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11 Septiembre 2012

Il grido di Sarajevo: venga la pace vera

Fedi e culture testimoniano che vivere insieme è ilfuturo

 
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Vivere insieme è il futuro, dice Sant’Egidio, e la famiglia non è già una prima forma di vivere insieme? Se lo chiede l’arcivescovo Vincenzo Paglia, da poco presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia e per molto tempo assistente spirituale della Comunità di Trastevere. Incalza: se vivere insieme presuppone la pace, la famiglia è «lessico di pace». Monsignor Paglia lo afferma citando Benedetto XVI che nel messaggio per la celebrazione della Giornata della pace del 1° gennaio del 2006 scriveva tra l’altro: «In una vita familiare si fa esperienza di alcune componenti fondamentali della pace: la giustizia e l’amore tra fratelli e sorelle, la funzione dell`autorità espressa dai genitori, il servizio amorevole ai membri più deboli o più piccoli». Con tutte queste affermazioni, la famiglia non poteva restare fuori dall`incontro della Comunità di Sant`Egidio. Domenica si è aperto con il saluto di Benedetto XVI che pure ha fatto riferimenti alla famiglia, richiamando le sue parole pronunciate ad Assisi del 27 ottobre dell`anno scorso. «Oggi da Sarajevo - ha scritto il Papa nel messaggio firmato dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone - vuole partire un messaggio di pace grazie all’incontro di tanti uomini comuni e donne di religioni diverse. La pace ha bisogno di essere sostenuta da cuori e menti che cercano la verità, si aprono all’azione di Dio, tendono le mani agli altri. E importante - ha aggiunto - allargare lo sguardo al mondo intero e alle realtà problematiche per la convivenza. Il nostro mondo ha veramente bisogno di pace. Anzi dal nostro mondo si alza sempre più forte il grido: "Venga la pace!"». È importante che di pace si parli qui, in una Sarajevo che mostra, nei suoi palazzi scheggiati dalle granate, ancora la palma del martirio. Adesso è qui - è venuto a dirlo il presidente Mario Monti- «più che in altri luoghi d`Europa che si gioca la capacità dell`uomo di vivere insieme con il suo simile, anche se appare diverso da lui». Insieme: a partire dalla famiglia. D`accordo tutti quelli che hanno partecipato al dibattito (cattolici, ortodossi, ebrei, protestanti) lasciando solo André Gide che affermando «Famiglia, ti odio!» cerca ancora proseliti. «Purtroppo - dice l'arcivescovo ortodosso di Cipro, Chrysostomos II - in una guerra incessante per la distruzione della famiglia partecipa anche la cultura attraverso i suoi rappresentanti, i quali per nascondere le loro tendenze egoistiche, cercano di desacralizzare il santo e sacramentale vincolo della famiglia trasformandolo in un banale istituto sociale o, peggio ancora, in un rapporto contrattuale a rinnovo temporaneo». Così San Paolo e la sua Lettera agli Efesini sembrano annichilire. Il concetto sacrale della famiglia si appanna perché - rileva monsignor Paglia- «si sta realizzando una società fatta di individui ove l`io prevale sul noi, l'individuo sulla società, mentre la solitudine guadagna sempre più terreno rispetto alla comunione, e i diritti dell'individuo prevalgono sui diritti della famiglia». Gli Stati picconano quel che resta. Paglia è preciso: «Stiamo assistendo alla perdita delle protezioni che la famiglia aveva nel passato, mentre anche a livello legislativo si è sempre più attenti a sostenere i diritti degli individui». Qui è lì si tenta di correre ai ripari. Il vescovo luterano di Espoo (Finlandia), Mikko Heikka cita quanto si fa nella sua terra a sostegno del nucleo familiare. Perfino «interventi terapeutici» per aiutare i coniugi a superare i problemi dei coniugi. Più vicino a noi, Luca Marconi, oggi assessore alla regione Marche per la Famiglia, dice che il nucleo familiare è «ancora la base reale di gran parte dei servizi socio assistenziali che raggiungono anche i più piccoli centri di poche decine di abitanti». La famiglia è uno degli argomenti che mette d`accordo tutte le fedi: «Abramo - dice David Rosen rabbino capo emerito di Irlanda - desiderava fortemente essere benedetto con la sua discendenza, avere quella completa rete familiare nella quale la profondità dell'impegno spirituale ed etico potesse essere pienamente trasmessa». Per la famiglia, dunque, tutti i credenti devono sentirsi impegnati anche perché - anche a voler escludere i motivi sacrali di questa prima cellula sociale - tutte le indagini sociologiche dicono che la famiglia non è una sopravvivenza di una realtà tramontata. «In tutte le fedi - spiega monsignor Paglia - è depositata la convinzione sulla centralità della famiglia per la vita sia delle persone che delle società oltre che per le stesse comunità dei credenti. E in tutte le religioni la tensione al noi, ossia alla comunione tra gli uomini, resta una dimensione fondamentale. Tutto questo è l`esatto opposto della cultura dominante che pone l`io, l`individuo, al di sopra della comunione».

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ANDREA RICCARDI
«Responsabilità, parola chiave»
«La storia del Novecento è segnata da Sarajevo e dire pace a Sarajevo acquista un valore impegnativo»: queste le parole di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e ministro della Cooperazione internazionale e l`integrazione. In questo senso «la fede - aggiunge Riccardi - insegna a vivere quella parola chiave che è responsabilità», nella consapevolezza che «la pace è un dono di Dio».

IL PATRIARCA IRINEJ
«La città non resti senza cristiani»
Forte la testimonianza del patriarca serbo-ortodosso Irinej:«Qui vivono, oltre noi ortodossi, anche cattolici, musulmani, ebrei, come un popolo che porta il volto di Dio dentro di sé. Il nostro dovere è baciare ogni persona nella quale si riflette il volto di Dio». Quindi l`appello: «Sarajevo non rimanga senza i cristiani. Così possiamo salvare quello che abbiamo ereditato e lasciarlo alle generazioni che verranno».

HERMAN VAN ROMPUY
«Un tesoro che ci rende umani»
Anche Herman van Rompuy, presidente del Consiglio d`Europa, ha voluto celebrare l`eredità culturale che si conserva a Sarajevo, dove è intervenuto all`apertura dell`incontro promosso dalla Comunità di Sant`Egidio. In particolare van Rompuy ha fatto riferimento ai numerosi testi antichi che apportano «quel supplemento d`anima che ci rende pienamente umani».

L'IMAM AZAD
«Una preghiera gradita a Dio»
«Dove ci sono sforzi per la pace, devo riconoscere la sincerità e la buona volontà, che sono poi gli stessi requisiti perché una preghiera sia gradita a Dio». Lo ha sottolineato a Sarajevo il gran imam della moschea di Lahore in Pakistan, Muhammad Abdul Khabir Azad. «II meeting - ha aggiunto l`imam che ha ricordato anche la figura di Shahbaz Bhatti - è un`azione concreta e pratica per la pace».

Alleanza tra credenti e no antidoto alla violenza
L`antidoto contro la violenza è «l`alleanza tra persone religiose e persone che non si sentono appartenenti ad alcuna tradizione religiosa, ma sono in sincera ricerca della verità. Il comune pellegrinaggio verso la verità potrà tradursi anche nel comune pellegrinaggio verso la pace. mi La pace ha bisogno di essere sostenuta da cuori e menti che cercano la verità e si aprono all`azione di Dio»
BENEDETTO XVI


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