"Viva gli anziani" non è solo uno slogan ma il nome di un progetto avviato a Milano quasi un anno fa dalla Comunità di Sant'Egidio. Grazie a un immobile confiscato alla mafia e ottenuto in comodato dal Comune, i volontari gestiscono oggi una casa a coabitazione integrata per anziani fragili. La ristrutturazione è stata finanziata da Fondazione Cariplo e Fondazione Banca del Monte di Lombardia che hanno creduto al progetto pilota. L`appartamento di 200 mq in zona Lambrate risponde ora alle nuove esigenze abitative ed è in grado di accogliere quattro ospiti e il personale di servizio o volontario.
In pratica gli anziani vivono nella stessa casa condividendo gli spazi e sostenendo insieme le spese (utenze, vitto, pulizie...), continuando quindi a godere della dimensione familiare, evitando di finire in una grande e anonima struttura, ricevendo le visite dei parenti senza limitazione di orari.
«È un`idea nuova per Milano, ma che abbiamo già sperimentato a Roma alla fine degli anni `80 con modalità diverse», dice Riccardo Mauri, responsabile del progetto e insegnante di lettere al liceo "Tito Livio". L`appartamento,al piano rialzato con solo qualche gradino di accesso, è davvero confortevole: camere con due posti letto, doppio bagno, ampio soggiorno e cucina abitabile. Nessuno degli ospiti potrebbe permettersi un appartamento del genere, né tanto meno avere una badante giorno e notte. «È vero che per una badante seguire più anziani è impegnativo - spiega Mauri -, ma il vantaggio è che gli ospiti «non si sentono invasi nel loro territorio o non più padroni a casa loro».
Inoltre anche il rapporto con la badante è stemperato e l`attenzione distribuita tra tutti gli anziani.
Le spese sono dunque suddivise tra gli ospiti, ma a nessuno è richiesto più dell`80% del reddito: «Il 20% resta a loro disposizione - assicura il responsabile -, e se qualcuno di loro riceve la pensione di invalidità o l`assegno di accompagnamento può comunque integrare con quelle».
Ma quali sono i requisiti per essere ammessi nel progetto? «Una generale fragilità, la solitudine e l`inadeguatezza alloggiativa, cioè abitare in case piccole (senza camera per una badante e con una pensione troppo bassa per poterla pagare), difficoltà a sostenere i costi di un affitto e non farcela più a gestirsi da soli», dice Mauri. «Gli anziani che accettano la sfida devono rimettersi in gioco e avere voglia di tornare a convivere, magari dopo anni di vedovanza e solitudine. Per questo l`immagine dell`anziano mansueto e tranquillo non sempre corrisponde, si tratta infatti di persone che hanno "carattere".
Ora ospitiamo tre ultraottantenni che hanno scelto di iniziare questa avventura quando non si aspettavano più novità dalla vita... e in fondo anche le piccole incomprensioni quotidiane sono un modo per tornare a vivere». Naturalmente gli ospiti hanno anche un regolamento da rispettare: «È molto semplice e contiene norme di buona creanza, che di volta in volta vanno ridiscusse, ripensate e risposate.
Inoltre gli anziani devono accettare di essere seguiti da noi. La Comunità di Sant`Egidio diventa quindi figura autorevole per loro e svolge un ruolo di mediazione nella vita quotidiana. Questo significa che gli ospiti devono ascoltare i nostri consigli quando nascono questioni». Oltre a Mauri, che è il coordinatore del progetto,frequentano a turno la casa di via Mario Bianco altri 5 volontari di Sant`Egidio. «L`idea è di garantire, nei limiti del possibile, un passaggio quotidiano al mattino o al pomeriggio. Io per esempio vado tutti i lunedì, mentre un`altra volontaria ha scelto il giovedì mattino per tenere compagnia agli anziani e permettere alla badante di andare al mercato». La presenza degli amici di Sant`Egidio è garantita anche dal sabato pomeriggio alla domenica sera, quando la badante è di riposo, ciò significa che i volontari dedicano a turno mezza giornata al mese e una notte in media ogni 6 mesi.
«A volte aiutiamo Meiriane, la badante brasiliana, a prendere appuntamento con il medico, poi va lei a ritirare le ricette degli ospiti, oppure diamo una mano ai parenti nelle procedure burocratiche».
L`appartamento di Lambrate ha una particolarità che la rende unica: una scala a chiocciola collega il soggiorno con ampio salone nel sottostante che sarà utilizzato per incontri di aggregazione nel quartiere, per la formazione dei volontari di Sant`Egidio e per creare servizi aperti al territorio. In tutto questo gli ospiti di "Viva gli anziani" saranno coinvolti nei tempi e nei modi ancora da studiare. Ma anche questo nuovo "polo" sarà l`occasione per vivacizzare la loro vita e renderli ancora protagonisti. La Comunità fondata da Andrea Riccardi spera che questo modello di coabitazione per anziani fragili possa diffondersi in ambito pubblico e privato. «È un modello che proponiamo anche in altre formule - spiega Mauri - a chi ha grandi case dì proprietà oppure appartamenti di parrocchie e associazioni.
