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1 Ottobre 2013 09:30 | Istituto Penitenziario di Rebibbia

L’antidoto della disperazione: “Tieni la tua mente all’inferno e non disperare”

Siluan


Vescovo ortodosso, Patriarcato di Romania
Se Dante Alighieri descriveva l’inferno come luogo dove, quelli che vi entrano, devono abbandonare “ogni speranza”, nel mondo in cui viviamo oggi assistiamo a un’estensione e moltiplicazione di luoghi dove la speranza è in via di estinzione. La dove c’è la guerra, la violenza, la malattia, la morte, mantenere la speranza diventa un impegno molto difficile, a volte impossibile.
 
Ma ci sono anche luoghi di rigenerazione e di rinascita, di trasfigurazione e di speranza. La dove c’è perdono, compassione e amore, l’uomo ritrova la capacità di ricominciare una nuova vita, potendo curare e guarire le proprie ferite.
 
A volte sembrano mancano le condizioni esterne che rendano possibile il cambiamento. E’ il caso delle carceri dei tempi del comunismo, nei paesi dell’Est europeo. Ma quando le realtà esterne rendono difficile ogni tipo di miglioramento, la persona umana può sempre trovare dentro di sé la capacità di fare appello alle risorse “interne”, alla speranza e alla fede.
 
Uno dei detenuti in una prigione comunista della Romania, Nicolae Steinhardt, entrato in carcere ateo e uscito credente battezzato e diventato poi monaco, scriveva all’inizio del suo “Diario della felicità” composto durante il periodo di detenzione: “Per scappare da un universo concentrazionario – e non assolutamente un lager, una prigione o un’altra forma d’incarcerazione; la teoria valida per qualsiasi tipo di totalitarismo – esiste la soluzione (mistica) della fede”.
 
La veridicità di questa sentenza del monaco Nicolae è stata provata da tanti detenuti nelle prigioni comuniste. Il Padre Dumitru Staniloae, grande teologo romeno, testimoniava di aver vissuto i suoi più alti momenti di preghiera mentre stava nella sua cella in prigione.
 
Anche un carcere quindi può diventare un luogo di autentica fede – conversione, un vero e proprio “penitenziario”, invece di diventare un luogo di perdita della speranza in una vita migliore, in un possibile cambiamento. Tramite la fede, l’essere umano può vivere, anche nelle peggiori condizioni di vita, una trasformazione – trasfigurazione personale invece di lasciarsi sfigurare dalla propria voglia di vendetta o dalla cattiveria circostante.
 
Affinché la fede porti i suoi frutti vivificanti, occorre una condizione fondamentale: riconoscere le proprie mancanze e i propri peccati e assumersi la responsabilità delle conseguenze. E’ proprio questo che trasforma l’inferno della vita in speranza di risurrezione, facendo scendere nel buio della disperazione la luce di Cristo sceso negli inferi per lasciarvi il sigillo della Sua luce e della Sua speranza. E la voce di Cristo risorto attraversa il fracasso dei pensieri che cercano soluzioni logiche e giustificazioni ai propri atti, risuonando calorosamente nel cuore come riecheggiò una volta nella cella di un semplice monaco del Monte Athos, Silvano, preda agli attacchi dei demoni e dei pensieri di disperazione, dicendo: “Tieni la tua mente all’inferno e non disperare”, cioè accetta la realtà come effetto dei tuoi atti però non disperare della Mia misericordia e della Mia compassione.
 

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