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19 Giugno 2014

L’appello del Papa per aiutare sempre i poveri e i derelitti

 
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La visita che Papa Francesco ha compiuto alla Comunità di Sant’Egidio domenica 15 giugno ha suscitato un’importante eco, ben oltre l’antico quartiere di Trastevere, dove la Comunità ha il suo centro, per quanto presente in Italia, anche a Padova, e in 70 Paesi del mondo.

È stata una visita di preghiera e amicizia, rivolta soprattutto all’incontro con i poveri, che nell’impegno quotidiano di Sant’Egidio sono amici e familiari. Papa Francesco si è soffermato a lungo con i poveri, li ha ascoltati, ha avuto per loro attenzioni e gesti di grande tenerezza. Insieme alle parole che ha rivolto a Sant’Egidio, essi offrono una lettura chiara del nostro tempo e propongono una visione sul futuro del nostro Paese e dell’Europa.

Incoraggiando la Comunità a continuare a camminare sulla strada della preghiera, dei poveri e della pace, il Papa ha individuato nella compassione la vera rivoluzione da compiere nella società, “per far crescere l’amicizia al posto dei fantasmi dell’inimicizia e dell’indifferenza”. Chi è familiare dei poveri, ha detto nel suo saluto il fondatore della Comunità Andrea Riccardi, vuole un mondo diverso. E’ il sogno di vivere per e con gli altri, che si alimenta nell’ascolto del Vangelo. Papa Francesco si è commosso ascoltando la storia di Irma, un’anziana romana, salvata dalla solitudine grazie all’amicizia con i giovani. L’amicizia scardina la cultura dello “scarto”, che porta al disprezzo e all’abbandono di chi, secondo la mentalità del nostro tempo, non serve.

Ricorrente è stata nelle parole del Papa l’immagine dell’abbraccio, per descrivere il servizio di Sant’Egidio con i poveri: una famiglia in cui si confonde chi serve con chi è servito. È significativo che Bergoglio abbia una volta ancora sottolineato la centralità dell’alleanza tra le generazioni: ha detto «un popolo che non custodisce i suoi anziani, che non si prende cura dei suoi giovani, è un popolo senza futuro, un popolo senza speranza». È un messaggio rivolto a un’Europa stanca, introversa che va aiutata a ritrovare le proprie radici. Radici che affondano nella solidarietà, non una parolaccia, ha ricordato il Papa, ma una parola cristiana. L’Europa ha bisogno di ringiovanire. E il ringiovanimento è legato anche alla capacità di accogliere quanti, stranieri, giungono nel nostro continente dopo viaggi dolorosi e rischiosi. Il Papa li chiama “nuovi europei”. C’è grande lungimiranza in questa scelta. Esprime la convinzione della necessità di guardare allo straniero come un fratello da conoscere e da aiutare.

In tante parti del mondo è la guerra la madre di tutte le povertà. Per costruire la convivenza e la pace in tanti scenari, dal Mozambico sino, più di recente, alla regione del Mindanao nelle Filippine, la Comunità di Sant’Egidio ha sempre creduto con le sue attività quotidiane nella forza del dialogo, nella convinzione che “bisogna cercare quello che unisce e mettere da parte quello che divide”, come diceva San Giovanni XXIII. Il mondo soffoca senza dialogo. Non solo. Occorre la preghiera, occorre più preghiera: Papa Francesco lo ha ribadito ancora una volta con forza. Nel suo messaggio al termine della visita ha così concluso «la preghiera è l’arma che noi abbiamo per toccare il cuore di Dio, se noi preghiamo, lui ci ascolterà».