I breve viaggio di papa Francesco a Lampedusa è stato denso di significato. Ha rappresentato in qualche modo il suo primo spostamento internazionale. Il Papa si è rivolto al grande Sud del mondo, ma ha anche parlato all'Europa. C'è un aspetto decisivo: il confronto con i disperati dei terribili viaggi attraverso il deserto e il mare. «Abbiamo la capacità di piangere i tanti che si perdono nel mare?», si è chiesto il Papa. È una domanda decisiva per la coscienza europea. In un mondo dove ormai si vede tutto (anche chi è lontano da noi), cresce una «globalizzazione dell'indifferenza», dice Francesco. Così si può vivere come se quei caduti in mare non ci riguardassero. Anzi chiedere che si alzino muri, anche se l'Italia di oggi ha perso una parte dei suoi immigrati (e non rischia di essere invasa da essi).
La coscienza di solidarietà - la compassione, nel senso profondo della parola - si è attenuata in questo ultimo decennio per la crisi economica, la mancanza di motivazioni forti, l'assuefazione al dolore altrui. È il grande immiserimento della nostra coscienza, che rappresenta la vera debolezza della nostra società e, alla fine, della stessa politica. L'incapacità di mettersi nei panni degli altri è l'espressione di un continente declinante. Il Papa pone all'Europa una domanda sul futuro. È il secondo aspetto decisivo del viaggio a Lampedusa. È una domanda rimasta non approfondita dai più, che pur sono stati positivi sul viaggio papale. Mentre altri (politici) hanno sentito il bisogno di spiegare, più o meno aspramente, come sia facile predicare, ma difficile governare. Il Papa sarebbe un emotivo, non qualcuno che ragione realisticamente sul drammatico problema dell'immigrazione che sì scarica sull'Italia e sull'Europa. Aprite la mente al cuore, si intitola un testo di Bergoglio.
Credo che bisogna aprire i ragionamenti sul presente e sul futuro alle ragioni del cuore: alzare lo sguardo al di là delle nostre frontiere, non solo quelle nazionali, ma dei piccoli mondi in cui si frammenta la nostra società. Bergoglio non ha intenzione di dettare legge sulle scelte della politica o di indicare una linea di condotta ai Governi. Parla alle menti e ai cuori. La sua parola, in una società libera, è per chi vuole accoglierla o riflettere su di essa. Ma la nostra società ha proprio bisogno di parole così, di sentimenti nuovi, di valori. Altrimenti la nostra libertà si svuota. Come sta avvenendo in Italia, con la grande disaffezione alla democrazia, manifestata dal non voto di troppi. Ci si ripiega disillusi e disinteressati su di sé. Avrei sperato che le parole del Papa a Lampedusa stimolassero una riflessione sulla nostra responsabilità nel mondo, e non fossero solo l'occasione di qualche bordata e di un po' di consenso estemporaneo. Ci troviamo di fronte a una crisi profonda del nostro Paese e del senso del vivere insieme. C'è bisogno di parole che risveglino alla speranza.