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3 Juin 2013

Giovanni XXIII cinquant'anni dopo

La simpatia del Papa che sapeva unire

 
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La sera del 3 giugno 1963 si spegneva Giovanni XXIII. Sono passati cinquant`anni da quel giorno, ma il «Papa buono» resta nella memoria anche di chi non lo ha mai conosciuto (e sono i più). Ha incarnato una svolta, distanziandosi dal pessimismo che aveva accompagnato tanta parte del cattolicesimo negli ultimi due secoli. Un pessimismo comprensibile, perché la storia sembrava correre lontano dalla Chiesa, costruendo una società in cui Dio è periferico... Questo pessimismo si nutriva di nostalgia per un`età dell`oro del cristianesimo, ormai passata, rispetto a cui si misurava il declino del presente. Ai cupi nostalgici, negli anni Trenta, il filosofo francese Etienne Gilson ricordava come fosse un`illusione pensare «che il cristianesimo, che è una rivoluzione religiosa permanente nel cuore del mondo, sarebbe stata in qualche momento una rivoluzione "riuscita"». Non c`erano età dell`oro da rimpiangere.
Giovanni XXIII visse in un periodo duro. L`Oriente europeo era saldamente sotto i regimi comunisti e le sue Chiese - eccetto quella polacca - agonizzavano. Il colonialismo era alla fine. I Sixties sarebbero stati gli anni delle indipendenze. La Chiesa doveva ricollocarsi in un nuovo scenario. I tradizionalisti, tra cui Lefebvre, raccomandavano di difendere i regimi coloniali, a cui sarebbe stata legata indissolubilmente la sopravvivenza della Chiesa, perché vero argine al comunismo e all`islam. Altrimenti sarebbe stata la fine del cristianesimo. Papa Giovanni, con forza, volle dissentire dai «profeti di sventura», nostalgici di un passato di cui Roncalli (che era storico) ricordava i dolori. E lo fece solennemente all`apertura del Vaticano II. La storia della Chiesa prese un`altra via. Il pessimismo talvolta rappresenta un muro protettivo verso un mondo che non si fa la fatica di incontrare nella sua complessità. Diventa un velo di antipatia. Papa Giovanni guardava uomini e popoli con «simpatia», pur nel tempo della Guerra Fredda. Lo fece in tanti modi manifestando la «misericordia», come tratto decisivo nella vita della Chiesa. Può sembrare accessorio, ma è una scelta essenziale dell`ultimo mezzo secolo di cattolicesimo.
Ma una scelta di così lungo periodo ha pagato? Proprio Paolo VI ne ha fatto una chiave interpretativa del Concilio, di cui parla in questo modo alla conclusione: «Che cosa è avvenuto? Uno scontro, una lotta, un anatema?
Poteva essere, ma non è avvenuto... Una simpatia immensa lo ha tutto pervaso. La scoperta dei bisogni umani». Abraliam Heschel, grande studioso del messaggio dei profeti, parla di «una religione della simpatia» (nel senso di provare pathos per qualcuno).
L`«ingenuità» di papa Giovanni fu criticata come arrendevolezza. Dopo il Concilio, ci sono stati tempi difficili per la Chiesa: lacerazioni interne, crisi, diminuzione dei praticanti, impatto con la secolarizzazione crescente... La primavera conciliare è sembrata un inverno rispetto a passate stagioni. Rudemente il teologo evangelico Karl Barth ricordava che il cristianesimo «sta in affitto in casa d`altri». La crisi è il terreno su cui vive la Chiesa. Ma non è la fine. Con speranza e simpatia Giovanni Paolo II ha affrontato tante crisi. Pur diverso dal suo predecessore, ha guardato con gratitudine a Giovanni XXIII, che aveva creduto, in anni disperati, al futuro del cattolicesimo polacco anche in quel quadro geopolitico impossibile. Simpatia non è ingenua cedevolezza, ma comprensione che c`è qualcosa che unisce, più di quanto divide, per dirla con papa Giovanni.
La cifra della simpatia e della speranza, con alterne declinazioni, restano essenziali per il mezzo secolo trascorso. E lo sono oggi in un`Europa che sta misurando la sua perdita di rilievo, come parte più debole dell`Occidente.
La Chiesa, anche qui, ha scelto di parlare agli uomini con simpatia e di non chiudersi nel pessimismo. Oggi lo fa per bocca di Francesco, primo Papa nella storia che non viene dall`Europa o dal Mediterraneo, ma dall`America Latina. Qualcuno vede in lui un nuovo papa Giovanni. È difficile fare paragoni, ma certo si ricollega a quel sentire che viene dal Concilio, come si vede dal solido rapporto di simpatia con la gente e dal suo sguardo sul futuro. Fin dall`inizio infatti ha detto ai cardinali con chiarezza: «Non cediamo mai al pessimismo, a quell`amarezza che il diavolo ci offre ogni giorno; non cediamo al pessimismo e alla scoraggiamento». Forse si fa ancora fatica a misurare l`impatto di questo messaggio che, più che riempire la cronaca, mette in movimento correnti profonde. Come quelle messe in moto, allora, da papa Giovanni.


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