Trentatre «panel» (tavole rotonde) con 250 interventi di 400 relatori provenienti da 60 Paesi. Oltre diecimila partecipanti, cinquemila solo per l'assemblea di apertura, domenica scorsa, all'Auditorium Conciliazione. E il bilancio numerico del XXVII Incontro internazionale per la pace, «Il coraggio della speranza. Religioni e culture in dialogo», organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio e conclusosi martedì. I frutti spirituali dell'Incontro sono invece tutti nell'«Appello di pace 2013», consegnato a 48 bambini, simbolo delle nuove generazioni, contenente l'impegno dei rappresentanti delle religioni del mondo a non «utilizzare la religione per la violenza», a respingere «il terrorismo religioso», poiché «utilizzare il nome di Dio per uccidere è blasfemo.
Il terrorismo religioso nega in radice la religione». «Dopo 27 anni - ha detto Andrea Riccardi, fondatore di Sant'Egidio, tracciando un bilancio della tre giorni romana - le religioni hanno trovato un alfabeto comune del dialogo. Proprio come la preghiera per la Siria in Piazza San Pietro con Papa Francesco, abbiamo dimostrato che l'uomo non è solo un animale economico, ma è in atto una rivolta dello spirito. Forse le parole non bastano a fermare il terrorismo, ma possiamo dire che le armi bastino? Questi convegni hanno messo al centro l'ascolto dell'altro. Ascoltare l'esponente di un'altra religione può essere noioso, richiede pazienza. Il terrorismo si nutre infatti di una comunicazione "spettacolo", mentre il nostro ha voluto essere un esempio di spettacolo del dialogo e dell'ascolto». Proprio dall'ascolto dell'esigenze dell'altro aveva preso inizio, domenica scorsa, il XXVII Incontro per la pace.
Nel corso della celebrazione eucaristica nella basilica di San Paolo, cui hanno partecipato rappresentanti di Chiese ortodosse e protestanti, il cardinale vicario Agostino Vallini, durante l'omelia a commento della parabola del "povero Lazzaro", aveva individuato la cifra del cristiano nella sollecitudine verso l'altro. «Il cristiano si fa compagno di strada delle persone che gli vivono accanto, ne ascolta le domande, comprende le ansie e le sofferenze, è solidale con quanti sono nel bisogno e nelle necessità. Amare il fratello significa prendersi cura di lui, condividere ciò che si ha, alleviarne le sofferenze». L'Incontro 2013 consegna al mondo anche il primo testo sulla pace di Papa Francesco: lo ha pronunciato lunedì, ricevendo in udienza i circa 400 leader religiosi ed esponenti del mondo politico e della cultura che hanno animato la tre giorni di Sant'Egidio. «Diciamo con forza che non può esservi alcuna giustificazione religiosa alla violenza, in qualsiasi modo essa si manifesti. Non possiamo lasciare che il terrorismo imprigioni il cuore di pochi violenti per seminare dolore e morte a tanti.
Un leader religioso è sempre uomo di pace, perché il comandamento della pace è inscritto nel profondo delle tradizioni religiose che rappresentiamo. Ma che cosa possiamo fare? Il vostro incontrarvi ogni anno ci suggerisce la strada: il coraggio del dialogo, che dà speranza». L'ultimo fotogramma del XXVII Incontro internazionale mostra i rappresentanti delle religioni del mondo - un centinaio di fede cristiana, 20 religiosi buddisti, 20 musulmani, 10 rappresentanti delle religioni indiane, 8 kyo, 4 sikh e 15 ebrei - tutti raccolti martedì sera nell'abbraccio della piazza del Campidoglio dopo aver pregato per la pace, come ad Assisi, 27 anni fa. Dalle mani di Roma il «testimone del dialogo» passa alla città belga di Anversa, dove, nel settembre 2014, si svolgerà il XXVIII Incontro internazionale. «Vogliamo responsabilizzare l'Europa - ha detto infine il fondatore di Sant'Egidio - sul tema della guerra e ricordare che quando in Europa ci si combatteva, la guerra diventava mondiale».
Tradizione dall'86
li Incontri internazionali interreligiosi sono iniziati alla metà degli anni Ottanta grazie alla Comunità di Sant'Egidio con lo scopo di promuovere la conoscenza reciproca e il dialogo tra le religioni, nell'orizzonte della pace. La Comunità fondata da Andrea Riccardi ha continuato a vivere lo spirito della Giornata mondiale di preghiera di Assisi, convocata da Giovanni Paolo II nel 1986, raccogliendo l'invito finale del Papa in quello storico incontro: «Continuiamo a diffondere il messaggio della pace e a vivere lo spirito di Assisi». Da allora la Comunità ha promosso un vero e proprio pellegrinaggio di pace, che ha fatto sosta, d'anno in anno, in diverse città europee e mediterranee.
«Utilizzare il nome di Dio per uccidere è blasfemo»
«Ci vuole il coraggio della speranza... Le religioni ne conoscono il segreto, vissuto da milioni di credenti... Con la forza delle nostre religioni, dichiariamo il nostro impegno per la pace. Diciamo a tutti: nessuno può utilizzare la religione per la violenza. Solennemente respingiamo il terrorismo religioso: utilizzare il nome di Dio per uccidere è blasfemo. Il terrorismo religioso nega in radice la religione. La storia ce lo ha insegnato: dall'odio nasce odio. Guerra chiama guerra. Troppi conflitti sono stati lasciati incancrenire! Non può restare inascoltato il grido di dolore di tante vittime innocenti. La guerra si vince solo con la pace. Un movimento mondiale per la pace: di questo c'è bisogno! Niente è impossibile se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera. Niente è impossibile se pratichiamo il dialogo. Preghiera e dialogo crescono o deperiscono insieme. Noi, uomini e donne di religioni diverse, da Roma, vogliamo impegnarci a far crescere questo grande movimento per la pace». (dall'Appello per la pace rivolto martedì sera - IL TESTO INTEGRALE DELL'APPELLO DI PACE).