Corte Suprema, Pakistan
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Il tema di questo incontro internazionale "La pace è sempre possibile" da' un messaggio di speranza ma rivela anche che esiste un sentimento diffuso didisillusione. L'umanità desidera la pace ma le condizioni della vita quotidiana ci fanno dubitare. Sembra quasi un sogno irrealizzabile. Le guerre continuano e causano più distruzione che mai. La produzione di armi di distruzione di massa, la continua invenzione dei più letali armamenti, la gara tra le nazioni per l'acquisto di queste armi , a scapito del benessere e della lotta alla povertà e all' analfabetismo, dimostrano quanto sia diffusa la convinzione che la guerra sia un modo di soluzione dei conflitti e la panacea di ogni male. È un tempo difficile per far sentire la nostra invocazione di pace. La nostra voce può essere debole ma deve crescere. La situazione richiede anche un dialogo religioso e culturale perché le attuali ideologie del potere ci hanno fatto credere che il caos presente sia uno scontro di civiltà e che sia inevitabile.
Certamente era inevitabile in un contesto di nazionalismo e di stati nazione che negavano l'universalità dei valori etici e riducevano la moralità agli interessi nazionali. Lo si poteva prevedere osservando la globalizzazione trasformarsi in egemonia e il diritto internazionale in un'estensione delle leggi delle nazioni più potenti. La guerra e lo scontro sono un esito naturale quando i politici e gli strateghi scelgono di focalizzarsi sul conflitto nella progettazione delle politiche estere. Gli esseri umani vengono divisi in amici e avversari, alleati e nemici e trattati di conseguenza. Non è molto diverso dagli imperi medievali ispirati da simili ideologie. È anche simile a come i giuristi musulmani dividevano il mondo nella terra dell'Islam e nella terra degli infedeli.
Sì, la pace è possibile, ma solo se smettiamo di credere che la guerra sia la soluzione. Se smettiamo di sostenere ideologie egemoniche. Se smettiamo di costruire Imperi. Se smettiamo di giustificare attacchi preventivi in nome della nostra sicurezza. Se smettiamo di usare la guerra come uno strumento di modernizzazione e di cambio di regime. Il mondo ha sofferto per la distruzione della guerra, certamente molto di più negli ultimi tre secoli. È giunto il tempo del dialogo. Dobbiamo studiare la storia passata in maniera critica per impararne la lezione, non per giocare con le rivendicazioni reciproche. Non stigmatizziamo l'Islam o nessun'altra religione per la violenza. Non dimentichiamo che l'uomo moderno non ha imparato la lezione dalla distruzione della guerra.
Christopher Cocker sottolinea che:
"La guerra è stata un'esperienza centrale nel 20º secolo. Anche nella parola pace c'è il paradosso che pensiamo immediatamente alla guerra. Per Hegel e Clausewitz la guerra era lo strumento principale del cambiamento politico, il meccanismo fondamentale con il quale l'uomo poteva non essere più l'oggetto, ma il soggetto della storia. L'uomo occidentale del 20º secolo vedeva la guerra come il principale strumento di cambiamento."
La pace è possibile attraverso il dialogo ed è più efficace se le religioni e le culture sono esse stesse in pace. Esse sono i guardiani dei valori morali ed etici e predicano la loro universalità. Questo dialogo è fondamentale anche perché tante ideologie politiche fanno affidamento sulle religioni e sulle culture per raggiungere le masse.Questo dialogo sembra oggi problematico perché le religioni e le culture stesse sono accusate di intolleranza, violenza e terrorismo.
L'Islam è al centro delle critiche ma in effetti tutte le religioni e le culture hanno sofferto a causa delle violenti ideologie del fondamentalismo, dell'esclusivismo, dell'estremismo e del terrorismo. Non è possibile il dialogo continuando a sostenere queste ideologie violente. Fortunatamente, recenti studi hanno scoperto che questa non è la tendenza dominante, poiché la maggioranza crede nella moderazione, nel dialogo e nell'armonia tra le fedi. Non è corretto etichettare le voci moderate come occidentalizzate, difensive, apologetiche. Innanzitutto la moderazione è un principio basilare del Corano. In secondo luogo queste voci sono esistite in maniera continua dall'inizio dell'Islam. Terzo, la moderazione non è né occidentale né moderna o laica, è predicata da tutte le religioni antiche, medievali e moderne.
La continua concentrazione della critica laica e liberale e della fobia religiosa sulle ideologie violente come rappresentative della religione e della cultura trascura la voce dei moderati. Questa sarà invece rafforzata dal dialogo per la pace fra le religioni e le culture.
Colgo questa occasione per sostenere che l'Islam è stato partecipe del dialogo per la pace. Brevemente, l'insegnamento coranico sulla guerra si può riassumere in tre punti.
1. Primo, l'Islam ha eliminato gli elementi di violenza smodata sottomettendo la guerra alla Jihad e alla giustizia. L'Islam ha istituito il concetto di guerra controllata e limitata. Ha sostenuto che la guerra dovesse limitarsi solo alle persone che vi prendevano parte. I civili e i comuni cittadini non dovevano essere obiettivo della guerra.
