mediterraneo: le prossime generazioni la studieranno sui libri di storia e ci chiederanno conto di come l'Europa si è comportata, se costruendo muri o ponti, se assistendo da spettatori anestetizzati o da soccorritori. l'accoglienza ai profughi è una grande occasione per scegliere di essere più umani e non indifferenti».
Stefano Pasta
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