L'omelia del pastore Paolo Ricca, della Chiesa Valdese, a Santa Maria in Trastevere, il 18 aprile 2017
Dal Vangelo di Matteo 28, 1-10.
Cari fratelli e sorelle,
molte cose colpiscono nei racconti della Resurrezione.
Una è questa: che Gesù è risorto e nessuno se n'è accorto. Quando è morto, tutti se ne sono accorti, perché c'è stato un oscuramento del cielo, c'è stato un terremoto, la cortina del tempio si è squarciata. Qui invece non accade nulla, anche se accade tutto. Gesù risorge e nessuno se ne accorge.
Non se ne accorgono le donne, che corrono al sepolcro convinte di andare a imbalsamare un morto e soltanto quando sono lì sono avvertite dall'angelo che dice che quel morto non c'è più.
Non se ne sono accorti i discepoli, che il Venerdì Santo sono spariti dalla circolazione per non essere coinvolti nel processo di Gesù; i discepoli sono i grandi assenti, sia alla crocifissione, sia alla risurrezione.
Ma non se n'è accorta neppure Maria Maddalena, che si reca sì al sepolcro, ma non per incontrare Gesù risorto, bensì per piangere Gesù morto. Nessuno si è accorto della resurrezione di Gesù.
Ma non dobbiamo stupirci troppo di questo fatto, perché anche noi non ce ne saremmo accorti se non ci fosse la festa di Pasqua che ce la ricorda. Non è che c'è la festa di Pasqua perché noi ricordiamo la risurrezione di Gesù, ma al contrario: è la festa di Pasqua che ricorda a noi che Gesù è risorto.
Come è facile dimenticare la risurrezione, come è facile dimenticare che Gesù è risorto. È tanto facile che già nel secolo apostolico l'apostolo Paolo deve raccomandare al suo discepolo Timoteo – che era anche un ministro dell’Evangelo, un ministro cristiano; ma deve dire anche a lui – «ricordati di Gesù Cristo risorto dai morti» (2Tim 2, 8). Anche Timoteo lo stava dimenticando.
Ma perché è così facile dimenticare la risurrezione? Perché è così facile non accorgerci che Gesù è risorto? Credo per una ragione molto semplice, che è questa: la risurrezione è la più misteriosa delle opere di Dio, la più incredibile, per non dire la più impossibile, quella che più di ogni altra sfida la nostra intelligenza, oltre che il nostro buon senso.
Non la possiamo capire, non la possiamo immaginare; è già un miracolo che qualcuno l'abbia creduta nei primissimi giorni della storia cristiana, pur non potendola capire, pur non potendola immaginare; è un miracolo che l'abbia creduta e l'abbia trasmessa, e che sia giunta questa notizia fino a noi, a noi che la riceviamo come le donne.
Avete sentito: le donne ricevono l'annuncio dall’angelo con spavento e grande gioia. Con spavento, perché è un fatto che ci supera, che ci trascende; davanti alla risurrezione siamo sopraffatti da qualcosa infinitamente più grande di noi. E con grande gioia però, perché questa è la più bella notizia del mondo. Non c'è nessuna notizia più bella di questa: Gesù è vivente, la morte è vinta, le lacrime sono asciugate! Le donne che sono andate al sepolcro con un grande dolore ritornano a casa con una grande gioia.
Ma la risurrezione resta al di là della nostra comprensione: è una cosa troppo nuova, troppo grande, troppo fuori della nostra esperienza, troppo fuori del nostro orizzonte mentale ed esperienziale.
Pensate a quante stranezze ci sono nei racconti della risurrezione: Gesù ha un corpo, evidentemente il suo, ma nessuno lo riconosce vedendo il suo corpo. Maria Maddalena lo riconosce, ma non quando lo vede: bensì quando sente la sua voce che la chiama per nome. I discepoli di Emmaus lo sentono parlare lungo tutto il cammino verso casa, ma non lo riconoscono né vedendo il suo corpo né udendo la sua voce: lo riconoscono nel momento in cui spezza il pane e lo distribuisce. E quando Gesù poi si presenta agli undici, non solo non lo riconoscono ma credono addirittura di vedere un fantasma! Gesù è risolto con un corpo, ma questo corpo passa attraverso le porte chiuse. Eppure Tommaso riesce a toccare la piaga del costato.
Quante stranezze, quanti paradossi, quante sfide alla nostra intelligenza. Come sarebbe più facile dire: ma è chiaro, è tutta una montatura, una montatura dei discepoli che non si rassegnavano alla loro sconfitta: non si rassegnavano a perdere il loro maestro e così hanno inventato questa storia della risurrezione. Come sarebbe facile ragionare così. Forse sarebbe troppo facile, perché in realtà è successo il contrario: non è la fede dei discepoli che ha risuscitato Gesù, ma è Gesù risorto che ha risuscitato la fede dei discepoli. È ai piedi del risorto che nasce la fede cristiana.
Questa fede è descritta molto bene nel nostro racconto, quando Gesù si fece incontro alle donne dicendo: «”Vi saluto”. Ed esse, avvicinatesi, gli strinsero i piedi e lo adorarono».
Fratelli e sorelle, la nostra fede – se mai è nata - è nata a Pasqua, ai piedi del Risorto. Come cristiani, siamo figli e figlie della risurrezione, di questo evento che non si può spiegare, né capire, né immaginare. Siamo figli e figlie di un miracolo. Amen.
Paolo Ricca
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