Rettore Seminario Rabbinico Marshall T.Meyer, Argentina
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La politica non è la mera arte di organizzare e governare le masse; è principalmente e prioritariamente l'atto di stabilire i valori e gli ideali verso cui vengono guidate le persone.
La religione non è solo un'esperienza spirituale individuale, ma una visione omnicomprensiva e un insieme di credenze che ispirano le norme di comportamento che intere comunità condividono. Quando nel Pentateuco Dio parla ad Israele, vengono usate sia la forma grammaticale singolare che quella plurale. I dieci Comandamenti sono scritti al singolare: Dio si rivolge a ciascuno nella sua individualità. Ma d'altra parte, Dio provoca Israele ad essere collettivamente un popolo santo, un popolo di santi, e lì il precetto è al plurale: voi (tutti) dovete essere santi poiché Io, il Signore vostro Dio, sono santo.
La fede di un popolo ha un inizio individuale. L'esperienza spirituale di Abramo è stata trasmessa ad Isacco e da lui a Giacobbe. Dai figli di Giacobbe si è sviluppato un nuovo popolo: i figli d'Israele, che, come fecero i loro patriarchi, stabilirono anch'essi un'alleanza con Dio. Il cristianesimo ha avuto la sua origine in una persona molto speciale: Gesù, e l'Islam in un profeta: Maometto. I loro insegnamenti e la loro fede furono la base per la costituzione di iniziali comunità allo stato embrionale che, dopo un processo di espansione e proselitismo, vennero accettate da intere nazioni come religione ufficiale. In questo processo, la religione procede insieme alla politica, perchè chi è a capo di un popolo caratterizzato da una religione deve governare secondo i principi spirituali dati dalla sua tradizione religiosa ed interpretati dai sacerdoti, dai profeti, o da altre autorità religiose.
L'Illuminismo del XVIII secolo ha tentato di separare la religione dalla politica. Ma, come descrive Paul Johnson nel suo saggio Intellectuals[1],l'intelligentsia si è semplicemente assunta il ruolo del clero religioso. L'autorità è passata dalle mani dei preti tradizionali che predicavano in nome di Dio a quelle dei nuovi preti che predicavano in nome della ragione.
Secondo le parole stesse di Johnson:
Negli ultimi duecento anni l'influenza degli intellettuali è costantemente cresciuta. Davvero, il sorgere dell'intellettuale secolare è stato un fattore chiave nella creazione del mondo moderno. Visto nella prospettiva di lungo periodo della storia è per molti aspetti un fenomeno nuovo. È vero che nelle loro originarie vesti di preti, scribi e indovini, gli intellettuali hanno rivendicato di guidare le società fin dalle origini. Ma in quanto guardiani di culture ieratiche, sia primitive che evolute, le loro innovazioni morali e ideologiche erano limitate dai canoni di un'autorità esterna e dall'eredità della tradizione. Essi non erano, né potevano essere, spiriti liberi, avventurieri della mente.
Con il declino del potere clericale nel XVIII secolo, emerse un nuovo tipo di mentore a riempire il vuoto e catturare l’attenzione della società. L'intellettuale secolare poteva essere deista, scettico o ateo. Ma era pronto come qualsiasi pontefice o presbitero a dire all'umanità come condurre i propri affari. Proclamava, dal principio, una speciale devozione per gli interessi dell'umanità e un dovere evangelico di farla progredire mediante i suoi insegnamenti. Egli ha dato a questo compito autoattribuitosi un approccio molto più radicale dei suoi predecessori clericali. Non si sentiva legato a nessun corpus di religione rivelata. La saggezza collettiva del passato, l'eredità della tradizione, i codici prescrittivi dell'esperienza ancestrale esistevano per essere seguiti in modo selettivo o completamente rigettati, interamente secondo come decideva il suo buon senso. Per la prima volta nella storia umana, e con crescente fiducia e audacia, gli uomini giunsero ad asserire di poter diagnosticare i mali della società e curarli con il proprio solo intelletto: ancor più, di poter escogitare formule mediante le quali non solo la struttura della società ma i costumi fondamentali degli esseri umani potevano essere trasformati per il meglio. A differenza dei loro predecessori sacerdotali, non erano servi e interpreti degli dèi ma loro sostituti. Il loro eroe era Prometeo, che aveva rubato il fuoco celeste e lo aveva portato sulla terra.
