Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, Santa Sede
|
Cos’è lo sviluppo?
I documenti più recenti delle Nazioni Unite sottolineano come lo sviluppo umano comprenda tutti gli aspetti del benessere degli individui, dalla loro salute fisica alla loro libertà economica e politica. Il Rapporto sullo Sviluppo Umano del 1966 pubblicato dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) sostiene che “lo sviluppo umano è il fine, la crescita economica un mezzo” . Inoltre, il Rapporto dell’UNDP del 1990 afferma che “le persone sono la vera ricchezza di una nazione. L’obiettivo principale dello sviluppo è quello di creare un ambiente che permetta alle persone di vivere a lungo, in salute e in maniera creativa. Questo potrebbe sembrare un verità semplice ma è spesso dimenticata quando ci si preoccupa di accumulare beni e ricchezza economica”.
Nel 1987 la Commissione Mondiale delle Nazioni Unite per l’Ambiente e lo Sviluppo ha rilevato che lo sviluppo può dirsi sostenibile se “risponde ai bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di rispondere ai propri bisogni” . Solo lo sviluppo capace di equilibrare aspetti economici, sociali e ambientali è dunque sostenibile a lungo termine. Al contrario, ignorare uno di questi aspetti può minacciare la crescita economica e anche l’intero processo di sviluppo . Più in là vedremo in che modo queste parole spesso corrispondono alla preoccupazione della Chiesa.
Cos’è l’umanesimo?
Prima di tutto dobbiamo dire che ci sono vari tipi di umanesimo: umanesimo letterario, filosofico o moderno, psicologia umanistica, umanesimo laico, umanesimo religioso. In generale, l’umanesimo si può definire come un sistema di pensiero o di azione che si concentra sull’uomo e sui suoi interessi, i suoi valori, le sue abilità, la sua dignità, oppure sulle qualità che ci rendono umani e quindi ci permettono di sviluppare appieno le nostre capacità umane. L’umanesimo è un approccio alla vita che si può trovare nel corso di tutta la storia umana e in molte culture diverse nel mondo. Ecclesia in Asia, il documento del papa Giovanni Paolo II che riassume le idee e le conclusioni del Sinodo Speciale per l’Asia tenutosi a Roma dal 18 aprile al 14 maggio 1998, afferma che “la caratteristica più sorprendente del continente è la varietà delle persone che sono “eredi di antiche culture, religioni e tradizioni” (EA n.6)
Il contesto culturale e religioso in Asia
L’Asia è anche la culla delle maggiori religioni e tradizioni spirituali mondiali – ebraismo, cristianesimo, Islam, induismo, buddismo, taoismo, confucianesimo, zoroastrismo, jainismo, sikhismo, scintoismo e le religioni tribali e tradizionali. La chiesa ha profondo rispetto per queste tradizioni e cerca di sviluppare un dialogo sincero con i loro seguaci. (cfr EA n.6). Le civiltà e le culture asiatiche si sono manifestate sotto forma di religione, filosofia, arte, riti, letteratura, tradizione orale (proverbi, canzoni, racconti, miti, poesia), architettura e così via, hanno plasmato la vita di milioni di persone nel corso di migliaia di anni. In Asia la religione sta alla base della cultura e per questo motivo spesso non la si può separare dalla cultura o dalla filosofia. La filosofia asiatica ha una visione religiosa, così come la religione in Asia esprime una filosofia della vita. Sono due facce della stessa medaglia. Ecclesia in Asia sottolinea che “i popoli asiatici sono conosciuti per il loro spirito di tolleranza religiosa e di coesistenza pacifica” (EA n.6).
Di conseguenza l’umanesimo asiatico si scopre meglio e si afferma non in uno spirito di conflitto e di opposizione, ma con uno spirito di complementarietà e di armonia. L’umanesimo in Asia è inclusivo e promuove l’armonia.
