Con il Governo Letta si ripropone una grave questione inevasa dalla precedente legislatura: la cittadinanza ai bambini di origine non italiana nati in Italia. Nell'ultimo scorcio della legislatura, come ministro della Cooperazione e dell'integrazione, mi ero impegnato a verificare le condizioni per una maggioranza parlamentare favorevole alla cittadinanza. Ma non c'erano. Lega e Pdl erano contrari al provvedimento. È stata una scelta grave.
Per me un dolore, perché questa situazione è negativa per i bambini non italiani, che affrontano la loro scolarità da stranieri. Non è nemmeno positiva per l'Italia che ha bisogno degli immigrati, i quali - nell'anno trascorso - sono diminuiti. L'interesse italiano non è un atteggiamento difensivo: l'interesse nazionale coincide con i diritti e le ragioni dell'umanità. Certo, con il Governo Monti, il discorso pubblico sugli stranieri è profondamente cambiato: dai toni critici e aggressivi si è passati a una valutazione condivisa e pacifica del loro apporto al Paese. Questa è stata un'acquisizione molto positiva per l'Italia. In questo senso sono stato molto lieto di avere come successore, nella responsabilità per l'integrazione, Cécile Kyenge, italiana di origine congolese, ministro della Repubblica, per la prima volta, di origine africana. È un segno che la politica considera positivamente l'apporto degli immigrati.
Naturalmente il ministro Kyenge si trova a far i conti con la questione inevasa della cittadinanza ai bambini figli di immigrati. La sua proposta si muove nella linea dello ius soli, quindi riguarda tutti i bambini nati sul territorio italiano. Mi auguro che abbia successo. Per trovare un accordo più largo e per evitare un automatismo discutibile (soprattutto in un Paese di transito come l'Italia), avevo proposto lo ius culturae, cioè l'acquisizione della cittadinanza per i nati in Italia dopo un primo ciclo scolastico. È importante che Cécile Kyenge abbia successo.
La sua presenza al Governo è significativa e simbolica. Ma bisogna che i partiti, che partecipano all'esecutivo accanto a lei, ne traggano le conseguenze politiche. Ci sono poi anche le sorde resistenze della burocrazia, per cui spesso l'immigrazione è vista solo come un problema di sicurezza. Ad esempio, l'emersione dei lavoratori irregolari (134.747 domande presentate entro ottobre 2012) sta incontrando resistenze burocratiche: su circa 80.000 domande esaminate, solo 24.895 sono state accolte, con un evidente criterio restrittivo. Così si preferisce lasciare un buon numero di stranieri (di cui molti lavoratori domestici) in una posizione irregolare. Un vero errore!
La nomina della Kyenge deve segnare una crescita di coscienza dell'amministrazione e della politica. Per questo le faccio i miei auguri. Buona fortuna Cécile!