Abbasso il grigio!

Gli Amici e le mostre di pittura “Abbasso il grigio!”

Introduzione al catalogo Abbasso il grigio!, Gangemi, 2003

 

Trent’anni di amicizia della Comunità di Sant’Egidio con un numero sempre crescente di disabili mentali hanno sfatato molti luoghi comuni sull’handicap come una condizione di per sé triste o come una inesorabile condanna. Frutto di questa amicizia e testimoni di una nuova coscienza dell’handicap sono Gli Amici, un movimento di oltre mille disabili con i loro familiari, diffuso in varie città d’Italia e d’Europa.


L’ incontro con le persone disabili e tra le persone disabili è vissuto in maniera tutta umana, libera da precomprensioni, e pregiudizi nei confronti di chi è considerato diverso e vive l'esclusione da una vita "normale". In un ambiente amichevole e attraverso rapporti personali profondi è stato possibile superare l’isolamento in cui la vita di molti disabili fisico-mentali è immersa, anzi è emerso un mondo interiore ricco, che si è manifestato attraverso sentimenti, gesti, linguaggi e moduli espressivi non banali, superando il limite delle difficoltà nella comunicazione e nella relazione con gli altri.. A questo proposito, il Manifesto programmatico de Gli Amici esprime bene questa sfida vittoriosa dell'amicizia, quando dichiara che "l'amicizia non mette nessuno da parte e tira fuori il meglio di ognuno" (p. 17).


Insieme Gli Amici hanno rivelato risorse ed energie, prima fra tutte la capacità di aiutare altri più deboli e poveri di loro. Lo spiega bene Anna Maria Colapietro, che ha motivato il suo quadro affermando che “I disabili sono persone che hanno bisogno dell’aiuto degli altri per fare molte cose. Però possono anche aiutare gli altri” (p. 72)..


Questo senso di generosità si è concretizzato in questi anni in molteplici iniziative. Le visite periodiche e l'organizzazione di feste negli istituti per anziani e disabili sono divenute appuntamenti costanti della settimana o dell'anno; la raccolta di firme per l'abolizione della pena di morte nel mondo ha svelato inaspettate capacità comunicative, dando un contributo non secondario al lavoro della Comunità di Sant’Egidio; le adozioni a distanza hanno permesso a giovani disabili del Madagascar di reperire i mezzi per una vita più dignitosa; le raccolte di fondi per le realizzazione del progetto "Dream" di lotta all'AIDS in Africa, oltre che offrire un aiuto reale, sono state l'occasione per approfondire il rapporto con un continente particolarmente segnato dalla sofferenza.


Gli Amici si definiscono nel loro Manifesto (p. 17) “artisti dell’amicizia”, dove i due termini – quello dell’arte e quello del rapporto con gli altri – sono intimamente connessi..La pittura rappresenta studio, divertimento e conoscenza e sollecita interpretazioni, le più diverse, di eventi grandi e piccoli della vita personale e del mondo. Non a caso, gli artisti dell'amicizia scelgono ogni anno di mettere in vendita i loro dipinti per contribuire alla ricostruzione dell’unico ospedale della Guinea Bissau, distrutto più volte dalla guerra civile.


La manifestazione dal titolo “Abbasso il grigio!”, che si svolge a Roma ed in altre città d’Europa, coinvolge ormai nell'esposizione di quadri centinaia di artisti disabili della Comunità di Sant’Egidio e di altre associazioni. Essi hanno espresso nei loro dipinti messaggi e idee su temi specifici di volta in volta proposti, tra cui il Manifesto de Gli Amici (1999), Il Nuovo Millennio (2000), L’Amicizia (2001), La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (2002). Quest’anno, dichiarato Anno Europeo della Persona con Disabilità, gli autori si sono confrontati con il tema “Dipingere l’handicap”.

 

Dal tema al quadro: il percorso dell’elaborazione artistica


Si dipinge insieme: ogni autore è inserito in un gruppo che si riunisce settimanalmente. Il tema della mostra, su cui si lavora per un anno intero, viene proposto, dibattuto e approfondito in diversi incontri ed assemblee, a volte anche tramite la visione di diapositive e filmati. Nel caso della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo o del Manifesto de Gli Amici, sono stati studiati con cura e discussi i testi stessi.


Nel dialogo personale, poi, emergono episodi espressivi del vissuto di ognuno o immagini tratte dal proprio mondo interiore, che richiedono di essere tradotti in forme definite sul foglio o sulla tela.


Ciò che è stato espresso verbalmente durante gli incontri e nel dialogo personale viene trascritto, affinché non si perda nulla del lavoro compiuto in questa fase, che riveste importanza tanto quanto quello dell’esecuzione dell’opera. Si ricercano poi modelli, idee e suggestioni sfogliando con pazienza volumi d’arte o di fotografia.


