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Roma - 29
gennaio 2002 |
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Il lavoro per la pace in un mondo multipolare e disordinato, diverso da quello a cui si era abituati durante la guerra fredda, rende necessaria la collaborazione di tutte le energie disponibili. In questo senso a Sant'Egidio piuttosto che di diplomazia parallela, si preferisce parlare di sinergia di sforzi tra tutti i livelli: istituzionale e non istituzionale, ufficiale e della societ� civile. Gi� durante il negoziato mozambicano la Comunit� aveva chiesto a diversi governi e alle Nazioni Unite di inviare loro rappresentanti nelle fasi finali delle trattative, in posizione di osservatori, garanti degli accordi di pace. L'approccio sinergico ai processi di pace � essenziale per dare una risposta a una delle grandi questioni che si pongono in ogni negoziato: il nodo delle garanzie. La presenza del livello istituzionale, gli altri Stati e le organizzazioni internazionali, assolve alla funzione rilevante di dare garanzie esterne ma anche interne, ci� che significa, in alcuni casi, la condivisione del potere associando entrambe le parti alla gestione della politica. Tale opzione si rivela necessaria anche nel processo di apprendimento della democrazia: un lungo tragitto che richiede il passaggio attraverso l'accettazione del pluralismo (politico, culturale, etnico, religioso) di un paese. Nel processo di pace � fondamentale la riconversione dalla cultura di chi si combatte, cultura di guerra o di guerriglia, alla cultura politica, in ogni negoziato esiste un problema di �patologia della memoria�, da sanare tramite le trattative stesse, che assumono cos� la caratteristica di un vero e proprio addestramento alla vita civile e alla democrazia. Ogni belligerante, lo si � sperimentato in Mozambico come in Algeria o in Kosovo, finisce per essere prigioniero della memoria, quella dei torti subiti, delle vittime avute, del tempo passato a fare la guerra. Combattere diviene una specie di cultura esistenziale da cui � necessario aiutare a uscire, per condurre il conflitto sul terreno della politica. Tale � lo scopo di ogni trattativa, far sorgere nelle parti il gusto, l'aspettativa per il futuro comune, in una parola il fascino della pace. Nel commentare l'originale approccio della Comunit� ai processi di pace, l'ex Segretario dell'ONU Butros Butros-Ghali parla di una �miscela, unica nel suo genere, di attivit� pacificatrice governativa e non governativa�: � il �metodo di Sant'Egidio�, come viene chiamato dagli esperti. Nel caso dell'accordo di pace per il Guatemala la Comunit� stessa si mette in sinergia con lo sforzo gi� iniziato da anni dalle Nazioni Unite, riportando in vita un processo di pace congelato a causa della mancanza di incontri diretti tra il governo e la guerriglia dell'UNRG. La guerra durava da trentacinque anni ma i protagonisti non si erano mai visti direttamente. La Comunit� organizza tali necessari incontri nel 1996 a Roma, Parigi e a San Salvador. La pace viene firmata alla fine dell'anno a Citt� del Messico, alla presenza di una delegazione della Comunit�. L'esperienza dell'accordo di pace in Guatemala rappresenta una dimostrazione di come sia possibile lavorare assieme tra organizzazioni istituzionali e non istituzionali. L'Albania e il Kosovo sono un altro terreno ove la Comunit� si impegna da anni per la pace e la riconciliazione, miscelando aiuti umanitari a facilitazioni e dialogo. L'Albania � apparsa un paese stremato da anni di regime che non permetteva alcun contatto con l'esterno. Numerose sono le iniziative di Sant'Egidio nel �paese delle aquile�: ripristino e difesa della libert� religiosa, aiuti alle chiese rinascenti, dialogo con l'islam locale - in particolare i bektashi -, aiuti alla sanit� e all'educazione, accoglienza dei rifugiati, sostegno agli immigrati in Italia. Dal punto di