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26 Août 2015

Il dramma dei profughi

Accogliere non è un gioco e va ringraziato chi lo fa

A Catania ci siamo andati a nostre spese, ma come si fa a parlare di economia quando il prezzo che si paga è la vita di uomini, donne e bambini?

 
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Gabriele B. ha tentato di dare una risposta alla lettera di Vanessa, una Giovane per la pace che ha partecipato, come tanti di noi, a #3 giornisenzafrontiere a Catania, una tre giorni di giochi, dialogo e integrazione promossa dalla Comunità di Sant'Egidio. Nella risposta si fa riferimento in maniera provocatoria a dove i Giovani per la pace avessero preso i soldi per andare a Catania. E' presto detto: Vanessa e tanti altri Giovani per la pace del Veneto hanno scelto di dedicare il denaro risparmiato per il proprio "viaggio di maturità" per andare a Catania a guardare da vicino l'accoglienza ai migranti. E un giovane che decide di spendere il suo denaro per aiutare gli altri va ringraziato e ammirato, non accusato con certi toni.
Accogliere infatti non è un gioco, ma con chi si accoglie si gioca, perché è una via nobile per creare integrazione, così come una via nobile è quella della preghiera coi migranti, che ci ricorda i numeri della tragedia del Mediterraneo e ci restituisce la dimensioni umana della discussione sull'immigrazione. A Catania abbiamo visto migranti che si prendono cura degli italiani più poveri e questo è un modello da riproporre, un modello che non passa da logiche economiche, ma dalla voglia di essere una società integrata.
Chi gioca, invece, è chi si perde in discorsi sull'economia. Come parlare di euro quando il prezzo che viene pagato è la vita umana? Peraltro se dobbiamo parlare di
cifre, ci affidiamo a recenti studi, ad esempio quello della Fondazione Moressa: i costi della gestione dell'accoglienza  sono pari allo 0,1% della spesa pubblica nazionale complessiva, che corrispondono, ripartiti sui 60 milioni di italiani, a circa 15 euro a testa. Si dice spesso di aiutare a casa loro: infatti, i Giovani per la pace sono da anni impegnati in attività di sostegno nei paesi africani ed in  questo momento ci sono gruppi di giovani presenti in Africa ad aiutare i bambini e i malati di Hiv tramite il progetto Dream. Spesso però ci chiediamo: quelli che dicono di "aiutare a casa loro" cosa fanno e cosa farebbero concretamente. E per chi la casa non ce l'ha più, perché distrutta dalla guerra e dalla dittatura? Sarebbe bello che tutti coloro che migrano per sopravvivere fossero messi nelle condizioni di non doverlo fare, ma nel frattempo non possiamo far finta di niente di fronte ad eventi che stanno cambiando la storia. Il mondo sta cambiando, si viaggia, si migra, i popoli si intrecciano. Dobbiamo imparare a vivere un tempo nuovo, non possiamo semplicemente chiudere gli occhi e gridare «Rimandateli a casa!».
Noi siamo concreti e anche qui in Veneto andiamo ad aiutare i profughi, integrandoli coi Giovani per la pace, con l'idea di un destino comune, perché dall'integrazione nascono periferie meno arrabbiate, gente meno divisa, società più unite; ed è questa la visione che il viaggio a Catania ci ha dato.


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