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September 7 2015 16:30 | Orthodox Cathedral

Intervento di Tritan Shehu



Tritan Shehu


Intellectual and politician, Albania

E’ una gioia particolare essere riuniti in tanti oggi a Tirana, in migliaia giunti da ogni parte del mondo, per questa attivita’ annuale ispirata allo Spirito di Assisi ed organizzata dalla Comunita’ di S.Egidio, straordinaria per la sua importanza. Di fatto, questo incontro e’ ancora piu’ emozionante in quanto oggi ci troviamo qui a Tirana, dove un anno addietro, Papa Francesco ci ha onorato con la sua visita storica, ci ha reso orgogliosi per le parole che ci ha rivolto e piu’ coscienti per il ruolo che i popoli, seppure piccoli, possono svolgere attraverso messaggi di tolleranza e di fraternita’ che sono in grado di dare.

Proprio per tale ragione, vorrei iniziare questo mio intervento con alcune parole che il Santo Padre ci ha detto in occasione della sua visita:

“Quanto accade in Albania dimostra che la pacifica e fruttuosa convivenza tra persone e comunità appartenenti a religioni diverse è non solo auspicabile, ma concretamente possibile e praticabile. La pacifica convivenza tra le differenti comunità religiose, infatti, è un bene inestimabile per la pace e per lo sviluppo armonioso di un popolo. E’ un valore che va custodito e incrementato ogni giorno, con l’educazione al rispetto delle differenze e delle specifiche identità, aperte al dialogo ed alla collaborazione per il bene di tutti, con l’esercizio della conoscenza e della stima reciproca. È un dono questo che va sempre chiesto al Signore nella preghiera. Possa l’Albania proseguire sempre su questa strada, diventando per tanti Paesi un esempio a cui ispirarsi!”

E tutto cio’ e’ vero. L’Albania e’ uno dei paesi dove l’uso del vocabolario monoteista, sia questo musulmano, ortodosso o cattolico, si trasmette di bocca in bocca senza difficolta’, anche quando gli interlocutori appartengono a fedi differenti: un musulmano puo’ usare la parola “Dio” tanto frequentemente quanto un cattolico puo’ utilizzare il termine “Allah”, senza per questo creare fraintendimenti. 

Se si cammina nelle strade di Tirana, si puo’ ascoltare sia la voce del mufti proveniente dal minareto della moschea di Ethem Beu, sia i suoni delle campane delle cattedrali, quella cattolica di San Paolo e quella ortodossa della Resurrezione di Cristo. Mentre poco oltre, sulle belle colline di Tirana, si trova la grandiosa teqe dei Bektashi. A colui che qui giunge proveniendo da paesi con una maggioranza religiosa dominante, questo scontro di suoni  e di  simboli puo’ apparire una follia, quasi una bestemmia, in particolare dopo l’11 settembre. Fortunatamente per noi albanesi lo scontro dei simboli non e’ cosi tanto accentuato da condurre allo scontro tra le persone, che interpretano oppure considerano come elementi scontati i simboli stessi. E quei pochi criminali provenienti dalle nostre terre e collegati ai gruppi terroristi non possono sporcare il messaggio che noi trasmettiamo con la nostra radicata convivenza. In fondo, malfattori si trovano ovunque. Udiamo parlare di loro  per i loro crimini commessi nella Parigi cosmopolita, laddove i rappresentanti delle nostre religioni hanno portato insieme messaggi di pace e di convivenza. Per noi e’ come ci ha detto Papa Francesco all’Universita’ Cattolica del Buon Consiglio a Tirana: “La religione autentica e’ fonte di pace e non di violenza! Nessuno puo’ usare il nome di Dio per fare violenza! Uccidere in nome di Dio e’ un grande sacrilegio! Discriminare in nome di Dio non e’ umano”.

La tolleranza religiosa che caratterizza il nostro popolo si sostiene nel fatto che non c’e’ alcun  “vuoto” alla base di tale virtu’. Alla base c’e’ il dialogo, ovvero su di essa si costruisce il dialogo, quest’ultimo dinamico ed utilissimo per tutti gli altri passi volti a consolidarlo e a concretizzarlo. Qui vorrei citare cosa ha affermato papa Woytila: “La vera liberta’ religiosa evita le tentazioni dell’intolleranza e del settarismo e mette in luce gli atteggiamenti di rispetto e di dialogo costruttivo”.

