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Huhtikuu 7 2016

L'attentato in Pakistan

Ora tocca all'Islam estirpare la violenza

Piangiamo i cristiani uccisi, ma sono molte le vittime musulmane. I leader più autorevoli devono arginare l'odio

 
tulostettava versio

Il giorno di Pasqua, i cristiani pakistani festeggiavano nel parco Iqbal di Lahore con i concittadini musulmani. Sono stati vilmente colpiti da un attentato suicida. Sono morti 30 bambini su 72 vittime. L'uccisione dei bambini mostra a quale livello di disumanità sia giunto il terrorismo islarnista, che ha voluto mostrare - a Pasqua - di "purificare" il Paese dai cristiani.
Un anno fa, a Youhannabad, una periferia povera di Lahore, la stessa organizzazione terrorista uccise 15 cristiani davanti a due chiese. Anche molti musulmani sono vittime del terrorismo in nome dell'islam. Nel corso del 2015, la minoranza islamica sciita ha subito vari attentati. Sono stati colpiti gli ismaeliti, una comunità sciita guidata dall'Agha Khan.
E un continuo massacro di gente indifesa. Questo avviene in nome dell'islam, anche se non si rispetta neppure la vita dei musulmani sunniti.
Siamo addolorati e sdegnati per la morte di cristiani indifesi. Ma non possiamo non constatare che i musulmani si uccidono tra di loro. È necces­sario che, in Pakistan e nel mondo islamico, si faccia presto una profonda riflessione sulla violenza e sul valore della vita umana. Non è vero che l'islam sia naturalmente una religione di odio, ma in questa fase storica è forte l'attrazione alla violenza di settori musulmani. Gli stessi Stati islamici, nella diversità delle situazioni, devono vigilare sull'educazione delle giovani generazioni: bisogna cancel
lare l'insegnamento del disprezzo e dell'odio. Nelle menti giovani, le lezioni estremistiche spingono alla violenza; la trasmissione di pregiudizi fomenta l'odio. Si devono risanare menti e cuori, purificando il clima d'intere società, ben avvertiti anche sulle conseguenze dell'estremismo verbale.
È vero che nel mondo musulmano sunnita non esiste una gerarchia che abbia un'autorità generale, come avviene in altre religioni e tra gli sciiti. Anzi, in questo periodo
spesso assistiamo al fenomeno di autoproclamate guide. Tuttavia, con l'impegno dei leader religiosi più sapienti e autorevoli e con quello dei fedeli sinceri (e sono tanti), va arginata questa corrente di odio e di violenza. Ne vanno estirpate le radici.
C'è la risposta dell'antiterrorismo. Ma bisogna che intere società riscoprano il valore della vita. È nota la frase della Mishnà ebraica: «Chi salva un uomo salva il mondo intero». Meno nota è una simile espressione che troviamo nella Sura della Mensa del Corano:
«Chiunque ucciderà una persona ... è come se avesse ucciso l'umanità intera. E chiunque avrà vivificato una persona sarà come se avesse dato vita all'umanità intera». Da questo si può ripartire insieme.

 

 

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