E adesso la palla passa a me è la frase scritta da un detenuto in una lettera inviata all’autore. “Quando uscirò dal carcere la palla passa a me, come mi ha detto tante volte tu”. Antonio Mattone, che ha partecipato come esperto agli Stati Generali dell’Esecuzione Penale voluti dal Ministro della Giustizia Andrea Orlando, ha raccontato nel volume 10 anni di esperienza vissuti come volontario all’interno del carcere di Poggioreale, oggi intitolato alla memoria di Giuseppe Salvia e di altri penitenziari italiani, attraverso gli editoriali pubblicati su Il Mattino. Un’avventura inedita all’interno di quelle mura che erano considerate l’enclave del male, dove regnava un clima di violenza praticato da carcerati e carcerieri. Gli articoli, suddivisi per tematiche parlano dei problemi e delle vicende di cui tanto di è parlato in questi anni. Sovraffollamento, sicurezza della società, violenza, salute, Opg, diritti negati, volontariato. Con un ampia parte dedicata alla violenza minorile venuta alla ribalta con prepotenza negli ultimi anni. La visita di papa Francesco e i tratti salienti della storia del penitenziario napoletano completano la raccolta. Vengono descritti i cambiamenti positivi che si sono potuti registrare in questi anni, ma anche le numerose criticità che restano. L’esperienza diretta dell’autore all’interno dei padiglioni e dei corridoi delle galere rende questo racconto originale e pieno di episodi e particolari che descrivono in modo incisivo la vita all’interno delle carceri.
Un viaggio dove alla fine un dato sembra inconfutabile: umanizzare il carcere farà bene a chi è detenuto come a chi non lo è.
Dalla presentazione di Alessandro Barbano
“Questo libro si presenta, fin dalla sua ricca introduzione, come un'azione di coraggio e di memoria diretta contro una grande rimozione collettiva. In un Paese che confonde sempre più la morale con il diritto, il carcere è un non luogo astratto, abitato da fantasmi, di cui nessuno si spaventa. Antonio Mattone gli restituisce un corpo e un sangue. Lo fa riemergere dall'oblio nella sua fisicità dolorosa, lo impone alla coscienza distratta dai luoghi comuni della retorica dominante. Lo rimette in un tempo, fatto di attese rassegnate, speranze improvvise e cocenti delusioni…..Antonio Mattone è un pellegrino kafkiano che attraversa scalzo un universo di indegna indegnità, e ci sfida mostrandoci i suoi ospiti nella loro somiglianza con noi. Ci sfida ad imbracciare domande che non hanno risposte e che pure, e che perciò, meritano di essere poste. ….. domande civili, che la coscienza risvegliata dal torpore del moralismo corrente riporta a sé…. Questo libro è una sveglia. Salvifica ma ultimativa, che ci offre ancora una residua possibilità di capire. Capire che il dolore degli altri, così simile al nostro, è sostenibile se riusciamo a dargli un senso.”
Dalla prefazione di Andrea Orlando
“Il primo male di cui soffre il nostro sistema penitenziario è il colpevole disinteresse del resto della società, che pensa di poter distogliere lo sguardo da tutto quello che accade oltre le mura di un carcere, come se non fossero ancora cittadini, persone, i detenuti che vi vivono…..Antonio Mattone è invece tra coloro che, nel corso di una decennale esperienza tra i corridoi e i padiglioni di Poggioreale, non ha mai smesso, varcando le porte dell’istituto, di interrogarsi su quello che si può fare concretamente per rendere più umane, più dignitose, o semplicemente più decenti le interminabili giornate che i detenuti vi trascorrrono. È una domanda che non ho smesso di farmi anche io …… il libro di Mattone costituisce un contributo importante, «Da qualche parte bisogna pur cominciare», scrive Antonio Mattone, per togliere l’alibi a chiunque, di fronte all’ampiezza dei problemi della società, ha sempre un motivo per non prendere partito. Poi aggiunge: «Forse allora si potrebbe ripartire proprio dalle carceri». Questo libro, ricco di passione civile e di umana solidarietà, lo fa. Riparte dalle carceri, riparte da un impegno di cui offre una testimonianza intensa e autentica. Possiamo e dobbiamo voltarne le pagini, certo non possiamo voltarci da un’altra parte.”