Centinaia di persone, tra cui tante donne e uomini senza fissa dimora, hanno riempito stamattina la basilica di Santa Maria in Trastevere. La celebrazione della Comunità di Sant’Egidio ricordava tutti gli “amici di strada” che hanno perso la vita spesso nell’abbandono, nella solitudine, nella povertà, ai quali la Comunità si è fatta prossima attraverso il servizio delle mense, l’accoglienza, l’aiuto quotidiano.
Sono oltre duecento i nomi ricordati durante la liturgia, mentre per ognuno di essi veniva accesa una candela nei grand i braceri dorati accanto all’altare della basilica romana. Analoghe cerimonie si svolgono in questi giorni nei luoghi - in Italia e all’estero – in cui la Comunità di Sant’Egidio vive ed è vicina a chi vive e muore senza dimora. (guarda la lista).
L’iniziativa è partita dal ricordo di una anziana donna romana, Modesta Valenti, senza dimora, che si rifugiava la notte per dormire presso la stazione Termini. Era il 31 gennaio 1983, quando ebbe un malore e morì dopo ore di agonia senza soccorsi perché l’equipaggio di un’ambulanza si rifiutò di prenderla a bordo: a causa delle condizioni in cui viveva, era sporca.
“Ricordare Modesta Valenti – ha detto il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi – è importante per i senza fissa dimora, ma anche per chi ha una casa, perché è un simbolo di riconciliazione per l’intera città di Roma e per l’Italia, in un periodo di crisi, come l’attuale, nel quale registriamo il raddoppio delle presenze di poveri ai pranzi di Natale che organizziamo ogni anno”.
Commentando nell’omelia il passo del Vangelo di Marco che narra la guarigione di un indemoniato, don Vittorio Ianari ha detto che lo “spirito impuro” che occorre scacciare dall’esistenza degli uomini di oggi è “lo spirito della rassegnazione che ci induce ad accettare supinamente il corso delle cose senza intervenire per modificarle in meglio”.
Al termine della celebrazione, tutti i presenti hanno partecipato ad un pranzo offerto dalla Comunità di Sant'Egidio nei locali della Basilica.
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