Il XX secolo ha visto l'apparizione di nuove religioni secolari che sono derivate dalla "morte di Dio", per usare il famoso aforisma di Nietzsche. Il fascismo, il comunismo, e il nazismo nelle loro strutture politiche e ideologiche avevano elementi religiosi, come riti, simboli esoterici come la svastica, e tant'altro. Ma, dicendo le cose come stanno, dobbiamo affermare che i loro elementi religiosi, quando li analizziamo secondo la visione biblica, erano in realtà espressioni del paganesimo più abominevole. La politica e una qualche sorta di “nuova religione di Stato” si mischiano in essi. I loro leader erano governanti assolutisti che si consideravano nuovi profeti, o divinità viventi.
Come descritto da Gilles Kepel in La revanche de Dieu, la fine del XX secolo ha anche visto il ritorno di molti ebrei, cristiani, e musulmani alle loro fedi tradizionali. Non è stato, in molti casi, un ritorno a un’espressione dinamica o creativa delle vecchie tradizioni, ma piuttosto una loro manifestazione estrema e assolutistica.
In tutti questi casi i rinnovati movimenti religiosi hanno avuto ripercussioni politiche e hanno avuto un impatto sui processi politici in molte parti del mondo, nell'ovest come nell'est. Tutti gli attuali conflitti ancora in corso nel mondo hanno dimensioni religiose. Alcuni sono portati avanti da gente che fa appello a un linguaggio o a testi religiosi per legittimare la propria autorità. Questi leader, come i loro predecessori “laici” del XX secolo, ugualmente mescolano la politica e la religione. Non si considerano divinità, ma parlano in modo autoritario nel nome di Dio come persone che pretendono di rappresentare le verità di Dio e in questo modo assomigliano ai loro predecessori ideologici.
Da un certo punto di vista, questi sviluppi hanno mostrato che tutta la politica si basa su una qualche forma di fede, sia puramente spirituale o, al contrario, distruttiva e abominevole. In quest'ultimo caso, è diventato chiaro che la commistione tra religione e politica può essere molto pericolosa, snaturando entrambe e portando alla bigotteria e al fanatismo.
Permettetemi di tornare brevemente all'argomento dell'interpretazione biblica della religione e della guida religiosa. Il Pentateuco descriveva tre tipi di ruoli di governo nell'antico Israele. Il re esercitava il potere politico e decideva tutte le questioni di governo. I sacerdoti erano i guardiani della tradizione e delle sue norme. I profeti dialogavano con Dio e così fungevano da coscienza morale della società.
La religione nella Bibbia ha due sfaccettature: vuole preservare la tradizione mediante la trasmissione dei riti e dei comportamenti grazie ai quali i valori sacri mantengono la loro continuità da una generazione alla successiva. Ma c'è anche una dinamica profetica che costantemente analizza la salute spirituale della società e critica sia il potere politico che quello sacerdotale.
Quando la religione è un oggetto meramente dogmatico essa perde la sua essenza. In Deuteronomio 5,22, come in 1 Samuele 17,26.36; appare l'espressione Elo-him Hayim, che può essere tradotta “Dio della vita” o “il Dio vivente”. L'espressione appare anche nel libro di Geremia, quando il profeta dichiara: “Ma il Signore è il vero Dio; è il Dio vivente; il Re eterno” (10,10; cf. 23,36). Dal momento che Dio è un Dio vivente, dal punto di vista della Bibbia, Dio costantemente cerca un dialogo vitale con gli esseri umani.
Perciò, quando la preghiera è una mera ripetizione superficiale di parole e di atti, o quando la conoscenza diventa la recitazione meccanica di versi imparati a memoria, il Dio della vita è trasformato in un idolo statico e la vita religiosa in un culto pagano.
