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September 9 2014 09:30 | Auditorium KBC

Intervento


Vinko Puljic


Cardinal, Archbishop of Vrhbosna-Sarajevo, Bosnia and Herzegovina
Vengo da Sarajevo dove è stato consumato l'attentato del 28 giugno 1914 all'arciduca austriaco Ferdinando ed a sua moglie che portava un bambino sotto il suo cuore. È stata la scintilla in un barile infiammabile da cui ha avuto origine la prima guerra mondiale. Tutto cominciò con l'ultimatum a Belgrado del 23 luglio 1914. Tuttavia anche senza l'attentato, la guerra avrebbe avuto luogo perché tutto andava in quella direzione. Ma l'infelice attentato ha contribuito ad accendere la scintilla.
Non voglio parlare di quella guerra perchè il mio scopo non è parlare di questo, ma sottolineare gli orrori delle conseguenze non guarite fino ai nostri giorni. Il secolo scorso è stato un secolo sanguinoso almeno nella nostra regione della Bosnia-Erzegovina.
La seconda guerra mondiale è stata particolarmente terrificante perché attraverso quattro anni ha continuato a diffondersi l'odio che non è facile da spegnere per creare la riconciliazione. Soprattutto perché non si è mai  accuratamente analizzata e presentata la verità oggettiva sulla guerra, ma anche non sono stati trovati tanti dispersi per dare loro degna sepoltura. Non ha voluto la politica che aveva il potere, ma spinta da vari interessi ha costruito un'opinione pubblica che non ha guarito le ferite, ma ha creato diffidenza. Perciò un detto popolare dice che il „vincitore scrive la storia, ma non la verità“.
 
Personalmente ho vissuto e sono sopravvissuto alla guerra in Bosnia-Erzegovina dal 1991 al 1995. Sono testimone di così tante esplosioni, distruzioni, incendi, persecuzione, rapina, stupri. Quanto sangue e lacrime; mentre i potenti creavano una guerra mediatica diffondendo l'odio, l'uomo comune veniva ucciso oppure perdeva parti del corpo, oppure restava senza famiglia, senza la propria casa e, addirittura, senza la propria patria.
 
Ancora una volta sentiamo tante notizie di cronaca circa i focolai di guerra. Ogni giorno siamo atterriti dalla domanda dove si espanderà questo fuoco di guerra e quale paese ne sarà colpito. Quanti appelli per la pace, quante preghiere per la pace, ma il rumore delle armi è assordante e gli appelli per la pace non riescono a penetrare né a formare l'opinione pubblica.
 
Quest'incontro di pace organizzato dalla Comunità di S. Egidio con l'ausilio di conferenze ed incontri, deve essere un grido capace di perforare l'orecchio dei potenti.
 
Un incontro simile si è tenuto a Sarajevo. Grazie a tutti coloro che hanno partecipato, ma è difficile inculcare nell'opinione pubblica atteggiamenti di pace e di riconciliazione
Mi domando se l'umanità abbia perso il valore della dignità umana e il rispetto dell'uomo. Se abbia perso la coscienza in base alla quale esistono i criteri di discernimento dei valori. Nel mio paese è apparsa una scritta sul muro: l'inferno è rimasto senza diavoli, tutti sono sul campo e cooperano con la politica della guerra. Le conseguenze della guerra non sono misurabili. La morte di un solo uomo è una sconfitta per l'umanità.
 
Una politica senza armi non è una politica irrealizzabile. Si dovrebbe stabilire un sistema di regole di diritto, di rispetto dell'uomo e della sua dignità, di parità di diritti a tutti i livelli della vita. Non ci può essere il commercio di armi. Non si può pensare che la gara ad armarsi e provare nuove armi su nuovi campi di battaglia sia espressione di progresso del genere umano. Qual è il progresso dell'umanità, se cerca di distruggere se stessa?
 
Abbiamo Organismi internazionali che producono risoluzioni senza alcuna efficacia. Inviano osservatori che contano solo quante persone sono state uccise, deportate oppure chi ha preso l'iniziativa sul campo di battaglia. Abbiamo il diritto internazionale senza sanzioni. Se le sanzioni sono adottate, sempre,  si guarda bene quali conseguenze bisogna aspettarsi affinchè banche e borse non vengano danneggiate; ma la morte di un uomo non è criterio su cui basare le decisioni. Negli atteggiamenti internazionali sono presenti due pesi e due misure; una verso i più forti, l'altra verso i più deboli. Nel nome della democrazia nascono rapporti radicali fino al terrorismo
 
Vediamo come si prepara la guerra, inizia con un'aggressività verbale fino a  diffondere l'odio e proclamare il diritto alla guerra. Con questo procedimento non è stata risolta mai nessuna guerra; ogni guerra è finita solo attraverso il dialogo e l'accordo. 
Sono testimone che il primo passo è la guerra mediatica in modo da avere il diritto di combattere con le armi. Siamo tutti apparentemente uguali, ma è sempre il più forte nel giusto. 
Non si può in nome di Dio e della fede uccidere e diffondere l'odio. É un crimine contro Dio. Il male deve essere fermato e non „risolvere un crimine con un altro crimine".  
É possibile inculcare nell'opinione pubblica l'idea che l'uomo è la misura secondo cui tutto si deve orientare. Non c'è un uomo più o meno degno. Ogni persona agli occhi di Dio ha un valore immenso perché è una sua creatura.
Se solo una piccola porzione di quanto consumato nel progresso delle armi si spendesse per lo sviluppo e la creazione di posti di lavoro, rapidamente la povertà sarebbe ridotta se non addirittura eliminata. É una farsa il parlare sulla lotta contro la povertà perchè ogni giorno vi sono sempre più poveri. Facciamo fruttare  le armi per costruire la pace e allora la povertà si ridurrà.
 

 

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