Custode del Sacro Convento di Assisi, Italia
|
L’incontro annuale “Uomini e religioni”, organizzato dalla Comunità di S. Egidio, vuole prolungare nel tempo e tra i popoli, lo spirito di comprensione, di fraternità, di dialogo, di riconciliazione, di perdono e di preghiera per la pace, che è sintetizzato nella espressione ormai comune di “spirito di Assisi”.
Nell’appuntamento di Monaco di Baviera, dello scorso anno, abbiamo ripercorso le tappe dello “spirito di Assisi”, dall’origine del 1986 con l’iniziativa del papa Giovanni Paolo II di convocare in Assisi i capi delle Religioni Mondiali per una giornata di preghiera e di digiuno per la pace. La città di Assisi perché in essa ha vissuto prevalentemente la sua esperienza San Francesco ed ora ne custodisce le Spoglie mortali nel sepolcro glorioso nelle Basiliche papali, patrimonio dell’umanità, per la loro spiritualità e la bellezza della loro arte.
Quest’anno l’incontro “Uomini e Religioni” ha luogo in una città, Sarajevo, che per la sua storia passata e recente, è richiamo simbolico all’incontro, al rispetto, alla cultura, alla convivenza pacifica tra genti di etnie, culture e religioni diverse. In questa città, Sarajevo, che è “santuario” della pacifica convivenza ed insieme realtà, progetto e speranza, siamo venuti come pellegrini ad ascoltarci, incontrarci, rinnovare i propositi di riconciliazione, rafforzare i fondamenti e le basi della pace. Le ferite della guerra, che ancora sono visibili, rappresentano un monito e un invito al ripudio di ogni violenza, comunque originate.
La mia presenza di francescano e Custode del sepolcro di San Francesco e le mie parole semplici intendono richiamare la testimonianza di Francesco d’Assisi, riconosciuto come il testimone di Dio Altissimo, il fratello universale, l’amante di tutto il creato, il modello di annunciatore e operatore della pace.
La preghiera in Francesco d’Assisi
Gli incontri di preghiera per la pace, vissuti in comunione da uomini di diverse religioni, hanno avuto momenti solenni nella città di Assisi, “ dove tutto parla di un singolare profeta della pace, chiamato Francesco. Egli è amato non solo dai cristiani, ma da tanti altri credenti e da gente che pur lontana dalla religione, si riconosce negli ideali di giustizia, di riconciliazione, di pace che furono suoi” (Giovanni Paolo II).
Tutta la vita e la missione di San Francesco sono state una continua testimonianza di preghiera, unita alla promozione della giustizia e della pace.
“ Francesco, uomo di Dio, sentendosi pellegrino nel corpo lontano dal Signore (Cfr 2Cor 5,6), cercava di raggiungere con lo spirito il cielo. Delle meraviglie della sua preghiera diremo solo qualche tratto. Trascorreva tutto il suo tempo in santo raccoglimento per imprimere nel cuore la sapienza; temeva di tornare indietro se non progrediva sempre. Cercava sempre un luogo appartato, dove potersi unire non solo con lo spirito, ma con le singole membra, al suo Dio. (FF681)
“Quando pregava nelle selve e in luoghi solitari, riempiva i boschi di gemiti, bagnava la terra di lacrime, si batteva con la mano il petto; e lì, quasi approfittando di un luogo più intimo e riservato, dialogava spesso ad alta voce col suo Signore: rendeva conto al Giudice, supplicava il Padre, parlava all’Amico, scherzava amabilmente… non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente.
“In ogni sua predica, all’esordio del discorso, salutava il popolo con l’augurio di pace, dicendo: Il Signore vi dia la pace !" (Cfr 2Ts 3,16; Gv 14,27) Aveva imparato questa forma di saluto per rivelazione del Signore, come egli stesso più tardi affermò. Fu così che, mosso anch’egli dallo spirito dei profeti, come i profeti annunciava la pace, predicava la salvezza (Is 52,7) e, con le sue ammonizioni salutari, riconciliava in un saldo patto di vera amicizia moltissimi, che prima, in discordia con Cristo, si trovavano lontani dalla salvezza. (FF391)
I compagni di Francesco, alla sua scuola, non cessavano quasi mai di pregare e lodare il Signore; esaminando ogni loro azione, ringraziavano Dio per il bene fatto e piangevano amaramente per le colpe e negligenze commesse”. (FF 682)
“Quando il loro numero fu portato a otto, allora il beato Francesco li radunò tutti insieme, li divise in quattro gruppi, di due ciascuno e disse loro: ‘Andate, carissimi, a due a due per le varie parti del mondo e annunciate agli uomini la pace e la penitenza in remissione dei peccati; e siate pazienti nelle persecuzioni, sicuri che il Signore adempirà il suo disegno e manterrà le sue promesse. Rispondete con umiltà a chi vi interroga, benedite chi vi perseguita, ringraziate chi vi ingiuria e vi calunnia, perché in cambio ci viene preparato il regno eterno”. (FF366)
Assisi, Giornata di preghiera per la pace in Bosnia Erzegovina (9-10 gennaio 1993).
