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Credere La Gioia della Fede

16 Junij 2016

Giubileo delle persone disabili. La vita è più bella se ci sono gli amici

Adriana Ciciliani è effetta da disabilità psichica fin dalla nascita. Ma la fede, l'amore e la fraternità rendono ricca la sua esistenza

 
verzija za tisk

«Devo dirlo: la vita è bella perché è piena di amici e per questo voglio innanzitutto ringraziare. Il dono più grande è avere degli amici e soprattutto avere Gesù per amico». Con questo spirito Adriana Ciciliani, 60 anni appena festeggiati, durante il Giubileo degli ammalati e delle persone disabili ha portato la propria testimonianza al convegno sulla catechesi per le persone con handicap organizzato dalla Cei. La incontriamo di ritorno da Messa: «La domenica è fatta per il Signore, mamma me l'ha insegnato fin da piccola. È il giorno più bello perché incontro Gesù, ascolto la sua Parola e ricevo la santa Comunione. Io non vedo l'ora che arrivi la domenica!».
UNA VITA A OSTACOLI
Appena nata, Adriana è stata in corna: i medici avevano detto che praticamente era senza tiroide, che sarebbe rimasta piccola, ma oggi è alta 1,75. «Papà aveva già un'altra famiglia», racconta con accento romano, «mamma mi ha fatto da madre e da padre». Abitavano in subaffitto a Trastevere: «Quando andava al lavoro, avevo una persona che mi guardava. Per un periodo dovette mettermi in istituto, ma mi riprese perché mi trattavano male. Ho fatto la scuola elementare fino a 14 anni: mi hanno mandata fuori perché ero diventata troppo grande». Sono gli anni in cui, nel quartiere popolare di Roma, i giovani della Comunità di Sant'Egidio iniziano a pregare in un ex convento. Adriana li conosce nel 1974: «Avevo visto che le suore erano andate via e poi ho visto entrare dei ragazzi. Io e mamma siamo entrate nella chiesa e da lì abbiamo cominciato a trovare degli amici: venivano a casa e mamma faceva la pizza, altre volte preparava i cannoli siciliani, oppure la torta quando era il mio compleanno. Venivano a cena, cantavamo o uscivamo per comprare le perline, o andavamo al mare a Nettuno». Passano i decenni ma per Adriana, ancora oggi, domenica vuol dire ospitare a pranzo gli amici di Sant'Egidio. Gli anni a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta sono quelli delle battaglie per il lavoro ai disabili: «Ho lottato tanto finché, dopo vari tirocini, sono stata assunta in un asilo nido del Comune. Quando ci hanno sfrattato dalla casa di Trastevere, sono andata con mamma ad abitare in periferia alle case popolari nel quartiere di Vigne Nuove». Nell'86 Adriana sposa Sergio, che muore nel 2001 per leucemia. La madre era mancata l'anno prima: «La mia vita, con grande fatica, aveva raggiunto un equilibrio, anche se debole, ma quando sono rimasta sola, credevo di morire. Non solo fisicamente, anche spiritualmente».
LA COMUNITÀ SEMPRE VICINA
La Comunità non l'ha mai abbandonata: «Il vuoto», racconta, «si è riempito piano piano, avendo gli amici attorno. Adesso dico che sono riuscita a superare quei momenti brutti». Oggi è contenta: «Nel 2009 mi sono risposata perché ho trovato la persona giusta, Fabrizio». Anche lui fa parte degli Amici, il movimento di disabili mentali legato a Sant'Egidio. «Il corso matrimoniale lo abbiamo fatto con don Matteo, che per noi è un fratello». Si tratta di monsignor Zuppi che, prima di diventare vescovo, era parroco di Santa Maria in Trastevere. Cristina, un'amica della Comunità, è divenuta amministratrice di sostegno e li aiuta nella gestione familiare, dalle bollette alle spese fondamentali. Adriana non ha problemi a parlare della sua disabilità: «Si vede, non si può nascondere. Nei Vangeli Gesù guarisce tanti malati. Anch'io ho varie difficoltà, sia fisiche che psichiche, ma in questi anni ho capito che la mia più grande malattia era la solitudine. Gesù mi ha guarita: siamo deboli, ma non siamo tristi o impauriti!». Nel 2014, quando Francesco ha visitato la Comunità a Trastevere, simbolicamente proprio Adriana è stata una delle persone che hanno preso la parola davanti a lui: «A Pentecoste», ha detto, «Gesù ci dona il suo Spirito. Oggi sono qui che vi parlo: pur nella mia debolezza, annuncio il Vangelo che ho ricevuto».
MISERICORDIA E SERVIZIO
In occasione del Giubileo, Adriana dice che «essere misericordiosi significa avere un cuore nuovo. Non essere ripiegati su di sé e i propri problemi: vale per tutti, disabili e non». Con gli Amici, Adriana e Fabrizio vivono l'impegno per i poveri. Dalla città al mondo: preparano i panini da distribuire ai senza fissa dimora, dipingono per finanziare la lotta all'Aids in Africa. Sì, Adriana espone quadri venduti per il progetto Dream: «L'arte», spiega, «dà la possibilità di tirare fuori da te quello che sei e non quello che sembri. E di comunicare; per esempio l'opera a cui sto lavorando lancia un messaggio forte: gli anziani devono essere aiutati a rimanere a casa propria, non ricoverati in istituto». Infine, vivere la misericordia vuol dire anche essere attenti all'attualità: gli Amici sono impegnati nell'accoglienza ai rifugiati dei corridoi umanitari, il progetto di Sant'Egidio che fa arrivare i profughi in Italia senza rischiare la vita. «Giovedì», conclude Adriana, «famo festa con loro a Serpentara».


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