Il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha inviato un messaggio al vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi, per esprimere il cordoglio per la morte del cardinale Francesco Loris Capovilla. E la diocesi bergamasca, da parte sua, ha voluto far notare, in un comunicato, che il cardinale Capovilla è morto proprio nel giorno della solennità del Corpus Domini: «Questa significativa coincidenza fa sgorgare la preghiera perché nell'anno giubilare della misericordia il Signore accolga la sua anima nella liturgia del cielo, all'altare della grazia, dinanzi alla presenza di quel Dio che ha amato e servito come cristiano, come prete, come vescovo e, per volontà di Papa Francesco, come cardinale».
Proprio «per il legame con il santo Papa Giovanni XXIII» il cardinale Capovilla - si legge nella nota - «ha onorato la nostra diocesi di Bergamo con la sua presenza discreta e saggia fin dal 1988 quando ha scelto di abitare a Ca' Maitino, nell'abitazione che fu di Papa Roncalli». E così oggi «la Chiesa che vive in Bergamo ringrazia il Signore per il dono di quello che in diverse occasioni il vescovo monsignor Francesco Beschi ha definito un "padre saggio" per il suo legame forte di affetto con la nostra terra e con la nostra comunità ecclesiale, un "punto cardinale" che ha orientato i passi di tanta gente sulla strada della santità che Papa Giovanni ha tracciato». Il comunicato si conclude con l'assicurazione che Bergamo non dimenticherà «la sua testimonianza di fede, la sua fedeltà alla Chiesa, il suo esempio di vita semplice» e anche l'«aver incarnato come uomo e come cristiano la frase da lui tanto amata e così spesso ripetuta come testamento di Papa Giovanni e che oggi noi consideriamo anche preziosa eredità della sua vita: "Per fare il cristiano bisogna pensare in grande e guardare alto e lontano"».
Sempre da Bergamo, non è mancato il commosso ricordo della fondazione che Capovilla ha fortemente voluto in ricordo di Roncalli. Il direttore don Ezio Bolis, ricordando le parole di monsignor Andrea Spada, ha messo in rilievo soprattutto «il ruolo fondamentale nell'aver reso Giovanni XXIII tanto amato e anche ben conosciuto, in tutto il mondo, nella sua santità». Per Bolis «non ci sono parole più efficaci per esprimere il prezioso contributo che il cardinal Loris Francesco Capovilla ha reso alla Chiesa e al mondo» custodendo fedelmente la memoria di Roncalli, «sempre pronto a dispensare perle preziose di quel tesoro di sapienza umana ed evangelica».
Anche il patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, ha espresso il dolore di tutta la sua gente per la morte di «un sacerdote veneziano che ha fatto della sua vita un dialogo fraterno, sereno, intelligente con ogni persona che il Signore poneva sulla sua strada, guardando sempre a ciò che univa e tralasciando ciò che, in qualche modo, poteva dividere». In questa prospettiva il cammino ecumenico, ha ricordato il patriarca, «per lui fu espressione di un intimo modo di guardare le persone, la fede e la storia della Chiesa». E «Venezia, come città e come Chiesa, è sempre rimasta ben presente nel suo cuore, fino alla fine, e di tantissimi sacerdoti e laici manteneva un continuo e vivissimo ricordo».
Monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, ha ricordato l'esperienza episcopale di Capovilla nella diocesi abruzzese tra il 1967 e il 1971. È stato «un pastore amatissimo» - ha affermato - che ha lasciato «un vivissimo ricordo del suo ministero fedele, coraggioso, aperto e generoso» e del «suo sguardo sempre pronto a cogliere i segni dello Spirito e le attese più autentiche degli uomini».
Da Loreto, l'arcivescovo prelato Giovanni Tonucci ha voluto ricordare i diciassette anni vissuti da Capovilla presso il santuario mariano: «Ancora in questi ultimi mesi ricordava nomi e persone di Loreto, facendosi presente in ricorrenze particolari».
Anche la comunità di Sant'Egidio ricorda «con affetto» il cardinale che - si legge in una nota - ha tenuto viva «la memoria di Giovanni XXIII e della primavera della Chiesa che è stata il concilio Vaticano II, rimanendo giovane nello spirito e conservandone l'apertura e la simpatia». L'amicizia si era ancor più rinsaldata quando gli venne assegnato il titolo cardinalizio di Santa Maria in Trastevere, di cui prese possesso per procura inviando al parroco una lettera per parlare della «povera gente».
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