Quasi 20 anni fa, nei giorni 9 e 10 gennaio 1993, il papa Giovanni Paolo II volle incontrarsi in Assisi, all’ombra di San Francesco, con i responsabili degli Episcopati d’Europa, delle Chiese e Comunità ecclesiali cristiane, e con i rappresentanti dell'Ebraismo e dell'Islam per una giornata di preghiera per la pace in Bosnia Erzegovina, teatro di violenze e distruzioni inaudite, traendo ispirazione dalla preghiera e dal messaggio di pace di Francesco d’Assisi.
Di fronte alla irragionevolezza degli uomini, alla incapacità di ricomporre la pace, all’odio e alla cattiveria bestiale di uomini impazziti, il Papa ricorre all’unico strumento efficace nella disponibilità degli uomini credenti e di buona volontà: la preghiera.
Nelle due giornate assisane, intensamente partecipate da uomini e donne cristiani di ogni confessione, la preghiera è stata il motivo dominante, un leit motiv che ha accompagnato tutti i momenti disponibili, forti della convinzione, comune alle tradizioni delle varie religioni, della efficacia della preghiera e dell’ascolto da parte di Dio dei figli imploranti.
In quelle due giornate assisane del 9 e 10 gennaio 1993, insieme ai momenti comuni con i rappresentanti delle varie religioni, il Papa Giovanni Paolo II ha compiuto dei gesti, ha avuto incontri e pronunciato parole per richiamare il significato, la forma e la forza della preghiera, quasi a proporre un itinerario spirituale di preghiera.
Prima dell’incontro comunitario con i Rappresentanti delle Religioni, Giovanni Paolo II ha voluto incontrare i ragazzi e giovani non vedenti e pluriminorati, ospiti l’Istituto Serafico di Assisi.
Il Papa si rivolge ai ragazzi sofferenti, invitandoli ad unirsi con la preghiera all’incontro comune delle Religioni nella convinzione che Dio ascolta la preghiera degli innocenti e dei sofferenti, come accolse quella di Gesù, morto in croce.
“Carissimi! Davanti alle tragedie degli uomini le preghiere possono sembrare inefficaci e vane, e invece esse aprono sempre nuovi spiragli di speranza, soprattutto quando sono avvalorate dal dolore che si trasforma in amore”.
Nel primo incontro tra i Rappresentanti delle Religioni, Comunità e Chiese cristiane, rappresentanti dell’Ebraismo e dell’Islam, Giovanni Paolo II sottolinea la consapevolezza che il ritrovarsi insieme uomini e donne di diverse culture, fedi e tradizioni religiose è già “in se stesso una testimonianza viva, e come una felice prefigurazione del dono che intendiamo chiedere per i nostri fratelli e sorelle tanto d’Europa che del resto del mondo... Ciascuno accetta l’altro com’è, e lo rispetta come fratello e sorella nella comune umanità e nelle personali convinzioni. Le differenze che ci separano rimangono, ma soltanto nella mutua accettazione dell’altro e nel conseguente mutuo rispetto, reso più profondo dall’amore, risiede il segreto di un’umanità finalmente riconciliata, di un’Europa degna della sua vera vocazione”.
Tale testimonianza è un ulteriore pilastro, che porterà al dono della pace, invocato espressamente con la preghiera.
L’ora della preghiera: la pace di Cristo non quella del mondo
La preghiera si svolge, per i cristiani, nella Basilica Superiore di san Francesco. I rappresentanti dell’Islam si sono raccolti in un altro luogo del Sacro Convento, come pure hanno fatto alcuni rappresentanti dell’Ebraismo.
Il Papa, da parte sua, illustrando la lettera dell’Apostolo Paolo agli Efesini, ribadisce fermamente che Cristo è la nostra pace: “Egli – dice san Paolo – è la nostra pace” (Ef 2, 14). “Che cosa significano per noi, in questa notte, le lapidarie parole dell’Apostolo? Significano anzitutto che non dobbiamo cercare la pace al di fuori di Cristo; e, tanto meno, contro di Lui….
“Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi” (Gv 14, 27). Se guardiamo attorno a noi, nel raccoglimento di questa notte di Assisi, che cosa vediamo? Il Signore Gesù ci ha davvero lasciato la pace? Com’è allora che c’è tanta violenza intorno a noi e in alcuni dei Paesi da cui siamo venuti imperversa addirittura la guerra? Che cosa abbiamo fatto del dono del Signore, della sua preziosa eredità? Non sarà che abbiamo preferito una pace “come la dà il mondo”? Una pace che consiste nel silenzio degli oppressi, nell’impotenza dei vinti, nell’umiliazione di coloro – uomini e popoli – che vedono i loro diritti calpestati? La pace vera, quella che Gesù ci ha lasciato, poggia sulla giustizia, fiorisce nell’amore e nella riconciliazione. Essa è frutto dello Spirito Santo “che il mondo non può ricevere” (Gv 14, 17). Non insegna, forse, l’Apostolo che “frutto dello Spirito è amore, gioia, pace...” (Gal 5, 22)? “Non v’è pace per gli empi, dice il mio Dio”, (Isaia 57, 21).
Sulla consapevolezza che Cristo è la nostra Pace, nel suo nome si leva il grido comune:donaci la tua pace!
“Assumere l’eredità di Cristo in questo campo significa anzitutto pregare per la pace. Significa anche dare comune testimonianza dell’eredità ricevuta, della nostra responsabilità nei suoi confronti e del nostro impegno costante in favore della pace. A questo contributo primario s’affianca poi l’impegno in favore della giustizia”.
“O Signore, abbatti le barriere dell’odio che dividono le nazioni, – apri la strada alla concordia e alla pace” (Martedì della III settimana dell’Avvento, Invocazioni delle Lodi). La preghiera per la pace in Europa, e in particolare nei Balcani, s’innalza nelle lingue dei diversi popoli del Continente Europeo”, e ora dai Rappresentanti delle Religioni, per abbattere i muri e le barriere di ogni genere.
PREGHIERA SENZA INTERRUZIONE E CONTEMPLAZIONE
Giovanni Paolo II, in quei giorni, aggiunge un ulteriore tassello per definire l’itinerario della preghiera per la pace in Assisi con l’incontro con le suore e le monache di tutti i monasteri di clausura di Assisi. Egli ha voluto fermamente l’incontro con persone consacrate, che hanno dedicato tutta la loro vita alla preghiera e alla contemplazione di Dio, impegno supremo di ogni essere religioso e cristiano.
A conclusione della giornata di preghiera per la pace con i rappresentanti dell’Ebraismo e dell’Islam, ora affida a queste donne, anime contemplative, continuamente unite a Dio, sposo della loro anima, il compito di pregare e di invocare incessantemente il dono della pace a nome di tutta l’umanità.
“Voi, care sorelle, appartenenti ai monasteri di vita contemplativa della diocesi, rappresentate al vivo tutti i luoghi dove, in Europa e nel mondo, anime contemplative giorno dopo giorno, e in modo speciale in questa circostanza, fanno salire la loro pressante implorazione al Datore di ogni bene, affinché scenda su tutti lo Spirito dell’amore e del perdono, della concordia e della pace. Il mondo ha bisogno delle vostre “mani pure che si alzano verso il cielo senza ira e senza contese” (cf. 1 Tm2, 8), per implorare la pace. Voi rappresentate la Chiesa Sposa, la “Ecclesia orans”, che nella sua perseverante ed unanime preghiera nei monasteri di Occidente si unisce alla ardente intercessione dei monasteri di Oriente “per la pace che scende dall’alto e per l’unità di tutti”(cf. Preghiera di pace della liturgia bizantina)”.
“Proprio per questo siamo venuti ad Assisi, anche per voi, siamo venuti ad Assisi: per invocare da Dio la pace. Questo compito il Papa vuole affidare a voi, carissime sorelle, affinché non si spenga il fuoco sacro dell’implorazione per la pace e non cessi di salire al cielo l’incenso delle orazioni insieme all’oblazione del Corpo e del Sangue di Cristo”.
In conclusione possiamo affermare che
la preghiera comune per la pace acquista forza quando è avvalorata dalla sofferenza e dall’innocenza,
poggia sulla testimonianza di amore fraterno tra persone di cultura, nazioni e religione diverse,
si esprime nella invocazione accorata e fiduciosa della Pace di Cristo.
Essa deve diventare continua, senza interruzione, come testimoniata dal carisma delle monache di clausura.
Il modello è Francesco d’Assisi, uomo fatto preghiera, che ad ogni uomo che incontra annuncia la Pace del Signore, e che ci suggerisce la seguente preghiera, che può essere pronunziata da chiunque:.
O alto e glorioso Dio,
illumina le tenebre del nostro cuore.
Dacci una fede retta,
speranza certa,
carità perfetta e umiltà profonda!
Dacci, Signore, senno e discernimento
per compiere la tua vera e santa volontà
La preghiera tutto può: Il Signore vi dia la Pace! |