| 25 Octobre 2011 |
SE BENEDETTO XVI MARCIA PER LA PACE |
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Faceva molto freddo ad Assisi, il 27 ottobre del 1986, e la guerra nucleare sembrava nuovamente vicina. Ma Giovanni Paolo II, convocando i leaders delle religioni mondiali nella città di S, Francesco a pregare per la pace, sorprese il mondo e accese grandi speranze. L’immagine di vescovi protestanti e patriarchi ortodossi, rabbini e imam, buddisti e induisti, gli uni accanto agli altri, sembrò trasformare la pace da improbabile risultato di difficili negoziati in esperienza immediata e accessibile a tutti. A molti non piacque che il bianco del papa si mischiasse ai colori variopinti dei leaders religiosi e si disse che Joseph Ratzinger, allora alla guida del S. Uffizio, non approvasse quell’incontro, nutrendo severe riserve teologiche. Ma Benedetto XVI ha scelto di ricordare solennemente, a venticinque anni di distanza, quel “gesto storico”. E anche il card. Bertone ha ribadito sull’“Osservatore romano” che questa “Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo” è stata indetta proprio “per fare memoria dell’evento del 1986”, inizio di “un’epoca nuova nei rapporti tra uomini di religioni diverse”. La decisione di Benedetto XVI ha suscitato perciò grande sorpresa, ma il suo pellegrinaggio ad Assisi parla di per sé e smentisce molte interpretazioni.
Non è la prima volta che Benedetto XVI smentisce i suoi interpreti, come ha osservato recentemente Eugenio Scalfari notando l’influenza del Concilio su questo pontificato. Sul terreno della pace e del rapporto con le altre religioni, Benedetto XVI ha scelto di seguire il suo predecessore, a cui, nel giorno della sua elezione il 16 ottobre 1978, il card. Wyszyński affidò il compito di portare la Chiesa nel terzo millennio. Karol Wojtyla lo ha fatto, assumendo in modo prioritario l’impegno per la pace, cuore di quella che Giancarlo Zizola ha chiamato “l’utopia di papa Giovanni”, e portandolo dentro un XXI secolo segnato da terrorismo, guerre preventive, violenza diffusa. Dopo il 1986, si disse che quell’incontro sarebbe rimasto unico, ma lo stesso Giovanni Paolo II parlò di uno “spirito di Assisi” che doveva continuare a diffondersi e il suo successore ha mostrato di credere alla necessità di proseguire un comune cammino delle religioni per la pace.
Indubbiamente, negli ultimi venticinque anni molte cose sono cambiate. Nel 2011 si è celebrato il decimo anniversario dell’attentato alle Torri Gemelle, ma è stato anche l’anno della primavera araba. La morte di Bin Laden ha chiuso simbolicamente una stagione in cui l’Occidente si è contrapposto con la forza al mondo islamico, percepito senza distinzioni come un pericoloso nemico, dall’Iraq di Saddam Hussein all’Afghanistan dei talebani, fino alle periferie delle città europee. E la fine di Gheddafi ha rivelato la volontà di abbandonare una politica di sostegno a dittature che disprezzano i diritti umani ma difendono gli interessi occidentali. L’attuale situazione del mondo arabo è indubbiamente confusa ed emergono problemi preoccupanti, ma è iniziato un processo di differenziazione interna al mondo islamico, a lungo auspicato senza successo, che riveste un’importanza storica. Sia l’uccisione di Bin Laden sia quella di Gheddafi sono stati atti di guerra, ma la primavera araba non sarebbe iniziata senza un gesto di pace: la forte apertura verso i popoli arabi e musulmani manifestata da Obama nel discorso del Cairo del 4 giugno 2009.
Non a caso, per Benedetto XVI oggi la questione della pace è collegata a quella della convivenza tra uomini e donne di culture, di nazionalità e di religioni diverse. “Tale vivere insieme, che un tempo poteva rimanere confinato ad una regione, oggi non può che essere vissuto a livello universale. Il soggetto del convivere è oggi l’umanità tutta intera. Dobbiamo imparare a vivere non gli uni accanto agli altri, ma gli uni con gli altri”, ha scritto in occasione dell’incontro interreligioso per la pace organizzata a Monaco l’11 settembre scorso dalla Comunità di Sant’Egidio. La logica dello scontro di civiltà, dominante nel cupo decennio alle nostre spalle, si è rivelata tragicamente fallimentare. Ritrovandosi ad Assisi, le religioni manifestano una comune volontà di dissociarsi da questa logica e indicano nella convivenza la strada per il prossimo decennio.
Agostino Giovagnoli
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