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8 Wrzesień 2016

Malawi. Al confine 4mila i profughi dal Mozambico

 
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A Luwani, al confine tra Malawi e Mozambico, sono accampati tra 2mila e 4mila rifugiati scappati dalla regione mozambicana dí Tete. Neanche l'Acnur, che gestisce il campo, ha una stima precisa delle presenze. È in una zona desertica, rotta da qualche baobab, accanto a un villaggio malawiano di un centinaio di abitanti, famoso per il carcere e perché isolato.
I primi rifugiati sono arrivati a gennaio, superando la cifra di 10mila ad aprile. Fuggono delle tensioni scoppiate un anno fa in Mozambico fra il partito di governo Frelimo e la Renamo, ovvero i protagonisti della guerra che si è conclusa nel '92. Raccontano che le loro case nella provincia di Tete, storicamente legata all'opposizione, sono state bruciate da filogovemativi perché sospettati di nascondere i rivali. Emanuel, scappato a piedi tre settimane fa, ricorda: «Stavamo mangiando; sono entrati, hanno ucciso e dato fuoco alla casa. Non ho più nulla».
Nei 160 ettari del campo, le condizioni sono drammatiche. Ulderico Maggi della Comunità di Sant'Egidio lo ha appena visitato: «I profughi lamentano cibo scarso, sospettano che quote vengano prelevate nei vari passaggi». Racconta una scena: «Un fuoco di tre legnetti scaldava in un barattolo di latta un po' d'acqua e un manciata di farina: l'unico pasto della giornata per cinque persone».
I bambini, che in parte riescono a frequentare la vicina scuola delle suore della famiglia gesuita, camminano scalzi tra spine lunghe 8 centimetri. «Le lacrime - continua - rigano i volti degli anziani: avevano già vissuto a Luwani, dove il campo era stato in funzione dal 1977 al 1992, durante la guérra civile in Mozambico, e poi definitivamente chiuso nel 2007».
All'interno c'è un presidio medico insufficiente, la mancanza di acqua potabile causa infezioni. L'unica protezione dal vento polveroso sono baracche di teli di plastica e pali di legno. «La barca è piena» è un concetto transcontinentale: in Malawi, più povero del Mozambico, è generalizzato il risentimento verso i profughi. Per contrastarlo, i giovani malawiani di Sant'Egidio distribuiscono aiuti ai rifugiati. A Luwaní è evidente che la guerra è la madre di tutte le povertà. Padre Angelo Romano di Sant'Egidio è uno dei due mediatori dell'Ue, coordinatrice dei negoziati iniziati a luglio. «Sul tavolo - dice - c'è una proposta di cessate il fuoco: auspichiamo che sia approvata nella prossima sessione del 12 settembre». Finora è stato raggiunto l'accordo di includere nella mediazione la decentralizzazione; la Renamo chiede infatti di governare le province dove ha un forte appoggio politico, ma l'istanza necessita di una forte riforma costituzionale.


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