Serbi
e albanesi in Kosovo:
Sant'Egidio per la pace
La Comunità
di Sant'Egidio è presente in Albania dal 1990,
prima organizzazione occidentale non governativa a
entrare stabilmente nel paese al tramonto dell'èra
nazionalmarxista di Enver Hoxha. Da questo legame
nasce il rapporto tra Sant'Egidio e il Kosovo. Dopo
aver conosciuto la difficile situazione di quella
regione, la Comunità di Sant'Egidio invitò
in Italia il leader kosovaro Ibrahim Rugova. Era il
1993. Da allora si intensificarono i contatti per
aiutare il miglioramento della situazione in Kosovo,
bloccata in un pericoloso stallo che faceva crescere
sempre più le tensioni. Da una parte i serbi
non volevano concedere l'autonomia che Milosevic aveva
loro tolto e dall'altra gli albanesi miravano all'indipendenza
(proclamata con referendum nel 1991) secondo il modello
di Slovenia, Croazia, Bosnia e Macedonia.
I contatti di Sant'Egidio con serbi e albanesi, in
particolare con Rugova e Milosevic, sono proseguiti pazientemente
per anni, finché nel 1996 è stato possibile
constatare una disponibilità al compromesso
e all'accordo, da entrambe le parti. Gli albanesi,
delusi da Dayton, che non aveva affrontato il loro problema,
pensavano di intraprendere iniziative politiche tese
ad ottenere dai serbi graduali concessioni che
preparassero
l'indipendenza, mentre i serbi comprendevano che era
comunque necessario avviare in Kosovo un processo
di normalizzazione. La Comunità di Sant'Egidio,
istituzione non governativa, permetteva la
mediazione tra le due etnie ad opera di una terza
parte, non statuale. La proposta
di Sant'Egidio a Rugova e a Milosevic consisteva
nel regolare, attraverso un processo di "confidence
building measures", i vari problemi che affliggevano
la società civile del Kosovo, rimandando
alla fine delle trattative il problema dello status
politico del Kosovo. Il primo nodo da sciogliere
era quello educativo, ossia il problema scolastico
in tutti i suoi livelli, dalle scuole primarie all'università.
Da anni i giovani albanesi, con un sistema parallelo
"illegale", studiavano nei sottoscala,
nei garage, negli appartamenti privati, in condizioni
di estremo sovraffollamento, senza che i titoli
di studio fossero convalidati da un'autorità
statale.
La firma
dell' accordo per la riapertura delle
scuole
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Un accordo venne firmato tra Milosevic e Rugova
il 1 settembre 1996. Il testo dell'accordo era
breve: richiamava la necessità della normalizzazione
del sistema scolastico nel Kosovo, rispettando per
il momento le due realtà educative, serba
ed albanese. Formalmente era un accordo insolito,
perché firmato su un piano di parità
dal presidente di uno Stato e da un semplice cittadino
come era di fatto Rugova. |
L'accordo venne comunque accolto dagli albanesi
con entusiasmo perché portava ad una insperata
prima normalizzazione. I serbi del Kosovo, invece,
opponevano resistenze. La Comunità, con un
iter lungo e laborioso, ha dovuto superare non poche
difficoltà per giungere alla sua applicazione.
Una commissione
formata da tre serbi e tre albanesi, moderata da
Sant'Egidio, lavorava a questo fine; era l'unico
tavolo di dialogo esistente fra le due parti, ed
era inevitabile che in essa si discutesse non
solo di scuole, ma di tutti i problemi del Kosovo
e della difficile coabitazione nella regione. Altri
luoghi di discussione e di compensazione dei contrasti
non sono mai decollati.
Agli inizi del 1998, dopo ripetute pressioni su
Belgrado, l'accordo � stato implementato nel senso
richiesto da Sant'Egidio, ossia con la graduale
restituzione agli albanesi, dal marzo 1998 al febbraio
1999, degli edifici per le attività educative.
E' dapprima la volta dell'Istituto di Albanologia,
una costruzione moderna di scarso fascino architettonico
che però è altamente simbolica per
gli albanesi. Seguono poi i palazzi di numerose
Facoltà dell'Università di Pristina.
All'inizio gli studenti serbi si sono ribellati alla
restituzione degli edifici occupando le tre Facoltà
Tecniche. La stessa polizia serba li ha costretti ad
uscire. Purtroppo il precipitare della situazione
complessiva del Kosovo ha bloccato completamente
l'applicazione dell'accordo. Con la guerra alle
porte, quella mediazione sulle scuole era diventata secondaria.
Fu in ogni caso un esempio piccolo, ma reale, della
possibilità di un dialogo tra albanesi e
serbi. Una volta intervenuta la guerra, l'impegno
della Comunità di Sant'Egidio si diresse
nel versante umanitario dell'aiuto alle vittime
delle violenze.
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