Roma, 28 apr 2014 - Il dialogo fra cristiani ed ebrei: ''un grande patrimonio che aspetta di essere fatto ancora fruttare''. E' questo, nelle parole del presidente della Comunita' di Sant'Egidio Marco Impagliazzo, il senso del convegno incentrato sulle figure di due papi - Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II - che proprio domenica sono stati elevati agli onori degli altari. I due nuovi santi, ha rilevato Impagliazzo, ''hanno svolto un ruolo decisivo nel riavvicinamento tra le due fedi''; fu grazie a loro, ai loro gesti e ai loro insegnamenti, che i cattolici ''hanno riscoperto le loro radici ebraiche''. Centrale e' la figura di Giovanni Paolo II, su cui si e' soffermato il fondatore di sant'Egidio Andrea Riccardi. Nell'ambiente polacco fra le due guerre, ha detto, ''l'antisemitismo percorre il mondo cattolico'', ma il giovane Wojtyla diventa precocemente un ''testimone della coabitazione tra polacchi ed ebrei'' prima a Wadowice dove conosce coetanei ebrei con i quali ha ''serene frequentazioni'', e poi a Cracovia dove ''vede da vicino gli ebrei condannati a morte'' e ricava il senso della Shoah ''come una tragedia unica di cui e' stato testimone''. ''I campi di concentramento rimarranno per lui i simboli dell'inferno sulla terra'', ha aggiunto Riccardi. A sua volta, il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni ha sottolineato in particolare ''il desiderio di papa Giovanni Paolo II di ricostruire un rapporto con gli ebrei su basi nuove, e la sua sensibilita' mediatica che lo portava a tradurre i concetti teologici in azioni che tutti potessero comprendere'', come quando defini' Auschwitz ''il Golgota della nostra epoca'', espressione pur ''problematica'' per gli ebrei''.''Ci troviamo di fronte a processi epocali che hanno cambiato la storia dei nostri rapporti, ha concluso Di Segni; le cose vanno viste nella giusta prospettiva storica senza diminuire l'importanza di questi gesti e il percorso che ci resta da fare. C'e' ancora una montagna di durezza teologica che va scalata anche da parte nostra. Queste grandi personalita' sono figlie del loro tempo: occorre saper navigare nelle difficolta' della storia e della teologia per capire che questi problemi si risolvono prima con i rapporti fra le persone, con l'amicizia e la fraternita'''. Anche secondo il cardinale Walter Kasper ''i rapporti di buona cooperazione e di stabile amicizia'' che si sono stabiliti fra cristiani ed ebrei sono piu' importanti dei molti volumi di documenti pubblicati sul dialogo e il mutuo riconoscimento. Ma dal punto di vista teologico, il presidente emerito della Commissione per i rapporti religiosi con l'Ebraismo ha sostenuto che ''Giudaismo e Cristianesimo hanno bisogno l'uno dell'altro e quindi dipendono l'uno dall'altro. Un vero ecumenismo senza Israele non e' possibile''; e ricorrendo alla metafora delle radici e dei rami di uno stesso albero, il cardinale ha detto che ''se i rami vengono tagliati dalle radici si indeboliscono muoiono; ma le stesse radici, senza i rami rimangono prive di frutti''. red-gc/
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