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30 Décembre 2012

Il Messaggio per la Giornata della Pace. Saper costruire

 
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Il Messaggio del Papa per la Giornata mondiale della pace 2013 non ha ricevuto finora l`attenzione che merita, e comunque non certo attenzione al tema centrale per cui è stato scritto. Nella maggioranza dei media non si è ritenuto l`appello per la pace argomento degno di un titolo o di un`analisi approfondita. Perché? Una risposta la si può cogliere nel clima un po` anestetizzato e vittimista in cui vive l`Italia, curva sulla propria crisi. La pace non sembra essere un problema. Quindi non lo sarebbe per nessuno. Di qui il silenzio sul cuore del messaggio del Papa. Ma per Benedetto XVI la pace e la guerra sono ancora un problema. Così come per milioni di persone. E - mi sembra - anche per noi. L"Unione Europea ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace 2012. In molte parti del nostro continente si vive in pace da tempo. Eppure la pace non può mai essere data per scontata. In tante altre aree del mondo essa è sfidata da tensioni, scontri e conflitti aperti. La pace è ancora minacciata: «Allarmano i focolai di tensione e di contrapposizione causati da crescenti diseguaglianze fra ricchi e poveri - scrive il Papa -. Oltre a svariate forme di terrorismo e di criminalità internazionale, sono pericolosi per la pace quei fanatismi che stravolgono la vera natura della religione».

Molte guerre sono tuttora in corso. Basti pensare a quella che si trascina in Terra Santa da più di sessant`anni. Altre situazioni di conflitto sono lontane da una possibile risoluzione, dalla Siria al Kivu. In America Latina, in Africa, in Asia molte guerre sono dimenticate, perché si svolgono in regioni di non grande interesse strategico per la geopolitica o per l`economia. Eppure si tratta di contrapposizioni aspre, crudeli, che dividono i Paesi, che tengono in ostaggio intere popolazioni. La realtà è quella che vediamo nella regione del Kivu, nella Repubblica democratica del Congo, attorno a Goma. Poco più di un mese fa una milizia, il Movimento 23 marzo (M23), nella sua lotta contro il potere centrale di Kinshasa, ha occupato la città provocando sangue e disperazione. Così ha ottenuto una visibilità prima impensata, e si è garantita la presenza ai tavoli della pace. Raggiunto l`obiettivo la M23 si è ritirata, accampandosi a non molta distanza dalla stessa Goma.

È una fotografia di quanto vediamo - di quanto dovremmo aaper vedere di più - in questo nostro mondo. La guerra, il male, è accampato a poca distanza da noi. Non solo a Goma, ma ovunque risorgano le tensioni, ovunque si scateni la violenza diffusa che ingoia il cuore e le speranza delle giovani generazioni. La guerra è spesso accampata a pochi passi da noi, dalle nostre città, e poi dai nostri pensieri, dai nostri atteggiamenti. Benedetto XVI porta all`attenzione di tutti che la guerra è una minaccia per tante popolazioni del nostro mondo. A tante situazioni del nostro tempo. Chiamando tutti a resistere al male, a lottare nel proprio cuore contro la guerra e la violenza, a favorire l`avvento di sentimenti nuovi, di riconciliazione e di speranza, in una parola a essere "operatori di pace".

Il messaggio di Papa Ratzinger ci ricorda inoltre che, se la guerra ci è accampata vicino, pure qualcun altro ha piantato la sua tenda «in mezzo a noi», come dice il Prologo del Vangelo di Giovanni. A questa presenza, pronta a condividere le nostre angosce e i nostri dolori, capace di suscitare gioia e speranza, volgiamo lo sguardo in questo tempo di Natale. «La pace non è un sogno, non è un`utopia: è possibile». I credenti e gli uomini di buona volontà possono essere operatori e comunicatori di pace. Di questo, alla fin fine, ha bisogno il nostro mondo: di gente che non si chini solo sui propri problemi, sui propri dibattiti, che non si rassegni di fronte alle difficoltà. Diamo merito e ascolto, allora, a chi ci fa alzare lo sguardo da un certo vittimismo e da una visione ristretta, per aiutarci a vedere i bivacchi della guerra poco fuori dai nostri cuori, dai nostri dibattiti, dalle nostre città, dai nostri Paesi. Diamo ascolto a chi ci chiede di essere operatori di pace.


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