Mouvement “Gens de Paix”, Italie
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Sono lieta di prendere parte a questo incontro e di poter intervenire sul tema di che cosa significhi essere credenti in terra straniera.
Mi trovo ormai da oltre 20 anni in Italia e quando sono giunta in Europa avevo poco più di 18 anni. Sono di origine somala oggi pienamente cittadina italiana ed europea, musulmana, e ovviamente anche pienamente africana. Provengo da una famiglia somala credente nell’islam e sono arrivata in Italia da sola per una scelta di libertà. I miei genitori non sapevano che sarei partita. L’inizio del mio percorso in Italia non è stato semplice, nonostante non abbia mai avuto problemi di accoglienza, ho trovato subito un lavoro e ho cominciato a muovermi nella città per cercare una scuola di lingua italiana. Ho trovato l’unica e la più completa che potevo trovare cioè la scuola di lingua e cultura italiana della Comunità di Sant’Egidio e da quel momento è iniziato il mio confronto con l’esistenza di altre religioni. Il mio timore era , comune a quello di tanti musulmani immigrati, quello di essere convertiti solo per il fatto di frequentare persone non musulmane. Spesso,infatti, si pensa tra di noi migranti musulmani che entrare in una chiesa o in qualsiasi altro luogo di culto diverso dalla moschea possa farci commettere un peccato. Questa è la paura di partenza, quella che abbiamo imparato fin da piccoli. La paura del diverso di religione. Ciò che mi ha aiutato, e che condivido con molti altri immigrati è stato il desiderio di libertà e di conoscenza che ci ha spinto ad emigrare e ci ha fatto anche superare la paura. Oggi posso dire con coscienza che ci ha rafforzato nella fede, perché nell’incontro con l’altro diverso da te ci si rafforza e non ci si indebolisce . Per vari anni nel mio confronto con gli altri, ad esempio, nella vita di ogni giorno ho sostenuto di essere vegetariana per evitare il problema di mangiare la carne macellata o trattata in modo non conforme alle regole religiose. La prima volta che i miei amici di Sant’Egidio mi hanno invitato ad una preghiera per la pace che si svolgeva in una chiesa cattolica ho avuto timore, non avevo mai visto una funzione religiosa diversa dalla mia. L’amicizia e la conoscenza aiutano a far superare ogni timore.
In Europa ho appreso ad esempio che quelli che ritenevo essere i tratti fondamentali della fede sono simili anche per le tre religioni monoteiste, li enuncio in maniera molto sintetica: 1.Avere sempre con sé il libro/ la sacra Scrittura ( la Torah, la Bibbia e il Corano) ; 2. Pregare e di conseguenza l’importanza di avere un luogo di culto ( sinagoga, chiesa e moschea) 3. Ricevere una degna sepoltura e quindi stabilire dei luoghi destinati a questo per ogni religione 4. Per i musulmani e gli ebrei ci sono inoltre delle regole alimentari da rispettare. Il contatto fisico e la conoscenza anche dei riti e del senso religioso delle tre grandi religioni monoteiste mi ha fatto scoprire che siamo molto più simili di quanto io non pensavo. Non posso non ricordare la mia prima visita alla sinagoga dopo la commemorazione della deportazione degli ebrei il 16 ottobre 1943 fatta a Roma con la comunità di Sant’Egidio. Un rabbino ci spiegava il senso delle funzioni religiose ed io pensavo, “ma è come lo facciamo noi” mi ha colpito la sedia della circoncisione, ho ritrovato molte cose famigliari alla mia religione. Da sempre compro la carne Kasher la più simile per noi musulmani se non possiamo trovare una macelleria islamica.
La Somalia come è noto a tutti voi è essenzialmente un paese mono religioso, i cristiani erano solo i missionari, gli ebrei non esistevano proprio. Oggi per quel poco che esiste del mio paese non c’è più niente di altre religioni.
