Da stadio per gladiatori e belve feroci a luogo simbolo della battaglia contro l'omicidio di Stato. Ieri il Colosseo è tornato a illuminarsi per lanciare nel mondo il «no» alla pena di morte. È l'evento centrale della «Giornata internazionale città per la vita città contro la pena di morte»: lanciato dalla Comunità di Sant'Egidio nel 2002 in 80 città, ne coinvolge oggi oltre 2.100, tra cui 70 capitali, in 97 Paesi nei cinque continenti. Come il sito, anche la data scelta è altamente simbolica: il 30 novembre 1786 si ricorda la prima abolizione in Europa nel Granducato di Toscana. La Giornata internazionale Cities for life è un appuntamento mondiale per il movimento animato dalle organizzazioni della società civile e dalle amministrazioni cittadine per l'abolizione e la moratoria universale delle esecuzioni. A Roma l'Anfiteatro Flavio ieri sera ha fatto da sfondo alle testimonianze di ex condannati, parenti delle vittime e attivisti. Il Colosseo ormai viene illuminato ogni volta nel mondo si raggiungano risultati importanti sulla via dell'abolizione.
All'evento mondiale hanno partecipato anche i cattolici della Florida. Le diocesi di Miami, Orlando, Palm Beach, Saint'Augustine,Venice, Pensacola-Tallahassee, Saint Petersburg hanno organizzato momenti pubblici di riflessione e preghiera per «una forma più civile di giustizia». Non è un momento positivo negli Stati Uniti: Donald Trump in campagna elettorale ha promesso «un decreto per rendere obbligatoria la pena di morte a chiunque uccida un poliziotto». Nella stessa tornata elettorale diversi referendum hanno avuto come tema proprio la pena capitale: in California è stata bocciata la proposta di abolizione, in Oklahoma è stata confermata e in Nebraska reintrodotta. Nemmeno l'Europa è del tutto libera dall'omicidio premeditato di Stato. Amnesty Intemational segnala che in Bielorussia due, se non addirittura tre dei quattro prigionieri nei bracci della morte sono stati messi a morte dal 5 novembre. Le esecuzioni avvengono in segreto e senza preavviso, spiega Aisha Jung, responsabile delle campagne di Amnesty sulla Bielorussia.
È l'unico Paese d'Europa e delle ex repubbliche sovietiche a eseguire condanne a morte, di solito con un colpo di pistola alla nuca. I parenti dei condannati non vengono avvisati dell'esecuzione. A volte lo scoprono recandosi alla prigione per la visita o quando ricevono un pacco con gli effetti personali. Le salme vengono sepolte in luoghi segreti. In Bielorussia la pena di morte è segreto di Stato. Le Ong stimano che dal 1991, anno dell'indipendenza, i prigionieri messi a morte siano stati circa 400.
Luca Liverani
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