Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, Santa Sede
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Una delle ragioni per porre questa domanda provocatoria sta nella tragica realtà dell'aumento globale del fondamentalismo religioso e dell’aumento della violenza istigata dalla religione. Dato il legame tra religione e violenza, possiamo fare le seguenti osservazioni.
1. Esprimere dubbi sulla validità del dialogo: A causa dell'aumento della violenza religiosa, alcuni di coloro che praticano il dialogo si chiedono se il dialogo interreligioso abbia oggi ancora senso. Inoltre, alcuni altri vedono l'attuale nesso tra religione e violenza come un fallimento del dialogo. E ancora, molti sono scoraggiati perché vedono che il loro lavoro instancabile e faticoso ha prodotto molto pochi frutti.
2. Eliminare la religione per migliorare il mondo: Alcuni critici delle religioni sostengono che il mondo sarebbe un posto migliore senza religione. Christopher Hitchens, autore ateo di Dio non è Grande. Come la Religione avvelena ogni cosa, sostiene che la religione organizzata è violenta, irrazionale, intollerante, ed è alleata del razzismo, del tribalismo, e del bigottismo. Allo stesso modo, Clinton Richard Dawkins sostiene che se la religione fosse in qualche modo abolita, ci sarebbe una probabilità molto maggiore che non ci fossero più le guerre.
3. Recitare il Mea Culpa: non è esagerato dire che oggi nessuna religione è innocente nel promuovere o almeno nel chiudere un occhio alla violenza a causa delle sue affiliazioni politiche, etniche, razziali, di casta o tribali. Di fronte al fenomeno attuale delle migrazioni, alcuni affermano che la crisi dei rifugiati è il risultato delle nostre guerre e dei nostri affari.
La comprensione cristiana del dialogo interreligioso
Abbiamo ancora bisogno del dialogo? Per noi cristiani, la risposta dipende dalla comprensione cristiana della missione e del dialogo. Il termine "missione" presuppone un mittente, un inviato, un messaggio e l'autorevolezza per annuanciarlo. Gesù dice che "Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato" (Mt 10,40; Mc 9:37; Lc 9,48). Gesù presenta il Padre come il mittente (Lc 2,49). Gesù stesso è stato l'inviato e fedelmente compie la missione affidatagli dal Padre. I dodici sono stati chiamati esplicitamente con lo scopo di essere preparati alla missione (Mt 4, 18-22; Mc 1, 16-20; Lc 5, 1-11). La Missione affidata a Gesù è stata quella di portare pace e riconciliazione.
L’elevazione di Gesù da parte di Dio ad una nuova vita ci dice che la violenza e il peccato saranno superate dalla pace del Signore Risorto. Le prime parole del Signore Risorto ai suoi sono state: "Pace a voi!" e poi ha mostrato loro le sue ferite per mostrare che Egli ha portato la pace a costo della sua vita. I discepoli sono pieni di gioia nel vedere il Signore e si convertono. Allora il Signore Risorto li invia in una missione di pace. "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi." (Cfr Gv 20, 19-22). Il Signore Risorto diventa così la vittima e il riconciliatore.
Un elemento della missione della chiesa è il dialogo interreligioso. Così, la Chiesa si sente chiamata al dialogo a motivo della sua fede. Inoltre, la dimensione Trinitaria o il rapporto tra Padre, Figlio e Spirito Santo diventa un modello di dialogo. L'unità delle tre Persone Divine rispetta completamente l'identità di ciascuna. Nel dialogo interreligioso, il rispetto per l'identità, la propria e quella del partner del dialogo, è di grande importanza. Inoltre, essendo una persona creata a immagine e somiglianza di Dio, la persona è chiamata ad essere immagine dell'Amore Trinitario nell'Universo dimostrando amore concreto per i fratelli e le sorelle.
Il ruolo della Chiesa nel dialogo mira dunque alla realizzazione del regno di Dio che è la comunione con Dio e tra gli uomini e le donne. In sintesi lo scopo del dialogo è camminare insieme verso la verità e lavorare insieme a progetti di comune interesse. Pertanto, non c'è Cristianesimo senza missione, non c'è missione senza dialogo.
