Il 5 gennaio 2012, il Parlamento della Mongolia ha approvato l’adozione del Secondo Protocollo Opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici.
L’adesione al trattato impegna solennemente il paese di fronte alle Nazioni Unite e alla comunità internazionale a non fare più ricorso alla pena di morte e ad adottare tutte le misure necessarie ai fini della sua abolizione nel suo sistema giurisdizionale.
La Comunità di Sant’Egidio accoglie la notizia con grande soddisfazione ed entusiasmo, dopo aver collaborato ed accompagnato passo dopo passo il cammino inaugurato dal presidente della Repubblica Tsakhia Elbegdorj esattamente due anni fa verso l’abolizione della pena capitale, con la sua decisione unilaterale di proclamare una moratoria delle condanne e delle esecuzioni.
Era infatti il 14 gennaio 2010 allorché il Capo dello Stato annunciò sorprendentemente e con grande coraggio dinanzi al Parlamento la sua volontà di liberare quanto prima la Mongolia dalla pena capitale.
La Comunità di Sant’Egidio già attiva nell’area e in stretta collaborazione con l’iniziativa del Presidente Tsakhia Elbegdorj ha collegato la difficile battaglia istituzionale e parlamentare mongola con la comunità internazionale attuando sinergie.
Nel Febbraio 2010 la Mongolia partecipò al IV Congresso Mondiale contro la Pena di Morte a Ginevra, nel maggio successivo, nel corso del quinto Congresso dei Ministri della Giustizia, che la Comunità di Sant’Egidio organizza a Roma ogni anno, la partecipazione di una rappresentanza del governo mongolo costituì l’’inizio di una stretta collaborazione fra Sant’Egidio e l’entourage presidenziale e di un sostegno concreto al progetto di Tsakhia Elbegdorj.
La visita di una delegazione della Comunità ad Ulaan Baatar nel settembre 2010 è stata determinante nella messa a punto di un minuzioso progetto a medio termine, fatto di iniziative politiche e culturali –accrescimento del consenso parlamentare, assemblee nelle scuole e nelle università, campagne mediatiche sulla carta stampata e televisive, raccolte di firme sul territorio, adesione della capitale alla giornata internazionale “Città per la Vita” il 30 novembre successivo- con il coinvolgimento dell’Unione Europea.
Tale mobilitazione a tutto campo ha permesso nel tempo di superare l’ostacolo più duro al progetto abolizionista del Presidente Elbegdorj: l’opposizione dei deputati del Partito Rivoluzionario del Popolo Mongolo, maggioritario in Parlamento, determinati a mantenere la pena capitale nell’ordinamento dello stato.
Il 21 novembre 2010 il primo straordinario risultato: il voto della Mongolia a favore della Risoluzione per la Moratoria Universale in seno all’Assemblea Generale dell’ONU.
Il 18 ottobre 2011 nel corso di un incontro ufficiale a Roma con una delegazione di Sant’Egidio, il Presidente Elbegdorj ha annunciato che il consenso parlamentare sull’adozione del Secondo Protocollo Opzionale –passo obbligato verso l’abolizione di diritto- era quasi stato raggiunto.
Successivamente, in un messaggio inviato al sesto Congresso dei Ministri della Giustizia, il 29 novembre 2011, il Presidente della Mongolia ribadiva la sua ferma risolutezza nel liberare il suo paese dalla pena di morte, per “unirsi alla comunità internazionale che condivide le stesse convinzioni nel rispetto della dignità dell’uomo”.
La deliberazione del 5 gennaio 2012 spiana la strada per l’abolizione definitiva della pena capitale in Mongolia, e colloca il paese all’avanguardia di un nuovo umanesimo asiatico.
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