«Arrivata a Milano, ho scoperto che qui ci chiamavano nomadi». Corabia è la rom romena di 46 anni che ha accettato di fare da "volto" della nostra campagna sociale. Rivela subito il paradosso linguistico: tra i rom e sinti che vivono in Italia, solo il 2-3% lo è nomade. Lei non lo è.
È cresciuta a Balcesti in Oltenia, come i suoi genitori, gli 11 fratelli e sorelle, i nonni. Quello paterno non l'ha mai conosciuto. Nel 1944, fu deportato in un lager: è una delle vittime (tra 500 mila e un milione) del genocidio nazista di rom e sinti.
Quando Corabia sposò Sebastian, erano contadini. Fino al 2003, quando cercarono fortuna in Italia. Intanto era nato Valeriu, e nel 2005 Fernando. A Milano mancava l'acqua, la corrente elettrica, tutto. D'inverno i calzini appesi ghiacciavano. Corabia chiedeva l'elemosina: «Senti dire cose brutte. Spesso piangevo di nascosto». C'era anche chi aveva una parola buona, e lei le ricorda tutte.
Nel 2008, Valeriu iniziò la scuola. Corabia ricorda il primo giorno: «Era tutto fiero del suo zainetto blu e nero». Due mesi dopo, iniziò la stagione in cui Milano divenne una Sgomberopoli: 500 interventi, dal 2008 al 2011. Per i rom, un assurdo "gioco dell'oca" costato milioni di euro, la famiglia di Corabia cacciata 18 volte. «Quando vedeva un vigile», racconta, «Valeriu si faceva la pipì addosso. Di notte si svegliava urlando, per la paura dei cani della polizia». Oggi, a distanza di anni, Valeriu ha un disturbo dell'apprendimento e delle emozioni. Corabia non si è arresa: quando le ruspe distruggevano tutto, lei salvava lo zainetto della scuola.
Nel 2010, la svolta: «La Comunità di Sant'Egidio», spiega, «ci ha trovato una casa. Era tutto una novità: i fornelli a gas, lo scaldabagno. I bambini volevano farsi la doccia due volte al giorno e guardare la Tv». Una volta Valeriu disse che non voleva più andare a scuola. Il suo compagno Emilio gli aveva detto «sei uno zingaro ladro». Due parole urlate in faccia stavano riuscendo dove avevano fallito le ruspe.
Ora la vita di Corabia è un modello di integrazione: i due figli vanno a calcio e a catechismo con gli amici; il marito lavora in cantiere e lei va a stirare. Da volontaria fa le pulizie in parrocchia e studia italiano. La donna apre una scatola dove conserva i ricordi più importanti: una foto del padre, una gonna della madre, la bandana del matrimonio. E uno zainetto blu e nero.
Stefano Pasta
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