Il Contesto della Missione Riconciliatrice
La Chiesa diventa missionaria essendo viva in ogni contesto in cui essa è presente. La Chiesa vive in una società multireligiosa e multiculturale. Così, se la sua missione deve essere efficace, essa dovrebbe essere intra-Cristiana e inter-religiosa, ed in particolare lo dovrebbe essere contro le forze distruttive e disumanizzanti. Come spieghiamo l'aumento globale della violenza religiosa? Esso è legato a conflitti culturali. Vorrei ora brevemente spiegare cosa intendo per conflitti culturali. Per “conflitti culturali” si intendono quei conflitti politici interni, inter/statali o transnazionali in cui gli attori coinvolti si concentrano su questioni relative alla religione, alla lingua e/o alla attualità. Quando si definisce un conflitto come "culturale" non è rilevante il "perché" ci sia una controversia, ma il "ciò che" è in discussione . Samuel P. Huntington in Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale, sostiene che “Popoli e Paesi con culture simili si riuniscono. Popoli e Paesi con culture diverse si separano" . Egli osserva inoltre che "I confini politici vengono sempre più ridisegnati in modo da coincidere con queli culturali: etnici, religiosi e di civiltà" . Pertanto, la domanda della guerra fredda "Da che parte stai?" è stata sostituita da "Chi sei?”. La risposta proviene dalla propria identità culturale.
Inoltre, la globalizzazione con la sua distribuzione, la sua capacità di escludere e generare malcontento,contribuisce a "stimolare la rivitalizzazione della propria identità e cultura" . Questo processo di affermazione di identità religiose, etniche, tribali e linguistiche di un gruppo a spese dell'"altro" - un gruppo religioso, etnico, tribale e linguistico diverso - darà vita a una percezione del "noi" a partire da una percezione del "loro".
Urgenza e Indispensabilità del dialogo
In questo contesto abbiamo ancora bisogno di dialogo o è ancora possibile il dialogo? Penso che oggi il dialogo non sia un’opzione ma una necessità, perché la religione è parte della soluzione poiché la religione può svolgere un ruolo di primo piano per riparare le ferite emotive, spirituali e psicologiche che la gente patisce durante i conflitti. Basandosi sui valori universali, la religione può contribuire a sradicare le cause del conflitto, costruire ponti di dialogo, cercare la giustizia ed essere una voce profetica per le vittime e una voce di guarigione per il trasgressore, così come per la vittima. Il ministero della riconciliazione Cristiana è quello di abbattere le pareti divisorie costruite all'interno dei cuori umani. "Ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, … ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, [...] (cf. Ef. 2: 12-14).
Inoltre, il dialogo e la preghiera sono inseparabili. La preghiera ci conduce verso l'intima unione con Dio, risveglia la nostra coscienza, espelle il buio interiore, guarisce le ferite interne ed esterne, disarma i violenti, abbatte i muri dell'inimicizia, facilita il perdono e la grazia, porta la riconciliazione, apre il cuore al grido dei sofferenti, ci spinge a sradicare i peccati sociali, permettendoci di vedere tutti come nostro fratello e nostra sorella e, infine, ci trasforma in modo da essere uomini e donne di dialogo. Quindi, non c'è dialogo senza preghiera.
Conclusione
Papa Francesco osserva che "Costruire la pace è difficile, ma vivere senza pace è un tormento" (Papa Francesco, Cerimonia di Benvenuto, Ben Gurion International Airport, Tel Aviv, 25 mag 2014). Egli afferma inoltre che "Non si può avere pace senza dialogo" (Papa Francesco, a studenti e insegnanti, Dal Seibu Gakuen Bunri Scuola media inferiore di Saitama, Tokyo, in Giappone, in Vaticano, Mercoledì, 21 AGOSTO 2013). Il nostro Messaggio per la festività del Vesakh nel 2014 dice: "attingendo alle nostre differenti convinzioni religiose, abbiamo una triplice missione da compiere: essere franchi nel denunciare tutti i mali sociali che danneggiano la fraternità; essere curatori nella trasformazione di persone egocentriche ferite in persone non centrate su se stesse; e essere riconciliatori che abbattono i muri di separazione del "noi" e "loro" e favorendo una vera fratellanza tra i popoli "(Messaggio Vesakh, PCID 2014). Come religiosi, noi sappiamo che per raggiungere l'urgente bisogno di unità nella famiglia umana, abbiamo estremo bisogno di preghiera e di dialogo. Permettetemi di concludere con le parole di Papa Francesco: "C’è una sola strada per vincere questa paura, ed è quella del dialogo, dell’incontro segnato da amicizia e rispetto. Quando si va per questa strada è una strada umana". (Ai partecipanti all'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso 28 novembre 2013).
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