vista politico la Comunit� � stata l'artefice dell'Accordo di garanzia tra politici albanesi, che ha permesso il regolare svolgimento delle elezioni del 1997. In Kosovo la Comunit� � presente dal 1996. L'amicizia che si instaura con il leader della lega democratica del Kosovo, Ibrahim Rugova, spinge Sant'Egidio a cercare un terreno di riconciliazione tra serbi e albanesi. La linea non violenta della politica di Rugova appare come l'unica percorribile in una situazione di alta tensione, dovuta anche al conflitto in Bosnia. Gli Accordi di Dayton del 1996 non prendono in considerazione la situazione kosovara da un punto di vista dello status della regione. Ci� suggerisce di percorrere la via dell'accordo umanitario che ottenga risultati tangibili per la parte albanese e nel contempo permetta la riduzione del livello di tensione tramite misure di mutua fiducia. Il terreno prescelto � quello dell'educazione, tenuto conto che la parte albanese � stata espulsa dagli edifici scolastici di ogni ordine e grado, e gli studenti costretti a studiare in condizioni deplorevoli. Sant'Egidio opta dunque per un percorso di ristabilimento della coabitazione, obiettivo concretamente percorribile al fine di evitare il disastro delle zone della ex Jugoslavia. Tramite contatti favoriti inizialmente dalla chiesa serba, la Comunit� stabilisce una comunicazione tra Rugova e il regime di Belgrado. Prende l'avvio un tavolo di trattativa tra le due parti, l'unico nel suo genere tra il governo di Belgrado e l'LDK di Rugova. Nel 1996 viene firmato l'accordo sull'educazione, con l'appoggio della Comunit� internazionale, in particolare il gruppo di contatto. Attraverso tale accordo, confermato dal regolamento di implementazione firmato dalle parti nel marzo 1998, tredici facolt� universitarie e molte scuole secondarie e primarie vengono rese agli albanesi, fino a ridosso della guerra del 1999. Sant'Egidio non si disimpegna: favorisce la liberazione di Rugova prigioniero a Pristina durante i bombardamenti e la sua venuta in Italia. Inoltre si impegna per alleviare il dramma dei rifugiati kosovari fuggiti nel nord Albania, in particolare nella zona di Kukes dove la Comunit� � gi� presente dal novembre del 1998 per aver rimesso in funzione i dispensari sanitari del nord del paese. Nell'arco degli anni '90, varie altre iniziative sono prese nei Balcani nel segno del dialogo, dell'ecumenismo e dell'aiuto umanitario, tra cui gli aiuti agli studenti della citt� di Sarajevo assediata, gli aiuti e le relazioni con le chiese cattolica croata, ortodossa serba e con i musulmani di Bosnia e Macedonia. Sarebbe un fatto veramente importante che tutto il Parlamento, al di l� delle appartenenze, faccia propria la proposta di assegnare alla Comunit� di Sant'Egidio il Premio Nobel per la pace ed eserciti tutta la sua pressione perch� la proposta stessa trovi adesioni di altri Stati. Il momento che viviamo ci fa capire che, alcune volte, le diplomazie ufficiali, per effetto di veti incrociati o per interessi di parte, non riescono a superare i momenti di tensione o gli scontri armati soprattutto all'interno degli stessi Stati. Una diplomazia di popolo che tenti prima di tutto di superare gli scontri fondati su differenze religiose, promuovendo incontri ricorrenti tra rappresentanti delle varie religioni, mai come oggi risulta attuale e fondamentale per il mantenimento della pace. L'approvazione da parte del Parlamento di questa interpellanza e l'impegno del Governo, qualora raggiungesse il suo scopo, sarebbe motivo di grande orgoglio per tutto il paese. Do lettura di alcuni riconoscimenti che la Comunit� di Sant'Egidio ha gi� avuto da organismi internazionali.
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Resoconto della seduta n. 87 del 28/01/2002 Resoconto della seduta n. 88 del 29/01/2002
La mozione
e
Considerazioni
integrative
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