La crisi degli anziani non è un portato recente, ma è certo che la fragilità delle condizioni generali che dovrebbero rendere più serena la loro vita si è riacutizzata. Eppure gli anziani sono i veri «ammortizzatori sociali» per figli che possono ancora confidare sul loro aiuto, talvolta in termini economici, più spesso nel sostegno alla crescita dei nipoti. Il loro aiuto è prezioso e decisivo. Lo è stato quando, da giovani, hanno partecipato alla ricostruzione del Paese. Lo è oggi quando attraverso di loro si riscopre il valore e il senso della famiglia come abbraccio di generazioni che tenacemente resiste all’assalto, più o meno dichiarato, di un forte individualismo.
È sorprendente la dignità degli anziani, spesso eroica, nell’affrontare la crisi economica. Fatto sta che gli anni dei conflitti preventivi e delle borse dell’illusione avrebbero prodotto danni ancora più gravi se a bussare alla porta dell’aiuto non avesse risposto, in tante situazioni personali, proprio un anziano. È questa una faccia della medaglia, presa spesso a martellate. Il rovescio presenta invece l’immagine di un esodo al quale, dagli anni Settanta, gli anziani sono stati come convogliati quando non sapevano chiedere aiuto dopo essersi ammalati o dopo essere rimasti soli: verso gli istituti. Il dato toscano di quattordicimila anziani in istituto (oltre 4 mila nel solo territorio fiorentino) dice tanto di quest’esodo. Ai numeri bisogna affiancare anche le risposte che si sono cercate.
La cultura dell’assistenza domiciliare, infatti, si impone come qualcosa di ineludibile quando si parla degli anziani e, ancora di più, quando si mettono in campo azioni che restituiscono, nella protezione dell’età più lunga, lo spessore integrale di essere uomo e donna, con un nome e un cognome. Anche chi, per mille motivi, è in istituto deve beneficiarne, per un modo dignitoso di vivere in un luogo che spesso non si presenta come una casa. Da ripristinare, assolutamente, il contributo badanti perché si possa restare a casa in modo dignitoso e non, come spiegò Mario Luzi in un incontro con la Comunità di Sant’Egidio, sopravvivere in situazioni difettive d’amore.
La festa di Sant’Abramo, che chiama nella Basilica della Santissima Annunziata gli anziani degli istituti e quelli che vivono a casa, e con loro operatori, familiari e amici, torna a Firenze il 6 ottobre alle ore 16, su iniziativa della Comunità di Sant’Egidio. Già 16 istituti hanno garantito la presenza di anziani alla festa. È una liturgia, un momento di incoraggiamento e al tempo stesso di cambiamento per tutti e tutti sono invitati: gli anziani, ciascuno per quello che può secondo le proprie energie, devono essere aiutati o aiutare a uscire da sé, come quel patriarca che parte per una terra sconosciuta quando è quasi centenario e oggi richiama ad unità cristiani, ebrei e musulmani, le famiglie abramitiche per l’appunto.
Abramo viene raffigurato mentre porta nel suo grembo dei bambini. Non di rado questo accade nelle nostre città, quando un Abramo o una Sara supplisce all’assenza o alla difficoltà degli affetti e del lavoro. Ma anche la preghiera degli anziani porta in sé quei bambini come immagine e sostanza del futuro del mondo.
Per informazioni sulla Festa di Sant’Abramo: tel. 055.234.27.12.