2. In secondo luogo l'Islam ha proibito l'aggressione. I due principi di "conflitto limitato" e "non aggressione"furono prescritti dall'Islam per ridurre le atrocità della guerra.
3. Il terzo principio che emerge dagli insegnamenti coranici è che la guerra deve avere uno scopo. L'obiettivo della guerra è stabilire la pace. Dunque se il nemico, anche con l'inganno, si arrende, i musulmani sono obbligati a fare la pace, anche se stanno vincendo. Lasciatemi sottolineare il fatto che l'Islam non ha iniziato la guerra, né era essa il suo primo principio o obiettivo. La prima battaglia che i musulmani combatterono fu nel 624, dopo 15 anni di sofferenza per mano degli abitanti della Mecca. E anche allora, furono i Meccani ad attaccare i musulmani, i quali combatterono per difesa. Il Corano descrive perché ai musulmani fu permesso di combattere. A coloro contro cui è mossa guerra, è dato il permesso (di combattere), perché sono stati colpiti. E, in verità, Allah ha la potenza di soccorrerli. Essi sono coloro che sono stati scacciati dalle loro case senza colpa, solo perché dicevano "Allah è il nostro signore" (Corano, 22:39-40).Il Corano chiarisce che la guerra deve essere combattuta con giustizia."Oh voi che credete, siate testimoni sinceri davanti ad Allah, secondo giustizia. Non vi spinga all'iniquità l'odio per un certo popolo. Siate equi: l'equità è consona alla devozione.Temete Allah. Allah è ben informato su quello che fate." Il Corano inoltre chiarisce che la guerra non è l'obiettivo, è uno strumento di pace. "Se il nemico è incline alla pace, sii incline anche tu ad essa e riponi la tua fiducia in Allah. Egli è Colui che tutto ascolta e conosce. Se vogliono ingannarti, ti basti Allah. È Lui che ti ha soccorso con il Suo aiuto [e l'appoggio de]i credenti (Corano 8:61-62). La tregua di Hudaybiyya (628) ne è un esempio. Dopo 6 anni di guerre, i Musulmani giunsero alla Mecca in posizione di vantaggio. I Meccani chiesero una tregua di 10 anni. Maometto accettò la tregua anche se i termini erano umilianti per i musulmani. Il breve spazio che mi rimane non mi permette di entrare nei dettagli del dibattito tra i giuristi musulmani sull'insegnamento islamico riguardo la guerra giusta. Dibattiti simili erano in corso tra i teologi cristiani, i filosofi indù, i sapienti ebrei e i saggi buddisti. Tuttavia, il fatto che le guerre di espansione in nome della religione, Jihad e crociate, continuarono richiede un'analisi costruttiva. La giustificazione comune per queste guerre nel periodo medievale era che fossero una missione per la salvezza dell'umanità. La stessa giustificazione fu invocata poi per le guerre di conquista coloniale. Le domande che si pongono sono: è inevitabile la guerra per salvare l' umanità, l'illuminismo o la democrazia? Sono le armi di distruzione di massa necessarie per la guerra?
Concluderò riportando tre voci di Musulmani (Alusi, Masud e Zuhayli) contro la guerra e contro le armi che servono solo a distruzioni di massa. Il primo esempio è del 19.mo secolo. Shihabuddin Mahmud Alusi (m. 1853), muftì di Baghdad, mise in discussione l'uso delle armi da fuoco nella Jihad. Secondo lui era difficile giustificarlo alla luce della descrizione di armi legittime contenuta nel Corano (8: 60), poiché fucili e cannoni rendevano le frecce inutili.
"Poiché il loro carattere pirico è accettato come un male necessario, si spera che il fuoco sia un mezzo per entrare in paradiso. Tuttavia, il versetto coranico (al-Anfal, 60) non include questi ordigni."
Il secondo esempio è la nota discussione del giurista musulmano Wahbah Zuhayli (m. 2015) sulle armi nucleari. Il suo argomento è che per l'Islam la guerra è male in linea di principio; è permessa solo contro l' ingiustizia e il Kufr. Secondo la maggioranza dei giuristi Maliki, Hanafi e Hanbali la giustificazione per la guerra (Qital) non può essere la fede ma l' opporsi al l'aggressione e all'ingiustizia. Secondo lui le guerre moderne non possono essere giustificate come Jihad.
"La guerra moderna significa umiliazione, ingiustizia, barbarie, persecuzione e spietatezza. La dottrina della guerra totale professata oggi ha reso inutile ogni regola sulla guerra e privo di significato ogni valore umano. L'uso delle armi nucleari che è parte della dottrina della guerra totale implica distruzioni quali non si sono mai viste."
Questi esempi illustrano i messaggi di pace da sempre contenuti nell'Islam. Voci oggi soffocate dal fanatismo e dalle politiche egemoniche, nell'Islam e nel mondo. Abbiamo più che mai bisogno di un dialogo di religioni e di culture per riaffermare che la pace è sempre possibile.
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