Infine, si arriva a scegliere il materiale e gli strumenti più adatti: pennelli o rulli dalla grossa impugnatura, chine o tempere, supporti di grandi dimensioni o piccoli fogli da disegno, secondo le possibilità offerte dalla manualità di ciascuno. Spesso è proprio il gesto “compromesso” dall’handicap, a costituire la cifra originale di un autore, a creare, con gli anni e l’esercizio, uno stile proprio, inconfondibile. Anche le caratteristiche di precisione o di vivacità, di lentezza o di massima velocità, di manualità incerta o pesante, si traducono in piccoli segni o in pennellate veloci, in composizioni rigorose o scomposte, in trasparenti acquerelli o in tratti fortemente incisivi, “espressionisti”.


Si decide,talora, di realizzare un’opera collettiva (pp. 40, 88): il gesto di ognuno costruisce e collabora, offrendo il suo contributo a un lavoro che diviene unitario nel condiviso significato. Non si esclude di utilizzare materiali diversi (stoffe, colori, carte da collage) in una mescolanza di mani e di stili.


E’ opportuno soffermarsi sull’importanza di proporre, nella fase d’ideazione dell’opera, un vasto repertorio d’immagini tratte da cataloghi e libri d’arte, che innanzitutto offrano idee e modelli di figure o di scansione dello spazio: si innesta un processo di ricerca che ha inizio dal semplice “vedere” fino all’osservazione, al confronto, all’approccio critico. Il risultato di questa prima fase di lavoro è l’ispirazione a un modello, che può prendere spunto da un solo particolare o da più elementi desunti dalla produzione di vari maestri.


L’osservazione si fa poi più puntuale nel distinguere forme e colori utilizzati dall’artista, collocazione degli oggetti nello spazio, individuazione di ombre e luci. Nell’ “imitare” si esercita un apprendistato utile a ciascuno: tale pratica racchiude in sé – come accennato – molteplici procedimenti cognitivi. Questa processo aiuta ad impadronirsi di un repertorio, di un patrimonio di immagini: è come leggere tanti libri, progredire nel linguaggio, affinare il proprio gusto, acquisire conoscenze.

 

Dal foglio bianco alla tridimensionalità del mondo


Le conoscenze rafforzano la sensibilità sviluppando la capacità di decifrare il proprio mondo interiore e la realtà intorno a sé. Per questo la scelta di riformulare una creazione altrui con alcune variazioni, può nascondere ricerche e riflessioni personali. Il dipinto di Barbara Fruci (p. 58) è tratto da un’opera abbastanza nota di Gustav Klimt, Allegoria della tragedia (1897). Ma è significativo che Barbara, che non usa la parola, abbia compiuto con fermezza la scelta di tale immagine per comunicare la sua idea dell’handicap. Barbara ha insistito nel riaprire quel libro che era confuso in mezzo a molti altri, sempre alla stessa pagina, esprimendo così una scelta, inequivocabile tanto quanto il messaggio che l’immagine stessa, nella situazione appena descritta, recava.


In sintesi, attraverso questo “linguaggio delle immagini”, è emersa la capacità di parlare di sé e del mondo attraverso ciò che è stato detto e dipinto dagli altri, dando vita non ad un duplicato, ma ad un’opera che indica l’originale come simbolo del proprio pensiero e del proprio vissuto. Gli autori dunque giungono a sperimentare direttamente la funzione simbolica dell’arte e a comunicare, attraverso di essa, una propria concezione del mondo.


Allo stesso modo vanno comprese e apprezzate le inattese proporzioni prospettiche di alcune opere. Il disegno ad acquerello di Anna Scardullo (p. 66), che raffigura il pranzo di Natale con i poveri che la Comunità di Sant’Egidio prepara ogni anno nella basilica romana di S.Maria in Trastevere, rappresenta simultaneamente tutti i particolari della grande festa contraddicendo le regole della prospettiva lineare. Questo modo di rappresentare la realtà che potrebbe sembrare un errore grossolano del disegno comprende, in verità, un sistema di raffigurazione che ha permesso all’artista di comunicare quello che ha vissuto con intensità e passione.


L’offerta di strumenti culturali “alti”, la possibilità,cioè, di consultare libri, di conoscere tecniche artistiche diverse, di “appropriarsi” di immagini, ma anche di parlare di tutto senza limiti – dalla pena di morte ai diritti umani, dall’Africa alle guerre nel mondo- unitamente ad una stima ed una fiducia nelle loro capacità, a volte non immediatamente evidenti, hanno reso i disabili non solo artisti a pieno titolo, ma gente “colta”, con una proposta da fare al mondo.


Da queste persone giunge una comprensione nuova della vita che sa cogliere quello che davvero conta, che non ha paura della propria debolezza, anzi non elude la responsabilità di cambiare il mondo perché, come dice Roberto Masci (p.39) “le strade sono storte, quando esco da solo certe volte mi perdo ma alla fine, pure se ci metto di più, riesco sempre ad arrivare al posto giusto”. Al posto giusto ci può portare l’amicizia con questi artisti della vita, capaci di utilizzare il linguaggio della bellezza per colorare un futuro comune.


Hai stampato una pagina del sito www.santegidio.org