Ma in qualche caso ci sono stati anche lasciti.Avviare progetti come questi diventa un modo concreto per risolvere tanti problemi di emergenza alloggiativa, a Roma (forse più che a Milano) la situazione è gravissima, con molti anziani che hanno subito lo sfratto. «Al momento abbiamo tre ospiti (Luigia, Piero ed Enrica) e stiamo quindi aspettando il quarto e quando saremo a regime l`appartamento sarà davvero autosostenuto e autosostenibile», conclude Mauri. Il progetto comunque funziona, il primo bilancio è infatti positivo.
Una scelta coraggiosa con il consenso dei figli
«La fragilità dei genitori spaventa molto i figli», dice Riccardo Mauri, ma in una scelta come quella della coabitazione il loro parere è fondamentale.
Oggi gli ospiti che hanno avuto il consenso familiare sono Luigia, Piero ed Enrica. La Comunità di Sant`Egidio lo aveva proposto anche ad altri, «ma i loro figli si sono opposti perché hanno avuto paura, mentre le famiglie degli attuali ospiti hanno accettato, perché hanno capito che c`era in gioco anche la felicità del genitore, non solo la propria tranquillità».
«La dimensione domestica in cui oggi vivono - continua il responsabile -, permette ai figli di mantenere il rapporto con il genitore in un contesto familiare».
Luigia, che deve compiere 85 anni, si è adattata bene alla nuova situazione abitativa. «Sono stata tre anni e mezzo al "Panigarola" (la Rsa in zona Corvetto, ndr), poi mi è venuta un po` di depressione e mia figlia mi ha portato via. C`era già l`idea dí questa casa e quando è stata pronta sono venuta qui».
«L`appartamento è sistemato molto bene, ho portato un po` di libri, ma non tutti, soprattutto quelli sull`Egitto di cui sono appassionata, un tavolino e la poltrona». In casa fa tutto la badante, assicura l`ospite, «ma se ha bisogno per preparare da mangiare l`aiuto volentieri perché è brasiliana e non conosce la cucina italiana. Per il resto durante la giornata leggo, mi dedico alle parole crociate, guardo la televisione o faccio collane. E così il tempo mi passa. A volte esco a fare due passi con il girello, perché quando varco la porta mi trovo davanti il vuoto e ho sempre il terrore di cadere.
Oggi avevo bisogno delle medicine e per non disturbare la badante sono andata io».
Luigia ha 4 figli, ma vede solo Marisa che è rimasta a Milano, mentre gli altri sono sparsi per il mondo. «La domenica fa volontariato qui: viene a preparare da mangiare per tutti».
La seconda ospite è Enrica, che presto compirà 90 anni. In passato aveva abitato al Giambellino e poi in una casa popolare in zona Corvetto, ma dal 3 giugno, grazie al progetto "Viva gli anziani", si è stabilita a Lambrate.
Dopo solo un mese di soggiorno si è rotta un femore e ha trascorso l`estate in riabilitazione. Quando è tornata a casa è stata assistita per un mese da una persona di supporto: all`inizio era allettata, poi è passata alla sedia a rotelle e ora ha ricominciato a camminare e fa fisioterapia.
«L`aggravarsi della situazione clinica generale non è motivo per andarsene - spiega Mauri la scelta resta personale e se un ospite desidera restare, facciamo di tutto per creare le condizioni. Se occorre anche un`assistenza personale la sostiene la famiglia. Questo rassicura anche gli altri che dicono: "Oggi è capitato a lei, ma se dovessi stare male io, potrò tornare al mio posto"». L`autosufficienza non è quindi un requisito essenziale, ma va valutato ogni singolo caso.
Enrica ora sta meglio, «ma la testa va un po` dove vuole», dice amareggiata, «una volta ero più lucida». Durante il giorno guarda la televisione e si dedica a qualche lettura, oppure gioca a carte con gli altri ospiti,«in genere a Scala quaranta, ma stiamo imparando anche il Burraco».
A turno i figli vanno a trovarla e quando ce la fa esce con loro a fare due passi. «Le visite sono libere, basta avvisare», dice Riccardo di Sant`Egidio. «I figli possono anche portare qualcosa da mangiare oppure cucinare, una delle figlie di Enrica che ha la casa in campagna durante l`estate e l`autunno veniva con frutta e verdura dell`orto».
L`ultimo arrivato è Piero, anche lui classe 1922. «Per 17 anni ho abitato da solo in due locali in piazzale Corvetto, ma non ce la facevo più ad andare a fare la spesa e tutto il resto. Bene o male ho sempre mangiato e sono qui ancora», dice con un sorriso. «Mi è spiaciuto molto lasciare la mia casa, d`altronde non potevo fare altro».
I ricordi vanno agli anni in cui lavorava, soprattutto alla sua amata officina da meccanico:gli piaceva tanto, ma poi hanno venduto. «Avevo inventato le zanzariere che andavano su e giù, ma non avevo i soldi per brevettarlo», dice con rimpianto.
Sul suo letto ha appeso qualche fotografia, in particolare tiene a quella dove è immortalato insieme al padre e a suo figlio, tutti con in mano un violino.
Di tanto Piero si lamenta degli acciacchi, ha avuto una trombosi alla gamba e ne soffre ancora.
E la convivenza con le donne di casa, ospiti e badanti, come va? «Litigo con tutte, ma per ridere», dice un po` divertito ed è contento della sua nuova sistemazione: «Arrivare a sera e avere un piatto pronto di minestra è bello».