Tre ragazzi israeliani sono stati brutalmente uccisi. Un crimine assurdo.Non ci sono parole per condannarlo: tre giovani vite sprecate per creare un ostacolo sulla via del dialogo tra israeliani e palestinesi. La pace è lontana. Quasi impossibile. Appare confinata nel mondo delle illusioni. La realtà è invece un conflitto che non finisce da più di sessant'anni. Avevano fatto tanto sperare le immagini di pace dell'incontro tra il presidente palestinese Abu Mazen e quello israeliano Peres con papa Francesco. Ogni volta che la pace sembra meno lontana e più possibile, tutto è rimesso in discussione. Questa appare come l'ora della vendetta e dell'odio. Lo conferma il ritrovamento del corpo carbonizzato di un altro giovane, questa volta un palestinese di 16 anni. Un altro delitto incredibile. Chi uccide i ragazzi spegne il futuro, afferma che il domani è la morte. L'avvenire è la guerra?
UNA CRISI DIFFICILE. La catena delle vendette è cominciata. Dove ci porterà? Bisogna condannare gli assassini. Ma non ci si può lasciare andare alla vendetta. La crisi di questi giorni non si chiuderà facilmente. Giustizia va fatta. Ma non si può colpevolizzare tutto un popolo. Non si deve cadere nella trappola dei terroristi che vogliono riattivare una spirale di odio senza fine. La verità è che decenni di guerra e di odio hanno abituato alla violenza e alla sfiducia. Questa è la norma. Si fa fatica, da parte di tanti, a pensare che la pace sia possibile. Come gli israeliani possono pensarlo di fronte a crimini così efferati? Dopo la morte del giovane palestinese, anche i palestinesi hanno un altro motivo di sfiducia. Siamo giunti al limite: necessita un'inversione di tendenza. La logica dello scontro sembra oggi un esito inevitabile. Ci vuole il coraggio di uscire dal tunnel: si deve creare un futuro comune e sicuro per i due popoli. Oggi quasi tutto il Medio Oriente è in fiamme. Paradossalmente, proprio da israeliani e palestinesi può iniziare un realistico processo di pace, che comincerà a sottrarlo a un destino oscuro.