«Le violenze contro i cristiani sono all'ordine , del giorno. L'ultima a Lahore, dove è stato incendiato un villaggio. E anche le altre minoranze sono colpite». Paul Bhatti, ministro uscente per l'Armonia nazionale e fratello di Shahbaz, massacrato nel 2011 per il suo impegno contro la leggi anti-blasfemia, è in Italia ospite della Comunità di Sant'Egidio. E oggi parteciperà alla Giornata dei movimenti a San Pietro. Il suo Paese, il Pakistan, ha appena affrontato la delicata sfida elettorale. Violenze delle forze estremiste hanno segnato la campagna. Alla fine, a vincere è stata la Lega dei musulmani dell'ex premier Nawaz Sharif, un partito che si richiama, anche nel nome, direttamente all'islam.
Questo in qualche modo può influire in modo negativo sul tema della libertà religiosa, già alquanto compressa?
Di sicuro non è incoraggiante. Il Pakistan è una nazione contraddittoria. La maggioranza, però, vuole la pace e il dialogo. Il problema sono forze minoritarie che soffiano sul fuoco dell'intolleranza per bloccare il dialogo.
Come vede il futuro dei cristiani e delle minoranze?
Molto dipende dalla comunità internazionale. Questa ha un ruolo chiave nel convincere il nuovo governo a rispettare i diritti delle minoranze. Mio fratello Shahbaz è stato a lungo all'opposizione durante altri esecutivi guidati dalla Lega e con la sua lotta è riuscito ad attirare lo sguardo del mondo sul Pakistan. È importante che ora non ci lasciate soli. In alternativa, ci potrebbero essere delle derive estremiste. Io, però, sono ottimista.
Perché?
Perché il popolo pachistano in generale non è intollerante. Tutt'altro. Lavoro quotidianamente a contatto con i musulmani e so che vogliono quanto me stabilire relazioni pacifiche con le altre comunità. E necessario disinnescare le tensioni e mettere fine alle spirali d'odio. Non abbiamo altra strada. Altrimenti la nostra società imploderà.