Metropolita ortodoxo, Patriarcado de Moscú
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Rispettabili partecipanti all'odierna tavola rotonda!
Sono grato per la possibilità che mi è data di intervenire a questo forum, che già da molti anni si svolge ad altissimo livello e che ha acquisito un'autorità ampiamente riconosciuta in tutto il mondo. In primo luogo vorrei trasmettervi i saluti del Santissimo patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill e il suo augurio di protezione divina.
Mi trovo per la prima volta in questa terra albanese, segnata dalle opere missionarie del santo apostolo Paolo e dei suoi discepoli più prossimi, ed è per me una grande gioia che il loro impegno missionario sia proseguito in quello dei santi Clemente e Naum, discepoli dei grandi Cirillo e Metodio. Il nome di questi due santi fratelli è molto importante anche per la Chiesa russa. Non è l’unico fatto che avvicina la storia del cristianesimo albanese con quella dell’Ortodossia russa. C’è anche un’altra pagina della storia che accomuna tragicamente le nostre due Chiese. È l’epoca delle sofferenze per la fede, della profanazione delle reliquie, della negazione di qualsiasi forma di vita religiosa durante l’imperante ideologia comunista che voleva escludere Dio. E se nella mia patria alla Chiesa ortodossa fu almeno permesso qualcosa di simile a una esistenza legale, in questo paese - è una costatazione storica indiscutibile - dalla fine degli anni Sessanta alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso si considerò che la religione fosse finita e che non avesse più posto nella costruzione del radioso futuro nazionale.
Il fatto che oggi abbiamo la possibilità di riunirci in questa terra per testimoniare i valori della fede e l’importanza della possibilità di agire liberamente secondo le proprie convinzioni religiose è una evidente testimonianza delle parole evangeliche: “Le porte degli inferi non prevarranno” (Mt 16, 18). Lo stesso miracolo della rinascita della predicazione evangelica e, più in generale, della vita religiosa, si è compiuto e continua a compiersi anche nella Chiesa russa. Ciò ci ispira alla fede nella Provvidenza divina e ci assicura che il Signore non abbandona la Sua Chiesa.
Per questo in modo assai doloroso ci colpisce sapere che oggi, nel mondo, esistono ancora dei luoghi dove proseguono le persecuzioni, dove viene versato il sangue dei cristiani, dove si distruggono barbaramente le chiese, dove viene liquidato tutto ciò che non rientra nella stretta cornice di una ideologia pseudoreligiosa aggressiva. Sappiamo che i seguaci di Cristo saranno perseguitati, è scritto anche nel Vangelo (Gv 15, 20), ma non possiamo passare oltre, indifferentemente, alla sofferenza dei cristiani, degli anziani, delle donne e dei bambini in Medio Oriente e in Africa settentrionale. Nel cosiddetto Stato Islamico sta avvenendo un vero e proprio genocidio di carattere religioso. Un cristiano su quattro è oggi vittima di discriminazione nel mondo. La società civilizzata, formatasi nelle tradizioni della cultura e della visione cristiane, soffre per tutto ciò? Mi sembra che in Europa e in America non si dà molta attenzione a questo tema. Il capo della Chiesa ortodossa russa, il Patriarca Kirill, ha espresso a più riprese la sua preoccupazione per questo problema. E so che anche nella Comunità di Sant’Egidio i suoi membri si preoccupano e pregano per la salvezza dei cristiani nei punti più caldi del pianeta. Tutto il mondo cristiano prega per questo fine. Ma credo che in questo incontro dobbiamo assolutamente rivolgerci al Signore della pace con una preghiera per la fine dello spargimento di sangue, e altresì ribadire alla comunità internazionale la gravità della situazione, cercando di cambiare gli eventi, utilizzando per tale scopo tutte le possibilità, comprese le vie politiche.
L’attuale persecuzione dei cristiani è evidente, palese, chiara. Ma oggi assistiamo anche a un altro tentativo, non violento ma molto determinato, di relegare i valori religiosi, soprattutto i valori morali cristiani, nella periferia della civiltà umana. Questo spirito del secolarismo, che non accetta il diritto dei credenti a vivere secondo i canoni della fede, si fa sentire sempre di più già in altri luoghi del pianeta: sia negli Stati del Vecchio sia in quelli del Nuovo mondo. Lì non è opportuno parlare pubblicamente della religione: essa è un affare privato di ciascuno; non bisogna affatto dichiarare la propria appartenenza religiosa; non è ammissibile che le convinzioni religiose influiscano sui comportamenti sociali; le tradizioni culturali cristiane sono state dichiate passate. A ben vedere tutto ciò porta a una vera e propria repressione di chi non può professare il proprio credo religioso, di chi considera la fede in Dio come un cardine. La persecuzione di una persona per il fatto di portare una croce al collo non è solo un terribile ricordo dei tempi della mia infanzia ma è diventata una realtà nella vita dell’Europa contemporanea. Credo che noi tutti qui riuniti dobbiamo prendere una posizione ferma rispetto alle tendenze che si stanno diffondendo, senza temere di difendere i nostri diritti vitali, così come ci suggerisce la coscienza e la legge di Dio. Su questo punto noi siamo tradizionalmente uniti.
Vorrei aggiungere dell’altro. Conseguenza della dimenticanza dei principi morali della vita della società, radicati nei comandamenti divini, è il totale travisamento del concetto di rapporto tra i sessi, tra i genitori e i figli, del concetto di vita come dono di Dio. Queste forme di travisamento vengono dichiarate possibili, vengono imposte, e di conseguenza il peccato diventa una norma in forza di una comprensione errata della libertà umana. Ed è motivo di particolare amarezza la circostanza che, per accontentare queste convinzioni, per non privarsi di determinati beni terreni, anche alcune società cristiane ritengono possibili i matrimoni tra persone dello stesso sesso, l’ordinazione sacerdotale delle donne, compresa quella degli omosessuali. Con rammarico devo ricordare che, attualmente, la Chiesa ortodossa russa è stata costretta a troncare i rapporti con la Chiesa episcopale degli USA e con la Chiesa svedese, mentre si sono complicate le relazioni con la Chiesa evangelico-luterana di Finlandia. Ritengo che anche in questa sede possiamo ritrovare quella tradizione apostolica che irrevocabilmente conservano la Chiesa cattolica e le antiche Chiese precalcedonesi.
Questo problema, e molti altri, purtroppo esistono, e non fanno onore ai discepoli di Cristo, i quali secondo le parole del Maestro Divino sono chiamati all’unità. Ma grazie a Dio esiste anche ciò che ci aiuta ad essere insieme. È l’aiuto reciproco nel servizio al prossimo. Con ammirazione sento di dover rivolgere ancora parole di gratitudine alla Comunità di Sant’Egidio, che ha organizzato questo forum. I suoi membri dimostrano con le loro opere che cos’è il vero amore cristiano. Sento molto vicine le parole del fondatore della Comunità, il prof. Andrea Riccardi, quando sostiene che il mondo può essere guarito solo da una fede profonda, dalla carità cristiana e dalle opere di pace. Continuiamo insieme ad andare in questa direzione.
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