Per collegare queste considerazioni ai miei precedenti commenti sulle autorità politiche, credo che le figure politiche abbiano bisogno delle critiche dei grandi leader religiosi che dovrebbero fungere da coscienza dei leader politici. I leader religiosi devono agire come i sacerdoti storici e in qualche modo come gli antichi profeti d'Israele: portare la tradizione religiosa ad avere un'influenza sulle questioni attuali.
Per dirla chiaramente e senza ambiguità: la commistione del credo religioso, in qualsiasi sua forma, con la politica, trasformandola nell'unica e indiscutibile verità per governare un popolo o una nazione, è molto pericolosa. Gli ultimi tre secoli sono pieni di terribili atrocità che giustificano la mia affermazione. Qualsiasi società, come qualsiasi espressione di vita, ha le proprie dinamiche che, per essere sane, richedono una costante revisione ed analisi di quanto bene essa stia realizzando i propri grandi valori che la caratterizzano. Il ruolo dei leader religiosi è di partecipare in modo essenziale a questa revisione in quanto custodi della tradizione che cercano anche un vigoroso dialogo spirituale con il Dio vivente.
È utile qui menzionare un bell'articolo di Martin Buber in cui spiega in maniera magistrale il dinamismo del Dio vivente della Bibbia. Il suo titolo in ebraico è Neviei Sheker, I Falsi Profeti[2]. Dio, insegna Buber [partendo] dalle fonti bibliche, è sempre pronto ad interagire e rispondere in qualsiasi momento un essere umano si volga o torni a lui. Proprio come una persona umana vivente, un Dio vivente deve essere, in un certo senso, dinamico, perché la vita non è una cosa statica.
Questo ci riporta al dinamismo della profezia. Il rabbino Abraham Joshua Heschel, uno dei più ragguardevoli maestri spirituali per gli ebrei e i gentili dell'ultimo secolo, era profondamente affezionato all'idea che la profezia non è terminata con la generazione di Aggeo, Zaccaria e Malachia. Ha insistito sul fatto che la dimensione profetica che lega Dio alle persone continua a lavorare nella nostra realtà umana.
Anni fa, il mio primo contatto con l'allora arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, fu alle celebrazioni religiose per i due Giorni dell'Indipendenza che celebriamo in Argentina. Egli era solito esprimere aspre critiche contro la povertà e tutti i miserevoli aspetti della società argentina. Lo faceva di fronte al presidente, ai ministri e ad altri membri del governo. Io gli dicevo: lei parla una lingua profetica ma domani i giornali collocheranno tutte le sue parole in un contesto politico. L'allora arcivescovo ha sofferto più di una volta per la sua audacia spirituale, ma non ha mai cambiato il suo stile. Ha certamente imparato questa insistenza dai grandi profeti, che mai hanno trattenuto la loro voce.
Heschel, che ha sofferto sulla sua persona gli orrori del nazismo, sapeva che senza una religione viva, senza scintille di profezia, l'umanità continuerà a seguire dei circoli viziosi e le rappresentazioni perverse si succederanno una dopo l'altra - forse con diverse manifestazioni esterne, ma con lo stesso orrore e corruzione al loro interno.
Il mio maestro era uno dei più prossimi discepoli di Heschel. Da lui ho sviluppato una certa sensibilità ai valori di Heschel e sono stato attento ad essi nella mia personale esperienza spirituale. Sono cresciuto spiritualmente grazie agli atteggiamenti di fede profonda che ho visto nel comportamento della gente molto semplice che ho conosciuto durante la mia infanzia e adolescenza.
Ho visto questi stessi valori spirituali riflessi in Jorge Bergoglio, ed ora,in quanto papa Francesco, egli li trasmette in tutto il mondo mediante i suoi comportamenti e le sue parole. È il nostro comune modo di vedere il ruolo della politica e della religione, quello che impariamo dalle nostre Sacre Scritture, che crediamo necessario per portare l'umanità ad una realtà di pace.
NOTE
[1] HarperCollins e-books. La citazione si trova all'inizio del primo capitolo.
[2] Tra gli altri, è apparso in Darko Shel Mikra, Mosad Bialik, Gerusalemme, 5738, 1978, p. 118.
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