| 11 Fevereiro 2009 |
Il caso Englaro. Una grave ferita |
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LA COMUNITA' di Sant'Egidio ha appreso con dolore la morte di Eluana e ritiene costituisca una grave ferita alla coscienza e alla cultura della vita del Paese. Una morte preceduta da troppo clamore e da un'assenza di pudore sul dolore personale e famigliare. Il clamore non aiuta mai a scegliere la cosa giusta quando il confine tra la vita e la morte è avvolto dal mistero e da tante cose che non conosciamo.
La Comunità di Sant'Egidio da tempo aveva levato la propria voce perché Eluana non fosse condannata a morire da una sentenza di fronte alla quale essa non poteva opporre la sua volontà, né difendersi.
Pur consapevoli e rispettosi dell'immenso e lungo dolore dei parenti di Eluana, dei loro sentimenti e della loro angosciosa ricerca, ribadiamo il nostro Si alla vita, anche quando sembra che di vita ne sia rimasta poca e possa apparire non degna di essere vissuta.
La vita è un dono. Come tale va accettata, vissuta, riempita di senso, attorniata da rispetto e amicizia, considerata inviolabile e mai senza valore.
Sappiamo però quante siano le difficoltà a stare vicini in situazioni dolorose come quelle di Eluana, che sembrano senza speranza. Ci pare che la risposta non debba e non possa essere la morte, la sconfitta, la rassegnazione.
Davanti a questa drammatica vicenda, come a tante altre che segnano il quotidiano del nostro paese, c'è bisogno di dialogo, di sostegno, di aiuto e di solidarietà, in un impegno che deve coinvolgere, oltre ai familiari, i cittadini, i servizi sociali, le istituzioni e la società nel suo complesso.
La morte non può mai essere una conquista di civiltà.
Comunità di Sant'Egidio
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