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31 Marzo 2013

Un Papa che vive oltre tutte le periferie

Bergoglio conosce i dolori degli uomini e delle donne del suo tempo. Invita a superare non solo gli spazi, ma anche la condizione dimenticata dell'animo.

 
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Per la terza volta, in una settimana (dopo il primo Angelus e la Messa di inaugurazione del pontificato), tantissima gente si è radunata con papa Francesco per celebrare la Domenica delle Palme. Perché tanti sono attratti da questa figura? La simpatia da lui suscitata è evidente non solo in Italia, ma in tutto il mondo. La sua elezione è stata accolta con gioia e sorpresa tra i cattolici, ma anche tra quanti guardavano alla Chiesa con interesse ed erano preoccupati di un suo ingrigimento. È stata una bella sorpresa. Non si tratta di un fenomeno passeggero. La "simpatia", nel senso profondo del termine, è il modo con cui papa Bergoglio vive il rapporto con la  gente.

 È il suo modo di essere Papa. Ai penitenzieri di Santa Maria Maggiore ha raccomandato: «Siate misericordiosi!». Non è buonismo, ma la scelta di un linguaggio evangelico, quindi di parole chiare e semplici. E la gente è attratta da questa proposta: mostra di aver bisogno di una Chiesa materna in una società, per tanti aspetti, diventata matrigna. Bergoglio conosce i dolori degli uomini e delle donne del nostro tempo. Li ha sperimentati nelle crisi dure dell'Argentina, quelle economiche, della dittatura, quella degli ultimi anni in cui i poveri crescono. Il Papa è attento alle trasformazioni della vita nel mondo globalizzato.

Parla spesso di "periferia": non si tratta solo di quella delle città (a cui ha dedicato tanta attenzione da vescovo), ma della nuova condizione di tanti: vivere una vita periferica, irrilevante, dimenticata. Essere periferici. Sa come oggi la solitudine sia una realtà molto diffusa. Nel mondo della globalizzazione l'uomo diventa più periferico rispetto a un centro lontano e inarrivabile. In questa condizione il Papa ripropone l'amore di Dio che porta nel cuore della storia, anche quelli che sono o sembrano ai margini. Papa Francesco si è presentato prima di tutto come vescovo di Roma, con grande coerenza con la tradizione. Questo approccio  è moltopiaciuto agli ortodossi. Non è una "provincializzazione" del ministero universale del Papa, proprio da  parte di un cardinale che viene da un altro continente. Da Roma, come vescovo di questa Chiesa, Francesco parla al mondo e, in modo reale, esercita una paternità senza confini. Questo è stato recepito in tanti Paesi del mondo.

Da Roma, il nuovo Papa vuole guidare la sua Chiesa sulle strade dove vivono veramente le donne e gli uomini del nostro tempo: vuole guidarli all'incontro", parola chiave nella sua visione. In un'intervista di qualche tempo fa ha espresso questa sensibilità, che è quella che - mi sembra - muoverà il suo ministero: «Il restare, ilrimanere fedeli, implica un'uscita. Proprio se si rimane nel Signore si esce da sé stessi. Paradossalmente proprio perché si rimane, proprio se si è fedeli, si cambia. Non si rimane fedeli, come i tradizionalisti o i fondamentalisti, alla lettera. La fedeltà è sempre un cambiamento, un fiorire, una crescita».


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