Sarajevo, la città che ha visto soccombere più di 10 mila uomini e donne, lancia oggi all'Europa un monito: "mai più gli uni contro gli altri". “Stare insieme diventa la profezia e l'indicazione di un mondo di pace". È Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, ad accogliere con queste parole nel centro Skenderjia di Sarajevo i leader religiosi e i rappresentanti politici all'incontro “Religioni e Culture in Dialogo” dal titolo “Vivere insieme e il futuro”. “In più di 25 anni di cammino nello spirito di Assisi -ha detto Riccardi- abbiamo sperimentato come la forza spirituale fondi una pace vera. Una forza debole, che non possiede anni o risorse, ma reale e a suo modo potente. Le religioni cambiano l’uomo dal di dentro, suscitando un atteggiamento pacifico”.
La memoria del dolore. La storia di Sarajevo dimostra come “non e facile vivere insieme se si e diversi". Ma il problema della convivenza -ha detto Riccardi- non e un problema che riguarda solo la storia di Sarajevo o della Bosnia Erzegovina. “È un problema molto generale, universale. In tanti angoli del mondo, la violenza, impadronitasi dei cuori, ha creato tragedie. “Suo malgrado, con tante sofferenze, Sarajevo e divenuta simbolo del nostro tempo”. E se la memoria delle vicende della guerra non trova concordi le diverse comunità della Bosnia Erzegovina, “il dolore e scritto nei cuori di tutti" e “il dolore di tutte le madri e uguale qualunque sia la loro religione e la loro etnia”.
Una lezione per l'Europa. In un messaggio ai partecipanti all'incontro di Sarajevo, il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano ha scritto: “Scegliere di portare una testimonianza di dialogo e di solidarietà in una città così profondamente ferita dalle atrocità della guerra costituisce un monito, particolarmente per i più giovani, a preservare la memoria di quei tragici eventi e un invito a riflettere sulla necessità di un forte impegno comune per la tutela dei diritti inviolabili della persona attraverso la disponibilità al confronto tra diverse culture e al riconoscimento dei valori spirituali di cui ciascuna è portatrice". Anche Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio d'Europa, ha voluto onorare nel suo intervento la memoria di Sarajevo. “Abbiamo bisogno di imparare ad assumere i valori della tolleranza, dell'ascolto, solidarietà e condivisione -ha detto-. Ed ha aggiunto: “Migliaia di abitanti di Sarajevo sono caduti, ma la loro morte non sarà vana. Non bisogna vendicarli ma onorarli con un futuro più armonioso". “L'Unione europea sarà con voi", ha concluso Van Rompuy. “Senza l'Unione europea, non ci sarà mai pace durevole nei Balcani Occidentali così provati dalla storia. Il futuro è l'Unione europea. Non bisogna cercare la pace altrove. La storia ci ha insegnato questa tenibile lezione".
Un segno di speranza. Il presidente della Croazia lvo Josipovic ha raccontato come dalla diversità dei popoli si e generata nel passato recente di questa città una serie “di errori irresponsabili", conflitti e sofferenze umane. “Desidero credere -ha detto- che questo tempo e passato per sempre". Anche il presidente della repubblica del Montenegro, Filip Vujanovic, ha espresso la stessa speranza: il fatto che la città di Sarajevo sia diventata in questi giorni il luogo in cui sono giunti nel nome della pace leader delle religioni del mondo, numerosi capi di Stato e di governo -ha detto- “rappresenta un'espressione di speranza ".
Una visione comune del futuro. “Nella nostra Europa- ha detto il primo ministro italiano Mario Monti- i Balcani sono da sempre luogo della mescolanza tra popoli e culture e religioni". “Qui, più che in altri luoghi di Europa, si gioca la capacita dell'uomo di vivere insieme con il suo simile anche se appare cosi diverso da lui. Per questo i Balcani sono luogo e simbolo della sofferenza, della difficoltà e della necessita dell'incontro”. “l tempi che stiamo vivendo- ha proseguito Monti- sono tempi di crisi e non solo economica e finanziaria. È una crisi più profonda che mina la basi di quell'umanesimo attorno al quale è nata e si è sviluppata la costruzione europea". Monti ha quindi fatto riferimento alla crisi dell'Euro e ha detto: “Il senso profondo dell'azione che si sta compiendo a livello europeo, non è solo quello della ricerca di soluzioni tecniche e politiche ma di recuperare quel comune sentire basato sui grandi valori positivi della tradizione europea solidarietà, tolleranza ricerca del bene comune”. Ed ha concluso: “Combattere la crisi non è semplice, ne sto facendo io stesso esperienza diretta. La questione non e soltanto quella di mettere i bilanci pubblici ma di risvegliare una voglia di crescere, di ottimismo e di fiducia nel futuro. Sono un uomo dell'economia ma posso testimoniare che anche nel campo economico, si sente il bisogno di sconfiggere ogni visione particolaristica e rassegnata, per acquisire una visione comune del futuro”.