"Sentiamo l'urgenza di comunicare alla nostra città la bellezza di una vita spesa nell'amicizia con i poveri". Così Ulderico Maggi spiega perché la Comunità di Sant'Egidio di Milano propone un ciclo di appuntamenti ("La città di tutti") per avvicinarsi alla Giornata mondiale dei poveri.
Che cosa proponete ai milanesi?
Di essere infermieri nella Chiesa "ospedale da campo" di cui parla il Papa, scoprendo che c'è più gioia nel dare che nel ricevere. Questa proposta vale per tutti anche per chi magari finora non ha avuto occasione di essere amico di un povero.
Perché Sant'Egidio parla di amicizia per descrivere il rapporto con i poveri?
Non è un'invenzione della comunità, ma la proposta del Vangelo, che insegna a vivere un'intimità con i poveri. Prima di morire, Gesù dice "Non vi chiamo più servi ma amici" e in tutta la sua vita pubblica indica i poveri come i primi invitati al banchetto e come l'immagine più vicina alla nostra vita dell'incontro con Dio. Come cristiani dobbiamo tradurre questo insegnamento in pratica quotidiana, guardando ai poveri non come destinatari di un servizio ma come compagni di vita. È il motivo per cui pregheremo insieme a loro, ricordando i defunti anziani, senza dimora e rom. Ciascuno con il proprio nome, come si fa in questi giorni con i familiari. In quest`amicizia i poveri diventano anche dei maestri, in un abbraccio in cui si confonde chi aiuta e chi è aiutato. Insomma, ci si salva insieme.
In che modo?
Perché i poveri ci spingono a rispondere in modo evangelico ai bisogni di tanti, più di quanto non saremmo capaci da soli. Le domande dei poveri possono essere malposte, con l'atteggiamento della vedova importuna del Vangelo: ma il cristiano deve andare oltre i propri fastidi. È per ciascuno una via di conversione, che ci chiede di vincere l'idolatria dell'io, superandola nel servire il prossimo. In questa direzione è illuminante il magistero di Papa Francesco, che insegna a raccogliere le sfide del mondo così come arrivano, anche in modo disordinato e inaspettato.
S.P.
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