“Oltre 25mila morti nei viaggi della speranza verso l’Europa dal 1990 ad oggi. Sono dati impressionanti”.
Inizia con questa affermazione drammatica del presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, la riflessione proposta dalla Comunità in occasione della Giornata Mondiale del Migrante. Si tratta di "un calcolo approssimativo per difetto: dietro ai tanti che ce la fanno ad arrivare – e che comunque vivono momenti difficili per un’accoglienza difettosa – ci sono tutti quelli che hanno perso la vita”.
Proprio in ricordo di queste vittime, la Comunità di Sant’Egidio ha organizzato, nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, una veglia di preghiera intitolata “Morire di speranza", a cui partecipano, oltre a tanti romani, anche i parenti di chi ha perso la vita. La lunga lista dei nomi, accompagnata dall'accensione delle candele, è un momento di preghiera lungo e commosso che in qualche modo vuole anche lenire il dolore per l'inaccoglienza che i profughi incontrano al loro arrivo in Europa.
Infatti, ha sottolineato il presidente di Sant'Egidio, la cosiddetta "emergenza immigrati" è una percezione falsa della realtà. Anche se si è parlato molto in questi giorni dei migranti (meglio sarebbe dire profughi) alla frontiera di Ventimiglia o alle stazioni di Roma e Milano, si tratta in realtà di numeri contenuti, non così difficili da gestire.
Peraltro, anche i dati più recenti mostrano che non c'è un'emergenza immigrazione: nel 2013 i 28 Paesi dell’Unione Europea hanno registrato, rispetto ai due anni precedenti (2011-2012), una diminuzione di 300 mila domande di ingresso per motivi di lavoro e un contemporaneo aumento di circa 300 mila domande di asilo. Il saldo è quindi pari.
La Comunità di Sant'Egidio, tuttavia, non si è limitata alla denuncia della situazione, ma ha anche elaborato alcune proposte:
- sponsorship da parte di associazioni, Chiese, privati per richiedenti asilo: si chiama direttamente dal Paese di provenienza (si può cominciare con Siria e Iraq, attraversate dalla guerra) evitando i rischiosissimi viaggi della speranza. Lo sponsorship garantirebbe accoglienza e assistenza per il rifugiato
- humanitarian desk: accoglienza da parte di alcuni Paesi europei (o da parte dell’Unione) dei richiedenti asilo già arrivati in alcuni Paesi, come Marocco o Libano. Si tratta di persone che sono già uscite dal loro Stato, hanno già fatto una parte del viaggio, ma eviterebbero comunque l’ultimo tragitto, quello in mare.
- modifica degli accordi di Dublino allargando le maglie che obbligano a chiedere asilo solo ai Paesi di arrivo. Occorre ricordare che molti casi potrebbero essere risolti con i ricongiungimenti familiari.
- visti per motivi umanitari per chi non è ancora entrato in Europa: è previsto dall’articolo 25 del regolamento europeo. Ogni Paese può concederli autonomamente.
- permessi per motivi umanitari per coloro che sono già in Italia. E’ una decisione che può prendere il presidente del Consiglio con un decreto. Dà la possibilità di lavorare. E’ successo già per alcune nazionalità, come per esempio gli albanesi che oggi sono largamente integrati in Italia (ma anche per ex jugoslavi, tunisini ecc.)
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