LE PAROLE di Gandhi, La Pira, Elie Wiesel, Gesù. E' al loro messaggio di riscatto, speranza e comprensione che si ispira la marcia p er la pace organizzata ieri dalla Comunità di Sant'Egidio. Oltre duecento persone hanno sfilato da Santa Maria Novella fino al Duomo.
UN CORTEO silenzioso, illuminato solo da piccole fiaccole avvolte nel cartone rosso, a cui partecipano le comunità islamiche, la Caritas col direttore Alessandro Martini, il cardinale Silvano Piovanelli, la commissione pace di Palazzo Vecchio guidata da SusannaAgostini, Leonardo Bianchi, Severino Saccardi, il Centro La Pira, Emmaus, il volontariato laico e cattolico, Adriano Sofri, tutti quelli che vogliono ricordare la strage del 13 dicembre. Ricordarla mettendo, sabato scorso, una targa di cartone (che dovrebbe diventare presto qualcosa di meno provvisorio) in piazza Dalmazia e deponendo, ieri, candeline accese al mercato di San Lorenzo. Gesti, perché anche i gesti accomunano. «La semplice parola clandestino è inaccettabile e non può andare unita né alla solidarietà né all'amicizia», attacca aprendo la manifestazione in piazza Santa Mariallovellail portavoce fiorentino di Sant'Egidio Michele Brancale. L'integrazione, se mai si realizzerà, passa anche attraverso il linguaggio che usiamo. Assane Kebe, che viene dal Senegal, cita Gandhi che diceva che «l'umanità è come un corpo umano, se un membro prova dolore tutto il corpo sente dolore» e chiede ai politici del mondo di occuparsi dei problemi sociali invece di pensare agli armamenti. Piovanelli in piazza del Duomo invita a fare della propria vita «una marcia quotidiana per la pace» e riflette sul pensiero di La Pira che spingeva ciascun uomo a impegnarsi a dare un colpo di remi per far procedere la barca comune». Per i credenti, insiste, Dio non è colui che evita le sofferenze e le ingiustizie inflitte all'uomo dagli uomini ma colui che incarna quelle sofferenze. A memoria racconta una pagina de La notte di Elie Wiesel, diario scarnificato da ogni ridondanza della prigionia ad Auschwitz, quella in cui raccontal'impiccagione diun bambino ebreo. «Dov' era Dio?», domanda Piovanelli. «Lo dice un deportato, Dio era su quella forca». Dov'era quando Gianluca Casseri ha fatto fuoco su Diop Mor e Samb Modou? La pace dipende dalla volontà non da strategie celesti. Nell'omelia del 31 dicembre il vescovo Betori ricorda la morte violenta dei due ragazzi come «un monito per non abbassare la guardia sui pericoli che può correre una convivenza fraterna» e accenna alla crisi economica come un fattore disincentivante per la coesione sociale e lo spirito di sacrificio. I senegalesi non cercano vendetta e non aspettano eroismi, vogliono solo vivere in pace.