L’emigrazione ha in qualche modo mischiato i popoli, le culture e di conseguenza anche ha raffinato e rafforzato le religioni. In Europa alcuni paesi che storicamente erano mono-religiosi, cioè con una altissima percentuale di persone di una sola religione, come ad esempio l’Italia, in pochi anni si sono confrontati con il fatto che l’islam è divenuta la seconda religione del paese. Così non posso non ricordare l’esempio del Quatar paese quasi totalmente islamico che grazie al notevole numero di immigrati cattolici, particolarmente filippini, ha modificato il suo approccio verso questi lavoratori, tanto che l’anno scorso è stata inaugurata una chiesa cattolica in Quatar. Questo non significa che i musulmani del Quatar o i cattolici italiani siano meno credenti, essere o meno un uomo o una donna di fede non dipende dal confronto con altre religioni ma dipende da come ognuno vive la propria fede. I problemi ci sono: spesso sentiamo parlare di un rischio di islamizzazione dell’Europa, oppure molti immigrati musulmani si sentono dire da alcuni predicatori che gli occidentali o i cristiani sono tutti contro i musulmani e che tutte le difficoltà della vita quotidiana sono riconducibili al fatto di essere musulmani. Nella non conoscenza e nell’ignoranza i problemi si ingigantiscono. Allora che cosa fare ? Non ho una ricetta ma quello che vivo insieme ai miei amici di Genti di pace è sicuramente una prima e importante risposta. Genti di Pace promosso dalla Comunità di Sant’Egidio raccoglie donne e uomini di tutto il mondo, prevalentemente immigrati , che appartengono a popoli, nazioni ,etnie, culture e religioni diverse. A Genti di Pace ho imparato che la diversità è un valore sia tra gli stranieri che tra gli europei.
Spesso ci soffermiamo a riflettere sul fatto che nelle grandi città mancano dei momenti di confronto tra persone di religione cultura diversa pur abitando nella stessa città e quartiere. Nascono dei conflitti dovuti a futili motivi, tipo l’educazione dei figli. Qualche anno fa le comunità del Bangladesh ci chiesero aiuto per poter aprire una scuola solo per i Bangladesh. Abbiamo scelto di ascoltarli e di parlare con loro per capire meglio il loro problema, allora abbiamo compreso che la difficoltà era nell’educazione dei figli avevano paura di perderli. Ci dicevano continuamente “ma in Inghilterra abbiamo le nostre scuole”. Insieme abbiamo convenuto che invece è più importante che i bambini stiano insieme anche se differenti, andare in una scuola con soli bambini di una stessa nazionalità non preserva nessuno dal fatto che sorgano problemi . L’importanza di parlare, di comunicare, di discutere e di spiegarsi, è stato utile per tutti. Non bisogna aver paura di parlare anche di situazioni serie.
Il rischio dell’isolamento coinvolge tutti europei e non europei, spesso le varie comunità di immigrati sono completamente chiuse e non dialogano tra di loro o si ignorano. E’ raro vedere i somali insieme ai romeni o insieme ai marocchini che pure sono musulmani. Vivere insieme, ho imparato in questi anni , si costruisce attraverso l’incontro costante e continuo, provando a riflettere, discutendo. Tra le cose più belle che ho appreso nel mio percorso in Europa e l’ ho scoperto a Genti di Pace, è stato il servizio ai poveri. Non chiedere niente e non farsi pagare. Il servizio gratuito mi ha sempre molto colpito.Il servizio verso chi è povero senza guardare se è italiano o straniero, se è cristiano o musulmano è bello. Aiutare semplicemente mi rende felice, ma questo lo posso testimoniare anche per tanti altri che lo vivono con me. Le feste più belle che ho fatto per la fine del ramadan di questo anno le ho vissute nelle carceri romane dove con Genti di Pace e la Comunità di Sant’Egidio abbiamo organizzato le feste dell’Id –al Fitr con tanti musulmani detenuti. Alcuni mi hanno detto è “difficile trovare altri che organizzano la festa per noi”, particolarmente quello che li ha colpiti è vedere cristiani e musulmani insieme. Le immagini delle volte parlano molto di più dei discorsi. Per questo dico sempre che sono una musulmana di Sant’Egidio. Sono convinta che essere insieme tra diversi non ha leso la mia fede ma l’ha rafforzata e raffinata. Sono una credente che vive con grande apertura al mondo. La convivenza pacifica nel rispetto di tutti credo sia l’unica strada possibile per l’Europa e per ogni paese, anche per la mia Somalia. Mi ritengo una cittadina dell’Europa e non solo italiana o somala e addirittura mi sento pienamente una cittadina del mondo perché il mondo mi interessa.
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