L’Asia oggi: la globalizzazione e i suoi aspetti patologici
Viviamo in un’epoca di globalizzazione, ma anche se ha portato enormi vantaggi nel mondo asiatico, il modo in cui si articola ora causa massicci problemi. In passato si pensava che la principale missione della globalizzazione fosse quella di integrare le parti in un tutto. Oggi tuttavia le parti stanno perdendo la loro identità socio-culturale, economica e politica; la globalizzazione ha prodotto disintegrazione piuttosto che integrazione. Il villaggio globale, una volta simbolo di integrazione, unità e armonia, ora denota differenza, differenziazione, demarcazione, discriminazione e dissonanza. “In termini di disparità rimaniamo parti e non un tutto. A livello del singolo siamo divisi. In termini di averi, siamo ricchi o indigenti … Sulla terra assistiamo alla tragica divisione dell’umanità in gruppi ostili. Terrorismo, settarismo, fanatismo, fondamentalismo e le loro terribili conseguenze, come l’intolleranza, hanno preso possesso di questo bel pianeta” . Per molti, la globalizzazione non ha portato quello sviluppo integrale che era stato promesso. Per questo motivo ci uniamo alla voce di papa Francesco quando afferma che: “Dobbiamo dire che vogliamo un sistema giusto… Noi non vogliamo questo sistema economico globalizzato, che ci fa tanto male! Al centro ci deve essere l’uomo e la donna, come Dio vuole, e non il denaro! (Incontro con il mondo del lavoro durante la Visita Pastorale a Cagliari, 22 settembre 2013), e: “Oggi dobbiamo dire “no a un’economia dell’esclusione e della inequità”. Questa economia uccide.” (Evangelii Gaudium n.53).
Inoltre, con la crescita del fondamentalismo religioso e della violenza, l’immagine dell’Asia multiculturale e multireligiosa, capace di accoglienza, apertura e di coesistenza pacifica, sta svanendo. Di recente le minoranze in particolare hanno sofferto una forte discriminazione e persecuzioni. La nascita del fondamentalismo è una risposta reazionaria al disordine del mondo. “La globalizzazione è stata accusata di fomentare nuove guerre di religione favorendo la nascita di movimenti pseudoreligiosi e la rinascita del fondamentalismo.” Forse si potrebbe obiettare che il fondamentalismo è al polo opposto rispetto alla globalizzazione. I sostenitori della globalizzazione avevano predetto che il ‘villaggio globale’ avrebbe posto fine al provincialismo e al nazionalismo. Al contrario, il fondamentalismo e il nazionalismo sono in crescita.
Un altro aspetto patologico della globalizzazione è quello che papa Francesco ha chiamato ‘globalizzazione dell’indifferenza’. “Quasi senza accorgercene, diventiamo incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri, non piangiamo più davanti al dramma degli altri né ci interessa curarci di loro” (Evangelii Gaudium, n. 54). La globalizzazione riduce la persona solo ai suoi bisogni, cioè al consumo. Papa Francesco afferma: “E peggio ancora, oggi l’essere umano è considerato egli stesso come un bene di consumo che si può usare e poi gettare. Abbiamo incominciato questa cultura dello scarto.” (Discorso ai nuovi ambasciatori di Kyrgyzstan, Antigua e Barbuda, Lussemburgo, Botswana accreditati presso la Santa Sede, 16 maggio 2013). La globalizzazione oggi quindi ha bisogno di riforme, poiché continua a produrre un’enorme quantità di male. Papa Benedetto XVI lo aveva espresso in questo modo: “Certamente occorre eliminare le cause strutturali legate al sistema di governo dell'economia mondiale, che destina la maggior parte delle risorse del pianeta a una minoranza della popolazione […] È necessario "convertire" il modello di sviluppo globale; lo richiedono ormai non solo lo scandalo della fame, ma anche le emergenze ambientali ed energetiche.”
Un nuovo umanesimo attraverso un triplice dialogo
Il mondo di oggi ha bisogno di cambiare profondamente stili di vita, modelli di produzione e di consumo. L’umanesimo cristiano nasce dall’esperienza che ogni persona è amata da Dio. Essendo stati rinnovati dall’amore di Dio, gli uomini e le donne cercano di cambiare i loro rapporti trasformando anche le strutture sociali. Dato che sono i comportamenti delle persone a ostacolare lo sviluppo integrale, il mondo non cambierà fintanto che non cambieranno le persone stesse. La Chiesa ha la missione di promuovere un nuovo umanesimo che sia pienamente cristiano e al contempo pienamente asiatico. La Chiesa asiatica cerca di compiere la propria missione attraverso un triplice dialogo: con le culture, con le religioni e con le persone, specialmente i più poveri: detto in altre parole, attraverso il dialogo interreligioso e interculturale e la liberazione. Questo triplice dialogo approfondisce la nostra visione dell’“altro” e di conseguenza ispira i cristiani a sostenere un umanesimo integrale e condiviso attraverso l’accettazione di una responsabilità comune.
