Non solo "jihadisti autoctoni". In Libia sarebbero ormai giunti anche veri e propri emissari del Califfato. Fonti locali hanno riferito «dell'arrivo a Sirte di vari combattenti, tra cui alcuni leader del Daesh provenienti dall'Iraq e dalla Siria». I jihadisti, «partiti da Raqqa a bordo di imbarcazioni, sarebbero giunti tre giorni fa sulle coste libiche, eludendo la sorveglianza della guardia costiera». A questi si sarebbero aggiunti anche rinforzi da Mali, Ciad e Nigeria, tra cui una quarantina di esponenti di Boko Haram, organizzazione che, nel marzo scorso, ha giurato fedeltà ad al Baghdadi. Non è la prima volta che si prla di jihadisti stranieri in Libia. Già a settembre il sito di informazione al-Wasat aveva denunciato la creazione di un campo di addestramento del Daesh nella regione di el-Zahira, a 15 chilometri a ovest di Sirte, la cui direzione era stata affidata a combattenti iracheni e sauditi.
In tutto, il Califfato potrebbe contare su circa 5mila combattenti in grado di controllare un'ampia regione dell'oriente libico. Gli uomini del Daesh puntano ad estendere il loro raggio d'azione fino alla mezzaluna petrolifera localizzata tra Sirte e Bengasi. Secondo l'inviato Onu per la Libia, Martin Kobler, i miliziani non sarebbero più di 2 o 3 mila e il Daesh sarebbe in difficoltà nel Paese.
Lo scenario, in ogni caso, preoccupa la comunità mondiale. Ieri, il premier Matteo Renzi ha negato la possibilità di un intervento militare internazionale in Libia, «almeno per il momento». Anche il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha escluso una nuova missione. Gli occhi del mondo restano, però, fissi sul dossier libico. Quest'ultimo è stato anche al centro del vertice ad Algeri dei Paesi confinanti. Sempre Kobler, ha sottolineato che il Daesh è uno dei molti gruppi presenti e ha invitato le parti a «firmare l'accordo per creare subito un nuovo governo di unità». Mentre le tribù del sud del Paese, i tebu e i tuareg, hanno aperto a un accordo della missione Onu per formare un esecutivo di riconciliazione.
Un risultato raggiunto grazie alla mediazione di Sant'Egidio. I due gruppi, provenienti dalla città di Obari, si sono riuniti, nei giorni scorsi, nella sede della Comunità a Roma e, dopo una serrata discussione, hanno firmato un documento congiunto e hanno offerto la loro collaborazione per coinvolgere nell'intesa le popolazioni del sud.
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