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Syyskuu 10 2012

Monti sceglie Sant`Egidio per parlare di ottimismo

Dal premier a Sarajevo un nuovo messaggio

 
tulostettava versio

L’ennesimo, grande, raduno delle religioni mondiali promosso dalla Comunità di Sant`Egidio si è appena inaugurato dentro uno scalcagnato palazzo dello Sport (simbolico di una città ferita ma vitalissima come Sarajevo) e qui davanti a tremila persone commosse, si stanno abbracciando il rabbino Oded Wiener e Mustafà Ceric, Gran Mufti di Bosnia Erzegovina: proprio in quel momento, da un ingresso laterale arriva (da Cernobbio) Mario Monti, invitato d’onore. Nel momento dell’abbraccio interreligioso il presidente del Consiglio si trattiene in piedi. In attesa di pronunciare, un quarto d’ora piú tardi, il suo intervento davanti ad una platea davvero composita, formata da capi di governo balcanici, leader religiosi di ogni confessione, tantissimi volontari di Sant’Egidio.

L`incipit di Mario Monti è dedicato alla Comunità ed è improntato a toni davvero inusuali per un uomo poco incline alle iperboli: «Voglio rendere omaggio a questo faro nel mondo che rende l’Italia orgogliosa di esserne sede».

Di irrituale non c’è soltanto il caldo elogio per Sant’Egidio. Anche l’esser venuto fin qui, a Sarajevo, fuori dai suoi circuiti tradizionali, rappresenta una sorpresa per un personaggio come Mario Monti, del qual proprio in questi giorni, in tanti tornano a chiedersi cosa farà “da grande”.

Certo, il leader di Sant’Egidio è Andrea Riccardi, che nel governo presieduto da Monti è il ministro della Cooperazione e dell’Integrazione. Ma le parole ed il viaggio di Monti a Sarajevo non si possono spiegare soltanto come una cortesia personale verso un ministro che pure il premier stima. E neppure con un bisogno di ulteriore accreditamento con le gerarchie cattoliche: in 10 mesi Monti si è incontrato col Papa sette volte. Nel mondo della Chiesa la Comunità di Sant`Egidio dà voce e sostegno con una grande rete di volontariato - ai deboli di ogni età e di ogni latitudine, ai poveri, ai popoli in guerra e proprio su questo cotè, quello dell`empatia per gli ultimi, Monti è un po’ "scoperto". Liceo dai Gesuiti, il professore di Varese è sempre stato un cattolico che ha coltivato una fede individuale, diversa, per esempio da quella di “base” di Romano Prodi.

Ed è sicuramente significativo che il tributo di Monti alla Comunità -una delle realtà piú importanti dell'ala conciliarista e progressista della Chiesa - avvenga qualche settimana dopo aver inaugurato il Meeting di CI a Rimini, che nel mondo dei movimenti è agli antipodi rispetto a Sant`Egidio.
Un discorso breve, quello di Monti: pur tenendosi distante da ogni tentazione retorica, in una delle città simbolo della distruzione fratricida ma anche delle capacità di riscossa, il presidente del consiglio ha voluto lanciare un messaggio di fiducia: «Combattere la crisi non è semplice», ma in questa missione servono anche «le formule e le modalità che ci uniscono» e soprattutto - ecco la novità - serve «ottimismo».

Nel lessico montiano la parola ottimismo quasi non esiste e, dunque, soltanto nelle prossime settimane se la sua eventuale intensificazione corrisponderò ad un mutato umore personale del premier o invece ad un messaggio nuovo che Monti intende proporre alla opinione pubblica italiana.

Questa mattina, prima di partire per Roma, il presidente del Consiglio incontrerà le maggiori autorità politiche della Bosnia, un paese che aspirerebbe, un domani, entrare nella Comunità europea ma che è ancora diviso al suo interno, per effetto di ferite che hanno bisogno di tempo per essere rimarginate e che rendono problematico un governo unitario.

 


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