Senza dubbio, una simile societa’ tollerante non  e’ stata costruita tanto facilmente. Sia come sia, nessuno puo’ essere tanto sicuro del fatto che essa continuera’ a restare sempre la stessa, essendo per di piu’ la societa’ globale tanto scossa, se non se ne comprendera’ chiaramente l’essenza e non si camminera’ con decisione verso il pieno consolidamento di un ambiente pacifico. In tal senso, occupa un posto essenziale proprio il dialogo interreligioso esplicito, fondato sugli interessi superiori del nostro paese e del nostro popolo, che rende le comunita’ religiose non semplicemente pacifici gruppi passivi, ma veri motori di convivenza, stabilita’ e benessere, di visione europea e occidentale.

In Albania esistono 4 importanti comunita’ religiose: musulmana, ortodossa, cattolica e i bektashi.

Nelle attuali condizioni di sviluppo del paese e a causa dell’emigrazione, le statistiche che si riferiscono alle religioni debbono essere prese con riserva. In primo luogo, perche’ nessuna di esse si riferisce al numero effettivo dei praticanti di ogni fede. In secondo luogo, perche’ per quel che riguarda l’appartenenza religiosa delle persone esiste una dinamica mutevole. Poi, perche’ far solamente riferimento ai nomi delle persone non e’ pertinente, in quanto non va dimenticato che in Albania i matrimoni tra coniugi di religione differente sono consueti. Pertanto, tale realta’ non e’ affatto statica. Vorrei dire che essa e’ un’ulteriore espressione di convivenza, di tolleranza e di qualcosa di ancor piu’ fondamentale che ci unisce, vale a dire, dell’essere albanesi.

Cio’ malgrado, questo non significa affatto che non esista un’identita’ propria delle comunita’ religiose. Essa esiste e su di essa, ovvero per mezzo di essa, e’ stato fondato il dialogo e la convivenza religiosa. Qui vorrei citare ancora una volta quanto detto da papa Francesco a Tirana:

“Vorrei inoltre sottolineare qualcosa che e’ restato come un fantasma: il relativismo, dire che tutto e’ relativo. In relazione a questo, dobbiamo aver sempre presente un principio chiaro:  non puoi dialogare se non parti dalla tua identita’. Senza identita’ non c’e’ dialogo. Sarebbe un dialogo fantasma, un dialogo in aria, non servirebbe a nulla. Ciascuno di noi ha la propria identita’ religiosa e ad essa deve essere fedele. Ma il Signore sa come condurre la storia. Ciascuno di noi deve partire dalla propria identita’, non far finta di averne un’altra, perche’ cio’ non serve ad alcuno, non aiuta e si chiama relativismo. Cio’ che ci unisce e’ la via della vita, e’ la volonta’ di partire dalla nostra identita’ per far del bene ai fratelli e alle sorelle. Fare del bene! Cosi, come fratelli, camminiamo insieme”.

Proprio tale dialogo, che si sostiene sull’identita’ religiosa, contribuisce a salvaguardare la nostra identita’ fondamentale, vale a dire, l’essere albanesi e la nostra aspirazione europea. Dunque, a prescindere dalle cifre relative alle comunita’ religiose e alle fedi di appartenenza, vorrei sottolineare che la piena aspirazione degli albanesi, del 97% di loro, e’ l’Europa, l’Occidente. Il nostro obbiettivo principale e’ fare parte dell’Unione Europea, ora che abbiamo portato a compimento l’entrata nella NATO. Questa e’ la realta’ albanese, la quale spiega che al di la dei rapporti numerici, la convivenza religiosa ed il dialogo interreligioso sono per noi una innegabile realta’ costruita su una visione concreta.

Come si e’ giunti fin qui? Gli albanesi hanno una lunga storia religiosa, fatta a volte di “tempeste”, le quali tuttavia non hanno distrutto la convivenza e la nostra comune identita’ in quanto albanesi.

Gli albanesi hanno abbracciato la loro prima fede cristiana con convinzione, molto prima di altri popoli. Cosi la fede cristiana per i nostri predecessori era un tutt’uno con l’essere autoctoni, poiche’ essa era una fede apostolica, giunta tra gli antichi illiri grazie alle parole degli apostoli. L’apostolo Paolo scrive intorno agli anni 42-49: “ Cosi da Gerusalemme e dintorni e fino in Illiria ho compiuto il servizio per la resurrezione di Cristo, sforzandomi di evangelizzare laddove il nome di Cristo non era conosciuto”. 

