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6 Juli 2014

L'ex ministro Riccardi: «Ripensare le frontiere del vecchio continente»

La maggior parte di chi approda sulle nostre coste è composta da rifugiati. Ma c'è una soluzione anche pergli immigrati economici

 
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«Il Governo Renzi ha già mostrato una certa capacità di mediazione in sede europea, puntando  soprattutto sull'esigenza di flessibilità nel considerare i conti pubblici. Io credo che questa capacità vada utilizzata anche per l'immigrazione». 

Come ministro per la Cooperazione  internazionale e l'immigrazione nel Governo Monti, il fondatore della Comunità di Sant'Egidio Andrea Riccardi ha maturato ancora di più la sua visione sulla frontiera Sud dell'Europa. E proprio mentre il neopresidente della Commissione Ue Junker ipotizza un Commissario per l'immigrazione, al premier Renzi Riccardi ha qualche consiglio da dare: «Si deve uscire dall'angusta prospettiva del chiudere e aprire le frontiere. È necessario fare degli immigrati  e dei rifugiati una opportunità di crescita economica, civile, culturale». 

I problemi più cruciali e tragici dell'immigrazione però sembrano ricadere tutti sulle spalle dell'Italia, che ha approntato l'operazione Mare Nostrum nel totale disinteresse di Bruxelles, a parte qualche predica del ministro degli Affari interni Cecilia Malmström.
«Dietro l'operazione Mare Nostrum esiste un contesto europeo, quasi sempre ignorato. Ma perché i rifugiati politici africani non possono presentare regolare domanda per emigrare, anziché rischiare la vita a bordo di un barcone? Perché non possono recarsi in appositi uffici in Sudan o in Egitto e poi imbarcarsi regolarmente su un aereo?». 
Resta il fatto che l'Italia è stata lasciata sola in quest'operazione. 
«L'operazione Mare Nostrum è un'operazione meritoria che ci fa onore, perché salva decine di migliaia di vite umane. Ma l'Italia è una frontiera europea e il problema va risolto attraverso lo sforzo comune di tutta l'Europa. Lo ripeto, i rifugiati hanno diritto di essere accolti. Non si tratta di immigrati economici. Vengono dalla Siria, dall'Eritrea, dall'Etiopia, e ora anche dall'Iraq. Sono in fuga dalla guerra e dalle persecuzioni. Di fronte alla crisi siriana c'è una grande indifferenza da parte dell'Europa e dei suoi vertici».

Ma noi italiani possiamo costringere l'Unione a cambiare verso ora che abbiamo assunto la guida dell'Europa?
O il nostro è un ruolo puramente 
rappresentativo? «Io credo che l'Italia possa cambiare l'Europa. Il problema è che quando abbiamo richiesto l'aiuto dell'Europa per risolvere la questione degli sbarchi sul Canale di Sicilia lo abbiamo fatto in modo molto lamentoso. Qui si tratta di concepire un disegno europeo, una politica comune, far capire quali sono i confini di un consorzio politico e sociale che si chiama Europa, provocare una crescita di coscienza europea tra i popoli del vecchio continente».

Nel suo discorso al Parlamento di Strasburgo Renzi parla del sogno di realizzare gli Stati Uniti d'Europa. Nel  clima di scetticismo imperante è solo una dichiarazione di intenti?
«Nel contesto europeo Renzi ha segnato una posizione importante, che dovrà riflettersi anche nella gestione dei flussi migratori. Come ex ministro della Cooperazione economica con delega all'immigrazione nel Governo di Mario Monti rivendico un cambiamento. La strada a un approccio politico e culturale diverso l'abbiamo aperta noi. Prima del mio ministero pareva che l'Italia dovesse essere invasa. Oggi, anche dopo l'azione del Governo Letta, il premier Renzi parla dell'immigrazione in maniera responsabile e intelligente».

Il Frontex, ovvero l'Agenzia europea per la gestione dei flussi migratori e del pattugliamento delle frontiere dell'Europa, ha sede a Varsavia. Dalla Polonia il Canale di Sicilia non si vede. Non è un'assurdità?
«Effettivamente quella della sede del Frontex non è una collocazione geniale. Bisogna ripensare il discorso dei rifugiati anche parallelamente alla politica estera europea. Bisogna pure guardare alla crisi libica. La Libia è un punto di passaggio importante. Anche in Libano  ogni mille immigrati ci sono 180 rifugiati dell'Iraq. L'Europa deve essere un soggetto importante in quell'area».

I flussi migratori non riguardano solo i rifugiati. Quali politiche dobbiamo adottare per gestire l'immigrazione di chi sbarca in Europa in cerca di fortuna e di lavoro?
«Per l'immigrazione economica è importante una politica di cooperazione con i Paesi africani. Dobbiamo arrivare a spiegare ai giovani di questi Paesi che emigrare non è sempre la soluzione dei loro problemi, che il loro futuro può essere nel loro Paese. Sul piano pratico questo può avvenire attraverso la cooperazione economica, l'istituzione di centri di formazione professionale e agenzie di sviluppo sul posto». 


 Francesco Anfossi 


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