| 22 Janvier 2011 |
Un libro per sconfiggere le maras |
Il progetto: Sant'Egidio punta sull'educazione per recuperare i giovani delle bande |
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Graciela è state a Lungo la "donna del Capo", con cui condivideva vita e attività criminale. Insieme a lui ha compiuto estorsioni, risse, spaccio di droga. L'ordinaria amministrazione delle "maras", le bande giovanili the insanguinano it "Triangolo Norte" del Centro America: Honduras, Guatemala e Salvador. In quest'ultimo it tasso di omicidi è 71 ogni 100mila abitanti, nel 2010 sono state assassinate 4.053 persone. In questo clima di anarchia violenta, le gang diventano strumento di protezione e punto di riferimento dei giovani. Che, per non perdere questo "status", sono costretti a delinquere. Sono tra 60 e 100mila i "mareros", spesso hanno meno di 10 anni. Anche Graciela si e unita al gruppo quando era ancora una bambina. E vi è rimasta fino a quando il suo fidanzato è stato ucciso da una gang rivale. Allora ha capito la crudetà della "banda", in cui l'unico valore e fare soldi. Subito e a qualunque prezzo.
Non sarebbe mai riuscita ad uscire dalla mara se non avesse incontrato i giovani del centro realizzato dalla Comunità di Sant'Egidio a San Salvador. Negli ultimi tre anni, grazie a queste strutture, ben 5mila giovani e giovanissimi sono sfuggiti alla violenza delle bande, unica autorità nelle degradate baraccopoli latinoamericane. Ora - sempre grazie al sostegno della Provincia di Roma - Sant'Egidio ha deciso di ampliare it progetto: strutture di recupero verranno organizzate in 14 citta del Continente.
Non solo, dunque, nel "Triangulo Norte" ma anche ad Haiti, Cuba, Ecuador e Colombia, dove le gang hanno un diverso nome - quello più comune e "pandilla" - ma usano la stessa violenza. Nei centri di Sant'Egidio, i ragazzi ricevono istruzione, attenzione, affetto. Un metod o opposto a quello del governo che, contro le gang, utilizzano la "mano dura". «Diamo al ragazzi una nuova identità, un'identità positiva - ha spiegato Matteo Zuppi di Sant'Egidio - e nuovi modelli, perché conoscano qualcosa di diverso dalla violenza».
Lucia Capuzzi
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