Secondo molti studiosi, in altri secoli l’Albania e’ stata ponte di continuo passaggio tra Oriente ed Occidente. In verita’, siamo stati alla periferia di tre imperi: quello romano, quello bizantino e quello ottomano. Noli e Konica affermano che gli albanesi che appartenevano alla chiesa cattolica erano gli unici cattolici dell’impero bizantino. Nella testa di ogni albanese e’ stampato che c’e’ una linea di Teodosio, la quale si manifesta anche oggi, e in ogni albanese coesistono l’oriente e l’occidente.

Vi e’ stato poi il lungo tempo dell’occupazione ottomana, il nostro allontanamento violento durato quasi cinque secoli dalla nostra famiglia naturale, quella europea.

In questo triste e buio tempo di dominazione, una gran parte degli albanesi si convertirono all’islam e questo accadde soprattutto nelle zone dell’Albania centrale, poiche’ interi territori delle montagne del nord e del sud rimasero quasi intatti, non essendo mai stati del tutto asserviti.

Allo stesso modo occorre poi ricordare che in Albania si trova il centro del bektashismo, religione che rappresenta un tentativo di avvicinamento tra l’islam, il cristianesimo e  l’occidente, ulteriore testimonianza della nostra tolleranza religiosa.

In seguito alla seconda guerra mondiale il nostro paese subi’ la disdetta di divenire parte dell’impero comunista, di conoscere una dittatura tra le piu’ criminali, di allontanarsi di nuovo dall’Occidente e di diventare l’unico paese ateo del mondo, costretto a questo anche dalla Costituzione.

Malgrado tali contraddizioni e una realta’cosi complessa, in Albania la religione e’ stata, in generale, un  alleato vitale, non solo per quel che riguarda l’amore per il paese,  ma anche per quel che si riferisce alla spinta verso l’Occidente.  La religione non e’ mai restata chiusa in se stessa , a mo’ di un tentativo di legittimare questa o quella dottrina religiosa, ma essa ha avuto un valore pragmaticamente misurabile: la sopravvivenza della nazione albanese e la nostra appartenenza all’Europa.

Per fare un esempio, il cattolicesimo ha aiutato la sopravvivenza nazionale fin dall’antichita’ romana, l’ortodossia lo ha fatto al tempo dei bizantini; l’islam ha poi svolto un suo ruolo di sostegno nel momento in cui l’Albania dovette fare fronte agli attacchi volti all’assimilazione.  E tutte e tre le religioni si trovarono insieme a combattere affinche’ l’Albania rinascesse nel 1912, staccandosi dall’impero ottomano e divenendo indipendente. L’indipendenza avrebbe portato in modo inevitabile sia l’allontanamento dall’Oriente, sia un nuovo legame con il nostro ambiente naturale, l’Europa. Le grandi personalita’ albanesi di quegli anni, appartenenti ad ogni credo religioso, erano coscienti di tale mutamento, per noi tanto essenziale ed etico.  I tentativi fatti dalla chiesa cattolica da persone quali Pal Engjelli, Gjon  Buzuku, Pjeter Budi, Mjeda, Gjergj Fishta, oppure quelli operati dalla chiesa ortodossa da uomini quali Papa Kristo Negovani, Petro Nini Luarasi, Grameno, Fan Noli, o ancora quelli della comunita’ bektashi con Hoxha Tahsim, i fratelli Frasheri, hanno portato lungo i secoli ad una profonda evoluzione morale e culturale. Tutti costoro rappresentano figure importantissime della cultura scritta albanese, elaboratori della lingua albanese espressa con caratteri latini. Non va dimenticato, inoltre, che due figure superiori della nostra storia sono state Giorgio Castriota Skenderbeg e la beata Madre Teresa.

Lo stesso scenario si e’ poi ripetuto nel 1990, anno della caduta del comunismo, quando la rinascita della democrazia e delle aspirazioni occidentali furono accompagnate dalla rinascita delle religioni.  Cristiani, musulmani e bektashi non solo si ritrovarono insieme nel movimento anticomunista, ma il clero di tutte le fedi organizzo’ le prime cerimonie religiose, riaprendo uno vicino all’altro i luoghi  di culto.