La Federazione delle Conferenze Episcopali asiatiche afferma che sebbene le religioni non siano tutte uguali, esse collaborano e lavorano insieme per portare un nuovo umanesimo. Quindi, come compagni di pellegrinaggio, abbiamo la missione comune di accompagnare i popoli dell’Asia verso uno sviluppo integrale. L’insegnamento sociale cattolico propone la solidarietà del genere umano come una soluzione, poiché l’essere umano ha una vocazione naturale alla comunità. “Ma Dio non creò l'uomo lasciandolo solo […]. L'uomo, infatti, per sua intima natura è un essere sociale, e senza i rapporti con gli altri non può vivere né esplicare le sue doti.” (GS n.12) . Musulmani sunniti e leader cattolici, in una dichiarazione a conclusione di un convegno hanno osservato che il dialogo non basta per combattere l’estremismo religioso, ma è necessario anche promuovere lo sviluppo integrale.
La solidarietà della famiglia umana può contribuire a superare i mali locali e globali. Il Concilio Vaticano II afferma che “più radicalmente, i problemi sociali, economici, politici nascono dalla superbia e dall'egoismo umano, che pervertono” (cfr GS n.25). In questo modo si riconosce che il peccato strutturale è originato da un peccato personale. Papa Paolo VI, nell’Evangelii Nuntiandi (EN), ha trattato la nozione della riforma personale e del cambiamento strutturale come segue: “[….] Le migliori strutture e i sistemi più idealizzati diventano subito disumani se le inclinazioni disumane del cuore umano non vengono sanate, se quelli che vivono in queste strutture o che le dominano non fanno una conversione del cuore e di mentalità.” (EN n.36)
Come cristiani, crediamo che ciascuno di noi abbia una sua vocazione particolare e una missione da compiere. Da questo punto di vista, solidarietà tra gli uomini contro tutte le strutture che li sfruttano e li opprimono e contro i falsi valori significa fare la nostra parte nell’avvicinare il Regno di Dio nella società umana. “La costruzione di un giusto ordinamento sociale e statale, mediante il quale a ciascuno venga dato ciò che gli spetta, è un compito fondamentale che ogni generazione deve nuovamente affrontare.” (Deus Caritas Est n.28). Anche le altre religioni si oppongono a queste strutture sfruttatrici e egoistiche. Sì, oggigiorno è diventato difficile collaborare a causa della disumanizzazione dell’altro che si manifesta nel fondamentalismo religioso e nei conflitti tra diverse culture in Asia. L’era assiale è caratterizzata da cambiamenti radicali nei sistemi politici, filosofici e religiosi a livello mondiale. In maniera simile, le religioni oggi devono impegnarsi in una riflessione critica su se stesse e sul mondo.
Conclusioni
La tesi di questo intervento è che i conflitti che emergono in Asia sono causati dall’instabilità sociopolitica, culturale ed economica. I leader religiosi quindi hanno l’importante compito di collaborare per sradicare le cause che fanno nascere questi mali sociali. “Questa collaborazione interreligiosa deve anche occuparsi della lotta per eliminare la fame, la povertà, l’ignoranza, la persecuzione, la discriminazione e qualsiasi forma di schiavitù dello spirito umano.” Inoltre, la globalizzazione crea nuove opportunità e un nuovo bisogno di collaborare al servizio dell’umanità aiutando i poveri, i deboli e i bisognosi, promuovendo lo sviluppo, lottando per la giustizia, lavorando per la pace nel mondo. Così, lo sviluppo umano diviene non più una questione solo economica o sociale, quanto piuttosto un essenziale problema morale. Ogni uomo creato a immagine e somiglianza di Dio soffre per colpa dello sfruttamento, della manipolazione, della discriminazione e dell’esclusione generati da fattori locali e globali. Come comunità che testimonia il Cristo Crocifisso, la Chiesa deve stare dalla parte delle vittime, degli insoddisfatti e degli esclusi dalla globalizzazione. “Solo quando riconosciamo Gesù come vera vittima, come il subalterno crocifisso che viene rialzato da Dio, significato e salvezza diventano possibili” .
Di conseguenza la Chiesa mostra un amore preferenziale per i poveri e per chi non ha voce, perché il Signore si è identificato con loro in modo speciale. La solidarietà con i poveri porta le varie religioni e le persone di buona volontà a collaborare, poiché lo sviluppo integrale è una preoccupazione comune della famiglia umana universale. Infine, i frutti del vero dialogo portano all’unione tra le persone e all’unione di queste con la realtà ultima. Questo dialogo deve essere esteso alla promozione e alla difesa degli ideali comuni nella sfera sociale dello sviluppo, della libertà religiosa, della fratellanza umana, dell’istruzione, della cultura, della previdenza sociale e dell’ordine civico. Altrimenti, come ha detto il card. De Lubac, “L’uomo può organizzare la terra senza Dio. Tuttavia, senza Dio, la si può organizzare in ultima analisi solo perché giri in direzione opposta rispetto all’uomo”.
|