L'omelia di don Marco Gnavi, parroco di Santa Maria in Trastevere, alla preghiera di venerdì 29 luglio, in comunione con la Chiesa di Francia, dopo l'attentato in cui è stato ucciso padre Jacques Hamel.
Genesi 9, 1-7
Questa sera qui a S.Maria in Trastevere e ovunque la Comunità di Sant’Egidio è presente in Europa, abbiamo voluto unirci alla Chiesa di Francia e al suo popolo, in questa giornata di preghiera e digiuno, per raccogliere la memoria di p.Jacques Hamel, pastore buono che a 86 anni ha visto la sua vita recisa brutalmente, mentre celebrava la messa nella parrocchia di St.Etienne du Rouvreay, nel piccolo villaggio di Rouen.
La nostra invocazione è come un grido che sale a Dio, carico di dolore e stupore: un uomo buono, saggio, anziano è stato ucciso da mani giovani, intrise di un’ideologia di morte, catturate dalla fascinazione della violenza. Un prete figlio di una Chiesa spiritualmente grande, che tanto ha dato alla Chiesa universale e che oggi non cede all’intimidazione della paura, dei muri, dello scontro, con la forza della sua adesione al Vangelo, della sua sapienza, di un amore per la vita profondo, mite e tenace. Mite e tenace, quanto la vita di P.Jaques che ha costruito e investito la sua esistenza nel servizio e nell’apertura all’altro, come ha testimoniato con verità lo stesso Imam della moschea costruita accanto alla parrocchia. Con grande coraggio, il Card. Vingt -Trois ha predicato a Notre Dame a Parigi, interpellando Dio stesso, nel momento del dolore più acuto e dello sconcerto, quando sembrano essere messi in discussione la sua potenza e il suo amore. E ha rivendicato nella speranza di p.Jacques e nel suo ministero, dei cristiani feriti dalla persecuzione, dei giovani raccolti intorno a Papa Francesco a Cracovia, la risorsa per non soccombere all’odio, alla tentazione del nichilismo, alla forza della morte. A fronte delle paure collettive, dell’erosione dei disegni di bene collettivi, ha evocato la risposta della fede, senza eludere le domande drammatiche sul destino dell’umanità. Monsignor Pontier, a sua volta, dopo l’assassinio brutale ha reagito affermando : «Solo la fraternità, cara al nostro Paese, è la via che conduce a una pace duratura. Costruiamola insieme».
C’è comunione di visione e forza interiore fra questi pastori e l’anziano sacerdote di Rouen, che non ha accettato di vivere senza servire, di predicare senza testimoniare egli stesso in maniera fattiva l’apertura universale della Chiesa nell’incontro umano, nella preghiera, nella edificazione di ponti verso gli altri. Aveva scritto, poco prima dell’estate, questo è: «Un tempo per essere rispettosi degli altri, chiunque essi siano». E aveva chiesto: «Pregate per coloro che sono più bisognosi, per la pace, per vivere meglio insieme…».
Andrea Riccardi ha affiancato la morte violenta di P.Jacques a quella di frére Roger, accoltellato a morte durante la preghiera dei vespri a Taizé, asserendo: “Non avremmo mai voluto vederlo ancora, qui, in Europa. Ma è accaduto. È un gesto rivelatore della disumanità dei terroristi e della loro assoluta mancanza di senso religioso, che invece abita in molti musulmani con il rispetto degli «uomini di Dio» e della preghiera. Giovani, folli, ingabbiati nella logica totalitaria dell’odio e nella propaganda del Daesh, hanno compiuto questo atto cruento. Odiosa esibizione di violenza brutale. Espressione di una primordiale volontà di terrorizzare la società francese per farla precipitare in reazioni inconsulte”.
La Francia ha sofferto molto, e le ferite sono profonde. Gli attentati del 7 gennaio e del 13 novembre 2015. Infine lo sconcerto per l’attentato del 14 luglio a Nizza, che ha insanguinato il giorno della festa nazionale di tutti i francesi, gioioso per tante famiglie, bambini, giovani, anziani. All’Ambasciatore della Repubblica di Francia presso la Santa Sede, all’Incaricato d’Affari presso il Quirinale, all’Ambasciatore presso la FAO - che ringraziamo per la loro presenza e che salutiamo con amicizia - rinnoviamo non solo la nostra solidarietà, la nostra prossimità, ma anche il nostro convinto impegno a sradicare i meccanismi dell’odio e sottrarre spazio a ogni disegno di male.
Nel libro della Genesi, la benedizione di Dio su Noè - e attraverso di lui sull’umanità intera segnata dal diluvio e salvata dal destino della superbia e della incomprensione - appare come vita, trionfo della vita, accompagnata da un monito: “del sangue vostro, ossia della vostra vita, io domanderò conto; ne domanderò conto ad ogni essere vivente e domanderò conto della vita dell’uomo all’uomo, a ognuno di suo fratello”.
Il sangue dell’uomo, la sua vita è sacra per il Signore e la Chiesa sente di rendere conto della vita di ciascuno. Il sangue di P.Jacques, insieme a quello di tanti innocenti chiede, anzi grida, non vendetta, ma pace, rivolta interiore contro l’odio, e mostra allo stesso tempo la fragilità e la grandezza degli uomini e delle donne segnati dal Vangelo. La loro umanità è carica di passione e di amore e nemmeno la morte può incrinare questa fiducia. Nemmeno la morte sulla croce del Signore Gesù, ha incrinato la sua fede nella vita, nel Padre, la sua fiducia nella conversione degli uomini all’amore. Per questo noi preghiamo, uniti e concordi. Per la protezione degli innocenti, per la conversione dei malvagi, perché una generazione non vada perduta nell’abisso dell’odio. Perché uomini come P.Jacques sorgano in ogni generazione e il nostro mondo non sia abbandonato a se stesso. Perché dalla porta aperta della Chiesa, si possa intravedere, anche nel martirio, la luce della speranza, e questa sia più forte della morte. Amen
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