In modo estremamente chiaro durante questi 23 anni di democrazia, di nuovo insieme come peraltro e’ accaduto a Parigi, siamo andati avanti per raggiungere la nostra grande aspirazione, che non e’ solo il consolidamento del nostro stato democratico e laico, ma e’ anche la strada verso la famiglia europea.

Forse proprio tale formula, che mette insieme il patriottismo e l’appartenenza europea dell’Albania, e’  per noi albanesi alle radici del dialogo fruttuoso e della convivenza religiosa.

Ma cio’ non e’ tutto. In Albania le religioni sono concordi anche nel difendere qualcos’altro di prezioso: la famiglia. Per noi la famiglia e’ santa, e con questo termine ci riferiamo ai suoi valori poliedrici, partendo senza dubbio dal concetto fondamentale che e’ l’unione di un uomo e di una donna, nella speranza della progenie. Questo e’ senza dubbio un altro grande aspetto di unita’, che non solo facilita il dialogo interreligioso ma lo rende piu’ concreto.

Percorrendo la propria strada e seguendo l’istinto della sopravvivenza, gli albanesi possono trovare elementi in comune con quanto Papa Giovanni Paolo II ha affermato: “ Gli esseri umani ...fin dalla nascita, sono immersi in tradizioni che danno loro non soltanto una lingua ed una formazione culturale, ma anche una serie di verita’ nelle quali essi credono quasi istintivamente.  Cio’ malgrado, la crescita e la maturazione personale fa affermare che tali verita’ possono essere messe in dubbio e valutate attraverso un processo critico di verifica”.

E proprio attraverso tale processo di autoperfezionamento che gli albanesi provano a non rinchiudersi nell’omogeneita’ di essere definiti in una o in un’altra maniera ma, al contrario, tentano di essere aperti al  cambiamento, per accettarlo e per relazionarsi con esso.  Salvaguardando, tuttavia, sempre cio’ che hanno di piu’ prezioso, vale a dire, la loro identita’ come albanesi, come europei, i valori fondanti della loro societa’ e della famiglia, facendo di questi punti gli aspetti piu’ importanti del dialogo tra loro stessi. In questo tentativo gli albanesi, pur senza sapere cio’ di cui si e’ parlato al Concilio Vaticano Secondo, mettono quest’ultimo in pratica:

“La chiesa cattolica non rifiuta nulla di cio’ che e’ vero e santo nelle altre religioni. Essa saluta con sincero onore tali modi di comportamento e di vita, quelle regole e quegli insegnamenti che, seppure differenti in molti aspetti da quelli che essa ritiene e stabilisce, non di rado riflettono un raggio della verita’ che illumina tutti gli uomini”.

Ma non c’e’ soltanto questo. Gli albanesi, essendo stati gli unici al mondo a sperimentare il divieto costituzionale dell’esercizio religioso fin dal 1976, hanno vissuto come atei, fatto che aggiunge un’ulteriore dimensione al dibattito interreligioso.

Cosi per noi, le relazioni interreligiose non si riducono soltanto al dialogo tra le religioni monoteiste ma rendono possibile il dialogo religioso e quello non religioso esercitato tra credenti e atei. Cio’ rende ancor piu’ sostanziale lo spirito di comprensione; e in tal modo si stende la mano anche a colui che non crede in quanto ignaro della fede, essendo nato privo di essa e cresciuto nell’ateismo, oppure per consapevole scelta  divenuto tale.

Dunque, in Albania il dialogo e la comprensione interreligiosa sono fenomeni ampi ed essenziali. Deve essere fatto ogni sforzo per salvaguardare ed utilizzare tali prove in una regione cosi’ movimentata  come lo sono i Balcani. Ed oggi il mezzo piu’ sicuro per salvaguardare e sviluppare tale valore nel nostro paese e’ affrettare il processo, che oltre al sentimento nazionale, e’ stato e continua ad essere fondamento della nostra aspirazione, a prescindere dalla “antica linea di Teodosio” che oggi si chiama integrazione europea. E cio’ e’ stato confermato dalle parole di Papa Francesco durante il suo ritorno a Roma, in seguito alla grandiosa accoglienza che gli era stata riservata in Albania:

“L’Albania e’ un paese europeo. Per me questa e’ stata una sorpresa. L’Albania e’ un paese europeo, proprio per la cultura –cultura della convivenza-  e per la cultura storica che essa ha vissuto”.


 

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